martedì 17 dicembre 2013

Fate i buoni...


Poche idee e pure confuse. 
Passo giornate trotterellando tra il lavoro e Morgana che deve ancora sciropparsi punture di antibiotico e l orecchio non è ancora guarito bene. Porella, gira ancora per casa con il collare a cono e ogni volta che mi vede (e sa che vedermi significa puntura e gocce nelle orecchie) si ingatta come una iena. 
Trovandomi alla soglia di uno dei miei giri di boa annuali, devo dire di essere decisamente più serena che a settembre. Sono cambiate tante cose, o forse ne è cambiata una sola, il mio modo di vedere e vivere certe cose e, a volerla dire tutta, sto vivendo decisamente meglio dei mesi addietro. Riesco ancora a gioire e stupirmi per cose inaspettate (come l orsetto bianco di peluche che mi è arrivato stamattina con un sacchettino di cioccolatini Venchi) e restare quasi indifferente davanti alla stronzaggine acuta di certi elementi. 
Trovandomi in situazioni che hanno messo alla prova non solo i miei nervi, ma anche il mio concetto di autostima, mi sono scoperta a non incappare nel solito giro tortuoso del tipo "ecco vedi... sono inadatta a questo tipo di compagnia, non sono all'altezza..." bensì sono riuscita (e c ho impiegato solo 37 anni...) a pensare "beh... se questa è la gente che piace, sono fiera e felice di non essere così popolare".
Alla fine, sull'onda di questa ritrovata energia, ho prenotato anche il famoso treno. Mi regalo tre giorni prima di Natale, così da prepararmi psicologicamente ad affrontare il pranzo con i parenti.
Che altro? 
Mah... ho davvero poche idee e pure confuse. E visto che non so se riuscirò a metterle in un ordine sensato prima di partire, e di bloggare con il cellulare non se ne parla, colgo al volo l occasione per fare gli auguri di un Sereno e Pacifico Natale a chi passa di qui. Vi auguro di circondarvi quanto più possibile delle persone che amate e che vi amano. Di stare bene e rallentare il ritmo, che di correre, diciamocelo, non se ne può più. Vi auguro di ridere e sorridere, che ridere e sorridere fa bene al cuore e al sistema immunitario. 
E se poi vi capita di vincere pure la lotteria, tanto meglio! In bocca al lupo a tutti, e sempre viva il lupo! 

lunedì 9 dicembre 2013

La sintesi non mi appartiene... (e francamente me ne frego)

Ho iniziato la serata con un incontro ravvicinato con l'asfalto. 
Di nuovo. 
Probabilmente ho cercato un movimento repentino, ed è chiaro che io e "repentino" non siamo fatti per stare insieme nella stessa frase. Le dinamiche sono ancora in corso di accertamento, ma il fatto reale e concreto è il mio ruzzolare sull'asfalto con tanto di colpo al ginocchio Gigio che oggi, in prossimità delle placche, si tinge di un blu cobalto molto glamour. 
Ma, i grandi maestri Zen da Confucio, passando per Gandhi fino alla prozia Fedora, insegnano che dopo ogni caduta ci si rialza più forte. E così è stato. Forse era un modo che l'Universo ha usato per dirmi "hai voglia di andare a pattinare sul ghiaccio? bene... vai! che se zompi per terra il titanio regge. l'osso non sappiamo, ma il titanio regge".
Dopo la rappresentazione scenica della valanga veneta sono stata al cinema. E poi al Mac. Me ne sono tornata a casa con un bagaglio di considerazioni da fare e osservazioni da intascare. 
Due domande sono state poste ai commensali: "Quali sono le cose che per te sono importanti?" e "Cosa cerchi in uomo?". Oh belle. Ho cercato per quanto possibile di rispondere alla prima delle due. Ma ho avuto mozione di sfiducia in quanto "non ho il dono della sintesi". 
Dono complicato se sei costretto a riprendere il filo 4 volte a causa di sei interruzioni... Alla seconda ho risposto con un aggettivo: NORMALE. e qui ho avuto mozione di sfiducia per eccesso di sintesi. (ed eccesso di banalità evidentemente...)
Ora, visto che qui sono a casa mia, e che se v annoiate, avete la possibilità di cliccare su quella crocetta rossa in alto, ho deciso che rispondere a modo mio. 
Le cose per me importanti sono riassumibili in una sola. Chiamateli Affetti, chiamatelo Amore, chiamatelo come volete. Amo la mia famiglia di origine più di qualsiasi altra cosa al mondo. Nutro il desiderio di averne una mia, lo nutro, lo coltivo, lo accarezzo e lo porto con me nel taschino più interno della borsa. Dell'Amore voglio tutto: la passione, il brivido, l incazzatura, il fare la pace, l incontro e lo scontro. Voglio la comunicazione, la condivisione, i regali a San Valentino, i cupidi e i post-it attaccati alla caffettiera. Voglio la volontà di non arrendersi, la capacità di provare a comprendersi, voglio il tanto disprezzato compromesso, perché significa venirsi incontro a metà strada. Voglio la solidarietà, l intimità, il difendersi e il rispettarsi reciprocamente, voglio l unione che fa la forza. Voglio anche i momenti difficili, quelli che ti mettono alla prova, perché la vita non è rose e fiori e cuoricini con il fru fru. Voglio l indipendenza sana, quella che non ti fa dire "io c ho da fare i cazzi miei, fottiti..." ma quella che deriva dalla consapevolezza che una coppia è l unione di due individui, e che come tali avranno punti di unione e punti di divisione, e il diritto di avere un proprio spazio esclusivo, senza necessariamente parlare di persone appiccicose come "cozze". Voglio un rapporto fatto di sostanza, di quelli che non trovano fondamentali le cose, gli accessori, la forma... Ogni uomo che incontriamo pare debba superare l'esame a pieni voti ad ogni uscita o è alla gogna. Non tanto importante il cosa si fa, ma il come lo si fa... la banalità è ben altra cosa.
Cosa cerco un uomo?
un pensiero quanto meno simile... con la diversità che ne deriva dal essere diverso il suo modo di vedere certe cose. una persona che abbia voglia di mettersi in gioco e ipotizzare, valutare l idea di abbozzare dei progetti... insomma... una persona... normale.
che dite? provo su ebay?

Ad ogni modo... se siete sopravvissuti fino a qui, vi regalo una chicca: questa è stata la colonna sonora del mio rientro a casa. Alzate la musica, fate vibrare le casse.

On Air: Layla - Eric Clapton





venerdì 6 dicembre 2013

mumble mumble...

Parlavo al telefono con un amico, un paio di sere fa. 
Dopo un excursus sulla condizione astrale del mio segno, diviso tra un Saturno che rema sempre contro, e un Giove che cerca suo malgrado di metterci na pezza, siamo finiti a discorrere sulla diversità di pensiero tra uomo e donna. 
Argomento sul quale sono stati scritti fior di trattati, enciclopedie infinite con dovizia di sinonimi e contrari, regole e corollari. 
E ancora non s è capito poco più di una mazza. 
I siori maschietti che ci dicono che siamo complicate, noi femminucce che rinfacciamo "ma tu non mi hai mai capita". Il più delle volte sembra di essere alla torre di Babele dei sentimenti. 
Eppure. 
Eppure basterebbe mettersi sì, con la voglia di comprendere e di lasciar respirare. E qui mi riferisco a noi fanciulle, che sì, siamo il sale della vita e il raggio di sole che illumina anche il cuore più tenebroso. Ma perdincibbacco, abbiamo una capacità di smerigliare i maroni (ops!) quando ci si mette di buzzo buono. 
Scena tipo: lui davanti alla tv il mercoledì di champions. lei che tricotta seduta accanto a lui. Ad un certo punto alza in naso dallo sferuzzare, lo guarda e gli chiede "a cosa pensi?" e lui (cadendo dal Del Piero e ricordandosi improvvisamente chi è dove è e con chi sta...) farfuglia un "niente". 
E possiamo stare sicuri che lei risponderà una cosa tipo "no... è impossibile... non puoi non pensare a nulla... ci sono problemi? cosa ti turba? starai mica ancora pensando a lei... la tipetta che in terza elementare ti metteva i pennarelli senza tappo dentro la cartella per attirare la tua attenzione!". Ecco. Noi generalmente siamo così (non tutte, per carità... io ad esempio non so tricottare...) ma in linea di massima lo zen e l arte della pura sega mentale è una cosa che ci appartiene. Ma la grande rivelazione è: lui, in quel momento non sta davvero pensando a niente... al limite nella pausa tra un tempo e l altro può focalizzarsi sul fondo schiena della moglie di Buffon, ma generalmente se guarda la partita, un uomo guarda la partita. 
Siamo noi donne che, mentre stiamo salando la pasta, riusciamo a pensare di dover mettere su la lavatrice, fare la spesa, portare fuori il cane, andare dalla Piera che ha litigato con quello stronzo del Gianni che le ha messo le corna con la zoccola della commessa della videoteca, che lo si doveva immaginare, lo si capiva subito da come l ha guardato la prima volta mentre noleggiava la trilogia di Matrix che c avrebbe messo sopra le mani, sta stronza. E la povera Piera che è tornata da sua madre? che tra l altro soffre pure di sciatica, la madre eh... non la Piera... 
Non paghe c abbiamo sta cosa della sindrome da Candy Candy. Diciamocelo, favole - cartoni animati & Co. c hanno rovinato la vita. Però, preso atto della cosa, dovremmo riuscire a capirlo e andare oltre. Focalizzandoci su un paio di punti molto semplici:
1) se lui ci piace perché è un filo stronzo, di quelli che ci fa stare così... sulle spine... oggi c è domani non si sa.. e noi lì a struggerci con le mani sudaticce intorno al telefono aspettando che chiami... che poi quando chiama ci sentiamo le unte dal Signore, poi quando non chiama siamo sull orlo della crisi di nervi... l è inutile pensare che se la cosa diventa seria cambierà... Non  lo farà se non gli andrà di farlo, se questo è il suo carattere e ci siamo lessate per questo... questo ci si deve tenere. Se non ti va bene fai prima a cambiare uomo. 
2) il pensiero di un uomo è stupendamente lineare. se dice no è no. non è un no ma potrebbe essere che sì, se solo... quella è una nostra prerogativa (presente quando arriviamo davanti alla porta con quattro borse della spesa in mano e la posta tra i denti? lui ci guarda e ci dice "vuoi una mano?" se rispondiamo "no" lui capirà "no"  e tornerà a farsi gli affari suoi... non gli verrà da pensare che quel no significhi "ma secondo te? balengo della val di fassa, pensi sia il sogno della mia vita essere qui carica come un mulo mentre sei lì a giocare con quel x@@*# della playstation? la cavalleria è morta e a me resta il mulo...") 

Insomma... mi chiedevo... 
ma tutte ste storie che ci raccontiamo da secoli "l uomo è cacciatore... all uomo piace la donna misteriosa... bisogna farsi desiderare... vince chi fugge... se ha chiamato tu (eh monella... non si fa!!!) allora adesso deve chiamare lui" sono ancora vere?
e se invece il segreto invece  fosse "vince chi parla chiaro?" 

mercoledì 4 dicembre 2013

eh già...

oppure te ne accorgi e ti lascia così sorpresa e incredula che, nel tempo impiegato a dirti che forse sì, poteva essere, a cercare di focalizzare cosa ti risultasse così familiare da farti, per un attimo, abbassare le difese, arriva qualcun'altro e la prende a braccetto. 
portandotela via... 


lunedì 25 novembre 2013

C è un cartello alla porta dice forse domani...

Sono momenti così, che ti prendono a tradimento mentre cammini per il centro, in una sera di quasi inverno. Le mani affondate nelle tasche, stretta in quel freddo pungente che non arriva solo da fuori. 
Hai già camminato di qui, recentemente. nemmeno una settimana fa, altro contesto altra compagnia. con una delle poche persone che sa guardare il tuo scorcio preferito ed apprezzarlo esattamente così com è. e ti eri scontrata non solo con una parte del tuo passato che davi per sepolta, ma anche un dejà vu, capitato così, come capitano solo i dejà vu, a lasciarti incredula e perplessa, prima di far finta di niente e ricominciare a camminare. 
Fa freddo ed è umido. Ti ritrovi immischiata nella malinconia di luci calde e qualche decorazione di Natale che già fa capolino. E lo senti che non hai voglia. Non hai voglia di ritrovarti faccia a faccia con la solita solitudine, con le solite aspettative e la voglia di vivere due settimane di vacanza al meglio, e la quasi certezza di svegliarsi il giorno di Santo Stefano con la voglia di dormire in un unica tirata fino al 6 gennaio.
Hai la voglia fottuta di prendere un treno e di andare. Ancora come sempre. Come se prendere e partire fosse la sola ragione per alzare gli occhi sul calendario ed accennare un sorriso. Tu e i treni. Che ti eri quasi scordata di quanto ti pizzicasse il cuore lo sportello del treno quando si chiude lasciandoti ferma al binario ad osservare mentre si allontana senza la certezza di un quando ancora
Voglia di andare via. Staccarsi dal solito pranzo, dai soliti discorsi. Dalla sensazione del tempo che passa e che sembra essersi cristallizzato sulla solita vita, che ormai ti pesa e ti rendi conto di viverla con insofferenza e poca tolleranza. 
Allora ti stringi ancora di più nelle spalle. Riportandoti addosso un po' di calore che arriva da ricordi evidentemente troppo lontani, stropicciati per tutte le volte che te li sei fatti bastare. 
E canticchi tra te e te una canzone, mentre cerchi le chiavi dell'auto in fondo alla borsa, e chi lo sa, se qualcuno nell'universo è capace di ascoltare... 

giovedì 21 novembre 2013

Marsiglia Blues - Andrea Monticone

È come stare in bilico su una scala a guardare giù.
Aggrappati alla balaustra forse troppo bassa per concederci il lusso di una presa sicura.
Il fascino pericoloso dell’equilibrio precario tra la salvezza e la dannazione, il vuoto o il buio.
Eppure non si può farne a meno.
Di restare così: aggrappati alla vertigine del vuoto che scende, di subirne l’attrazione mentre il buio lì in fondo, sembra risalire e venirci in contro. 

Leggendo Marsiglia Blues la balaustra forse troppo bassa è la copertina.

Iniziare a leggere significa ritrovarsi avvolti e vinti dall'instabilità di una discesa vorticosa verso il basso. Si scendono i gradini accompagnati da Joe, che ci racconta la sua storia. La sua e quella di Bruno Lucien Serrat, cantante e leader di un gruppo rock francese; dell’ Amore Assoluto che unisce Bruno e Marguerite, amore come ossessione, come tormento, dannatamente profondo e fragile nello stesso tempo.
Scendere a tempo di blues.
La musica ci accompagna con un ritmo scandito da evoluzioni e involuzioni: la carriera che decolla e la vita che precipita sotto il peso degli eccessi dell'alcool, della droga e del sesso fin troppo facile.
Eppure. 
Eppure, per quanto il nostro retaggio culturale, educativo o religioso che sia, ci vorrebbe spingere alla condanna dei personaggi senza possibilità di assoluzione alcuna, ciò che più ci spaventa è la capacità istintiva di comprenderli. Quasi giustificarli.
Scendiamo con loro quei gradini nell'impossibilità di abbandonarli alla loro sorte, al loro fuggire, scappare dalle colpe e dal senso di colpa. Impazienti di conoscere non solo la loro storia, ma anche quelle che si intrecciano, arrivano da distante, e sono parte di un unico destino, un unico filo conduttore.
Un unico spartito.

Ci piaccia o no, i personaggi ci annodano a loro. Percepiamo sulla nostra di pelle la luminosità di Marsiglia, il profumo del glicine e della lavanda. Le tinte grigie di una Milano tutt'altro che da bere e il mare burrascoso della Bretagna, con il freddo che ci fa serrare le dita intorno alla balaustra/copertina, e la percezione di un dramma che sta, fatalmente, andando in scena.
Camminiamo per Parigi profumata di pioggia e di spezie, testimone aristocratica e distaccata di dolore, ostinazione e perseveranza mentre Joe cerca di salvare l'amico o forse più inconsapevolmente se stesso.
Siamo in auto con Bruno che, come dice suo figlio " se ne va sempre". Fugge dal suo delitto, dalle responsabilità e dalla sua stessa coscienza che, chiaramente, urla fin troppo per riuscire a sentirla. 

Inevitabile arriva l'ultima pagina ed è un riportare il baricentro più indietro. I piedi tornano saldamenti ancorati a terra, e la vertigine sparisce dopo il primo respiro profondo.
Di nuovo al sicuro, di nuovo distaccati da un mondo che non ci appartiene e che respingiamo con forza.
In qualche modo forse sollevati, come lo si può essere dopo aver allontanato qualcosa che ha la capacità di accendere la luce contro nostre zone d’ombra. 
Ma dopo questo  libro, ascoltare il blues non sarà più la stessa cosa. 




martedì 5 novembre 2013

Pane e Castagne

Era il tempo dei diari segreti, degli aforismi di Jim Morrison scritte con gli evidenziatori e sottolineati con le penne profumate. 
Era il tempo degli Amici di Penna, conosciuti con il classico annuncio su un giornale di fumetti. Era il tempo in cui ti prendevi una cotta per una poesia scritta da un poeta "maledetto" con i capelli ricci troppo lunghi e il carattere troppo introverso. Era il tempo in cui le foto si rovinavano a tenerle tra le mani, che ci scrivevi dietro "ovunque sarai, sarò" che aspettavi il postino come si aspetta il giorno di Natale, che tenevi la lettera con la busta azzurra per ultima, che quella la dovevi leggere piano, per farla durare di più. 

Era il tempo del primo esame all'università: storia dell'arte medioevale. 
La scrivania era il tavolino da campeggio di mio padre, sistemato nella camera piccola. Non sono mai riuscita a studiare nel silenzio. Mai. Il silenzio mi stanca, mi opprime, mi fa sentire troppo forte il rumore dei pensieri. Non posso studiare se ho pensieri che scalciano nella testa. 
Era il tempo di De Gregori nell'aria e Pavese sul comodino. Della canzone "Pane e Castagne" che girava in loop nel lettore cd. 
Delle mattine a lavorare in albergo, a spingere il carrello della biancheria pulita canticchiando nonostante le giornate di nebbia. Le pagine di "Tra Donne Sole" sfogliate in autobus, le pause con lo sguardo che scorreva fuori dal finestrino, a cercare la Mole come se solo a desiderarla potesse spuntare da dietro i palazzi di Corso Garibaldi. 
Era  il tempo in cui ti sembrava di avere tantissimo tempo, eppure non ti bastava mai. Era il tempo in cui fumavo e bevevo caffè americano per non addormentarmi sulla pittura di Giotto. Era il tempo di Venezia e la Basilica Marciana, di racconti scritti come parole non dette. Di lettere che portava ancora il postino, e profumavano di tabacco da pipa. Era il tempo in cui scoppiai in singhiozzi davanti alla Cupola del Guarini in fiamme e restai fredda davanti alla morte della madre di una conoscente. Era il tempo in cui non avevo ancora imparato a difendermi, in cui partivo e arrivavo a Porta Susa e non c avevo pensato granché. 

Era il tempo della crisi. 
Quella che ti cade addosso, e non è vero che non  hai nemmeno il tempo di rendertene conto, la sai la conosci, ne riconosci l odore da distante, ma è meglio non darle retta, non ancora. Fai finta di niente perché la normalità è rassicurante, e alla fine hai fatto una scelta e la devi portare avanti. Con orgoglio e convinzione. Anche quando tutto si sgretola, si spacca, si fonde. Resti lì. Mai abbandonare la nave. Non così facilmente. E chi percorre binari paralleli dall'altra parte della pianura e nella stessa situazione. Stessa ansia. Stesso dolore. Stesso sangue.
Era il tempo delle lettere nascoste nelle camicie stirate. Nell'aggrapparsi alla disperazione altrui per sentire meno la propria. Nel cercare conforto in quel tempo che era stato e si era condiviso e perso. Quel tempo in cui tutto ancora pareva possibile, contro tutto quello che ora sembrava lontano. Era il tempo della prima soap girata a Torino, a spiare le comparse come dovessi ritrovare lì, pezzi di te. Era il tempo della separazione. Del vuoto, dello xanax preso tre volte e poi buttato che fa schifo. Di ritrovarsi ancora. Stessa Torino, stesso profumo di tabacco, un tempo che non era lo stesso. 
 Del ricominciare ma no, non ora non adesso. Del non è tempo e forse non lo è mai stato. Era il tempo di un assenza che tornava. E poi di nuovo il silenzio. Quello che ti fa prendere decisioni forse sbagliate. 
Quello del forse è così che doveva andare, così sta scritto. 

Era il tempo del basta così. Che ne avevo abbastanza.
Quando il tempo si spacca a metà su due fronti, chi raccoglie i cocci, chi fa brillare la fede d'oro. Era il tempo del basta all'arroganza, alla saccenteria, al non avere più niente da dirsi, del no, io non smetto di scrivere solo perché me lo dici tu.
Era il tempo in cui avevo imparato a difendermi, e non partivo più in cerca di qualcuno. Partivo solo per me. 
E continuavo a scrivere, respirare Pavese, cantare De Gregori. Ritrovarmi al Valentino camminando sulle sponde di una città solo mia, ogni volta che cercavo equilibrio, anche se da sola. Torino che ancora mi abbraccia e non mi lascia e fa così parte del mio DNA da trovare la via per tenermi intrecciata a sé come i fili del tram, in Piazza Vittorio. 

Oggi è tempo di. 
Di un messaggio "sarò lì tra qualche giorno, ci sarai?". 
Parole che rimettono tra le mie mani frammenti di 22 anni di storia. 


On Air: Pane e Castagne - Francesco De Gregori.

mercoledì 30 ottobre 2013

Storia di un divano

Quando affittai la Tana del Tasso, fu subito chiaro che il concetto di "divano" all'interno di quella metratura, era già di per sé ingombrante. Il concetto dico. Perché il divano pareva proprio utopia.
Invece, mamma Ikea che pensa sempre a grandi e piccini, fece un divanetto due posti degno della casa delle bambole. E fu così che, anche anche in quei 12 mq di soggiorno/salotto/angolo cottura, arrivò lui. E fu subito chiamato Fido.
L'ho portato con me anche a Villa Merlina, ma si è capito subito che il rapporto non poteva continuare. Ci si doveva separare, non certo senza un filo di malinconia. Soprattutto mi sono sempre opposta all'idea di portarlo in discarica. Perché nonostante i suoi sei anni di onorato servizio, l ho sempre trattato bene, e pure la Melly non è che l abbia preso di mira mai con grande cattiveria. Insomma, non era da buttare. A qualcuno poteva sempre tornare utile. E poi...
E poi Fido è un custode di attimi. Di tutte le volte che, tornando a casa mi ci sono lasciata cadere avvolgendomi nella coperta. Delle sere a smaltire la febbre, o delle colazioni della domenica mattina. Quelle fatte con calma, guardando il merlo che veniva a salutarmi tra le tende di bambù. I dopo cena del Pianerotolo's Party, con la Melly che reclamava il suo posto e Sara che si faceva più piccola perché terrorizzata dallo sguardo giada della padrona di casa. Le pagine de "il Postino di Neruda" lette a voce altra mentre si preparava una cena.
I tre mesi in cui non potevo camminare e che siamo diventati una cosa sola. Con i momenti di rabbia, e le vittorie. Il sedermi lì comoda, la mattina, per leggere quella mail che sapevo era stata scritta la sera prima da un posto che avevo visto solo in foto, km da qui. Eppure così vicino. Ero seduta su Fido anche quando ho visto la prima foto e ho pensato "ecco... sono fregata!". Ed eravamo seduti lì quando come "fregati" eravamo in due. 
Fido era il centro della casa. Oddio... Non che ci fosse grande alternativa come "centro" nella Tana del Tasso, ma intorno a lui si sono vissuti Attimi di Vita, le contraddizioni, le discussioni, le risate e i momenti di sconforto, quasi tutte le puntate di Gray's Anatomy!!! . 
E ora, Fido è stato (come nelle migliori tradizioni) regalato ad un'amica che cercava una soluzione e la soluzione gli è arrivata così all improvviso dopo un mio post su facebook. E andrà a raccogliere altri attimi, di una famiglia, di manine sporche di nutella e pennarelli lasciati senza tappo. Di stoffe colorate e di cuscini che arrivano dal Perù. Raccoglierà idee per nuovi gioielli e pensieri d'amore multilingue. 
E allora anche quel filo di nostalgia diventa più sottile, pensando che Fido avrà ancora tante storie da raccontare.

lunedì 28 ottobre 2013

Le cose belle...

Le cose belle sono:
I ciclamini alla finestra che regalano colore a tutta la cucina.
Il profumo della sfoglia alla nutella nel forno.
Il messaggio di mio fratello che mi scrive “prepara il caffè che arrivo”
I marshmallow mangiati con A. mentre si ciaccola e ride sul divano.
I cartoni delle pizze da buttare, indice di amiche a cena.
I jeans che si chiudono senza fatica (nonostante le pizze con le amiche)
Svegliarsi chiedendosi che cosa ci sia piovuto sulla faccia, e scoprire che è la coda della Melli (in attacco di coccolite fusante acuta)
Il bagno caldo e lungo del sabato mattina.
Il vociare della gente al mercato.
Pensare al menù per venerdì che arriva la Patty.
Il lampadario finalmente montato nello studio.
La prima selezione di tutte le foto che vorrei stampare.
S. che ti sveglia alle nove della mattina, che tanto dovrebbero essere le dieci, e tu non lo mandi a stendere perché hai troppo sonno, e sentirlo ti fa pure piacere.
Il divano che non volevi buttare ma che a casa non ci sta e invece a casa dell amica ci sta perfetto e allora è cosa bella regalarglielo.
Il messaggio di tua nipote che ti ringrazia per quel tuo ciondolo lì che le piace una vita.
Il mal di testa due secondi dopo che è passato
Avere voglia di mettersi in gioco e senza prendere tutto troppo sul serio.
Un messaggio di un’amica che ti dice “grazie che ci sei”
Gli scherzi di qualcuno che ti conosce troppo bene
Le espressioni di quella persona che ti fa gli scherzi, che tu non le vedi, ma che  sai, perché anche tu lo conosci troppo bene
Il guizzo di energia che arriva da un idea nuova
Aggiornamento post Thunder: I cannelloni ricotta e spinaci che cucina mamma

La sensazione di pace che si prova alle volte, entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle… 

venerdì 25 ottobre 2013

giovedì 24 ottobre 2013

Confessioni...

All’inizio non ci fai caso.
Sì, magari ti capita di pensarci e di soffermarti ad osservare qualcosa, ma poi tiri dritto, ti guardi allo specchio e dici “ma nooo dai… è impossibile”.
Poi però c è un primo approccio. Piccolo, qualcosa che sembra insignificante. Ti dici che sì in fondo forse ne hai bisogno. Con quello che hai passato forse è del tutto naturale, avere voglia di qualcosa di più... vivo di più... acceso meno...scontato...
Poi però, e qui si insinua il lato subdolo della cosa, benché tu ti dica sempre di essere convinta della tua prima scelta. Di essere fedele a te stessa, alla tua idea primaria… ecco che però ti volti e guardi un po’ così… di lato. Le tue dita diventano nervose. Al punto che alle volte ti capita di girare i tacchi, di andartene così senza una spiegazione valida  se non il “scusa ma non ero convinta”. Però insiste eh. Quando inizia a prendere piede e spazio ti si insinua nella testa e non ci puoi fare niente. Allora provi a mascherarlo in scuse tipo “massì… forse avrò voglia di cambiare un po’… ma questo non significa niente. Alla fine lo sai che amo solo lui… che è una garanzia. Con lui non sbaglio mai. Sì certo non per tutto ma, che diamine, non esiste idillio senza un neo, seppur piccolo… ma è già tardi. È fatta. Non puoi abbassare la guardia. Perché non te ne rendi nemmeno conto e booom! Lui, (l'altro) è lì. Sul tuo divano, sul tuo letto, appoggiato svogliatamente sullo stendino della biancheria… manca solo in cucina. 
Ma sei sicura che prima o poi finirà pure lì. E non ci puoi fare niente!!! È quello il dramma. Non puoi farci niente. Anzi. Pensi di potertene liberare propinandolo a tua cognata, che lo accetta con tanta gioia sia ben chiaro. Ma non c è niente da fare. Lo vuoi anche tu. Aspetti, temporeggi due settimane e poi tac. Eccolo lì… in macchina accanto a te… e tu sei così felice di portarlo a casa, che segretamente l hai sempre voluto e tanto mica vi troverete ad averlo addosso nello stesso momento. Guai.. con mia cognata poi... 
Non so dirvi quando sia cominciato.
Non so dirvi nemmeno come andrà a finire, perché io pensavo fosse uno stordimento momentaneo e invece… invece perdura cavoli… sembra non bastarmi mai. Certo. Cerco di darmi una regolata… ma il colore viola, in tutte le sue sfumature sta appropriandosi della mia vita!
E che diamine, io… proprio a me! io che sono (ero?) nero dipendente. Lui, il mio nero. Presente nel 90% del mio abbigliamento. Comodo e rassicurante nonostante le ore passate a togliere il pelo del micio… lui che non mi ha mai tradita… e ora??? Ora sono qui che gongolo per la mia felpa color melanzana, che sta così bene con gli occhiali fuxia… e delle ciabattine blu e lilla? Ne vogliamo parlare?

Delirio… 

venerdì 18 ottobre 2013

pensieri come foglie...

Oggi in radio facevano un sondaggio: "qual è il posto dove dovete assolutamente tornare, perché vi sentite a casa?". 
Ci pensavo anche mentre Cat Stevens cantava "Wild Word" e mi è scesa addosso un po' di malinconia. 
Ci sono due posti dove mi sento a casa, e manco da entrambi da troppo tempo. Il primo è la mia Torino. Quella della Piazzetta Maria Teresa, delle vie percorse in moto, di Piazza Vittorio e del perdermi prendendo il tram n. 10 dalla parte sbagliata. La mia Torino, quella del mocaccino e del "ma davanti a te hai il fiume o la collina?", delle palle di cannone che nessuno vede,  del Borgo Medioevale con la bottega del maestro Corradin da Padova, perché quando l Universo parla, non te le manda a dire. Quella della coda chilometrica per salire sull'ascensore della Mole, ma ne vale sempre la pena. La Torino che se la guardi da Superga, che sia di giorno o di notte nulla cambia. Ti toglie il fiato. 
La seconda è Parigi. 
Quella che quando l'ho incontrata la prima volta non l ho mica capita. Fredda, coperta di neve, con la
superficialità tipica della gita scolastica. Con la sua torre vista sempre da distante che "non c è tempo". Quella di tre anni fa, il giorno di maggio che ho detto "ma se potessi esprimere un desiderio e decidere di andare... dove... dove andrei?" e  ho pensato Parigi, e ho pensato "perché  no?" e ho visto, che alle volte i desideri si avverano. La Parigi di agosto, a camminare lungo la Senna con quella frase del film Sabrina "ho ritrovato me stessa a Parigi", che tornava alla testa come un mantra. La Parigi da fotografare in ogni angolo, la Parigi delle foto perse nell'hard disk bruciato. Parigi che la giornata finiva sempre troppo presto, Parigi che il capolinea della metropolitana n. 1 è grande come un centro commerciale. Parigi in quel giorno vissuto completamente da sola e che da solo valeva tutta la vacanza. Parigi che già non fai in tempo a scendere dall'aereo e già ti manca. Parigi che vorresti tornarci e condividerla, perché troppa bellezza non può stare in due occhi soltanto. 
Manco da entrambe da troppo tempo. L'astinenza si fa sentire, che guardi le foto con quel silenzio dentro che si arrotola intorno allo stomaco. E le veneziane davanti alla vetrina dell'ufficio sembrano quasi una gabbia. 
Ho voglia di tornare in movimento. 
Ho voglia di rimettere in circolo emozioni. 


mercoledì 9 ottobre 2013

Pensieri leggeri...

Tizia: "come stai?"
SyS: "oggi bene... sorrido... ho pensieri leggeri". 
Tizia: "Ma a che ti servono?"

ok, le chat sono un po' come gli sms... si capisce male, si fraintende. nel dubbio ho chiesto cosa intendesse, a cosa si riferisse. 
Risposta: "i pensieri leggeri... a cosa ti servono?". 
forse dovrei contestualizzare. 
Era un po' di tempo che non riuscivo a parlare con BellocomeilSole. Che c avrà pure il suo carico di pregi e difetti, ma è un amico con cui ho condiviso giorni, discussioni e un numero notevole di risate. Lo risento per motivi di lavoro e ci facciamo quattro risate delle nostre. Niente di che. Ma io sono grande sostenitrice del potere della risata. Del ridere di cuore con una persona. A pensarci bene, in effetti, quando ti fai una di quelle risate di pancia e di cuore, che chiudi gli occhi e quasi perdi l equilibrio, sei totalmente vulnerabile. Mi piace come immagine, perché se ridi in quel modo abbassi le difese e in qualche modo ti affidi a quella persona che ti fa stare così bene da chiudere gli occhi, anche se per qualche secondo. Ridere cambia la chimica. Ridere di cuore mi può cambiare la chimica di una giornata intera. Aver riso qualche giorno fa con BellocomeilSole, mi aveva cambiato la chimica. Reso i miei pensieri... leggeri... 

Tizia: "ma sono pensieri erotici?" 
SyS: "ma noooooo!"
Tizia: "allora non capisco..."

Nemmeno io. 
A che servono i pensieri leggeri?
Che utilità hanno?
Se penso a utilità mi viene in mente le scatole che ho comprato all'ikea per mettere via la roba estiva e stivarla sotto al letto. Quelle le ritengo utili. Anche gli occhiali che porto sul naso sono utili... la penna che non trovo mai perché è sempre infilata tra i capelli in mezzo alla coda, è un oggetto utile. Ma i pensieri leggeri? che utilità hanno? C è da chiedersi che utilità hanno quelli pesanti... 
I pensieri leggeri ti rendono la testa leggera. Ti fanno sorridere gli occhi, ti fanno sentire un poco in pace con il mondo. Non ti fanno pensare alle bollette o al meccanico che ti aspetta al varco. I pensieri leggeri (e non necessariamente erotici) ti fanno fermare lo sguardo oltre la finestra a guardare le foglie che cambiano colore. 
I pensieri leggeri, ti fanno vivere momenti leggeri, e poco importa se domani ti cadrà addosso una tegola, oggi stai vivendo bene e questo basta e avanza ed è del tutto inutile rovinarsi il momento con delle seghe mentali del tutto inutili. 
Pensare di meno e ridere di più. Non sarebbe male no... 


martedì 8 ottobre 2013

Se ci sei batti un colpo...

Le persone cambiano. Si cresce, e si cambia. Alle volte semplicemente di sceglie che come si è fatto fino a ieri non va più bene e cambi direzione. Se mi guardo indietro so di aver fatto scelte discutibili. Alcune le rifarei subito, di altre sinceramente farei pure a meno. Ma visto che il passato nel bene e nel male comunque non lo puoi cambiare, archivi le cose belle e le tieni con te. Dagli errori invece provi a capire dove come e quando, e a modificare gli atteggiamenti o i pensieri che ti hanno portato a farla, quella scelta. 
Mi è capitato di amare profondamente una Persona non libera. e questo per la morale appartiene è una di quelle scelte "discutibili" o criticabili. Che poi a pensarci bene, non è "capitato". L'ho conosciuta, mi sono innamorata, ho valutato i rischi, sapevo che certe cose hanno la data di scadenza e ho scelto. Ho fatto al precisa scelta di seguire i miei sentimenti. Se mi sono pentita? No. Affatto. Ciò che ho condiviso con quella Persona (stavo per scrivere ciò che mi ha insegnato e dato, ma credo che sia stato tutto reciproco) mi ha reso migliore. Il suo volermi bene, anche se da una posizione criticabile e scomoda, è stato per me un Regalo immenso. 
Se mi trovassi di nuovo in una situazione simile lo rifarei? Io ho deciso di non mettermi più nelle condizioni di poter vivere una situazione come quella. Perché la vita, è fatta di scelte. Sì, si può dire "è successo... passavo di lì e mi è piovuto addosso come un vaso di gerani..." ma in realtà noi abbiamo scelto la strada.
Oggi mi sono sentita dire "beh, quanti uomini conosci che se hanno l opportunità, dicono di no? sei un illusa se pensi che non sia così, la normalità è prendersi l occasione quando arriva". L'uso delle parole è pesante. Usare opportunità e non incontro. Il verbo prendere... Non so. Mi ha scombinato la chimica e questa cosa mi ha reso un po'... boh. scazzata.
Io non credo nella coppia/famiglia tipo Mulino Bianco. Ma voglio credere che c è ancora chi vuole investire nel proprio rapporto. Che non è sempre rose e fiori, ma non sceglie sistematicamente la via più semplice. Mi piace cullarmi nell'idea che ci siano ancora coppie che si danno un bacio della buonanotte e non per abitudine. Mi illudo e crogiolo nell'idea che ci sia, da qualche parte nel mondo, un uomo che abbia voglia di provare a costruire qualcosa insieme a me, e che lo faccia anche quando ho gli ormoni in subbuglio e non sono troppo simpatica, e che si aspetti che io lo faccia anche quando rientra scazzato dal lavoro e non ha voglia di parlare ma preferisce starsene per i fatti suoi un ora per sbollire. Che se non trova una camicia stirata sappia accontentarsi di una polo, o che se si dimentica il quarto mesiversario della nostra prima grattatina di naso, non ne farò un dramma epico... Insomma, io non sarò una Cattolica praticante, ma sposata o meno, in quel "nella buona o nella cattiva sorte" io ci credo.
Insomma. Mi trovo in una fase in cui ho bisogno di credere e sperare e illudermi che ci sia ancora qualcuno là fuori, come me, che abbia voglia di amare e di essere amato, in modo naturale. Ecco.
Sono davvero io  l anomala?

On Air: Ho un disperato bisogno d'Amore - Stadio

mercoledì 2 ottobre 2013

Chi ben comincia...

Momentaneamente archiviata la fase "c'hovogliadilagnarmi", dopo un fine settimana in cui mi sono imposta di riposare (a parte il sabato pomeriggio passato per sei ore in compagnia con i Clown di corsia VIP e gli amici dell'ADMO), il mal di testa mi lascia tregua e la vita ricomincia. 
Ieri la Puffa è stata portata dal meccanico per il tagliando e così mi sono riappropriata della vecchia bici. Da splendida quale solo, pensavo con leggerezza che stamattina avrei potuto alzarmi presto e venire direttamente in ufficio sulle due ruote. Tanto che ce vo? E invece... 
E invece mi sono bastati i 10 km e mezzo per arrivare a casa ieri sera a creare una serie di effetti collaterali: a parte il male alle ciappettes non più abituate al sellino, non avevo fatto i conti con quell'aurea di patema che ti viene dopo che risali su un mezzo a due ruote. Ora... non ho mai avuto paura della bici. Sebbene fosse praticamente uguale al modello rappresentato in figura. E sebbene, (e qui se D&R lo so che si sfregherà le dita) dicevo... sebbene io non arrivi a toccare per terra a meno che non scenda direttamente dalla sella, ho sempre sfrecciato come un proiettile impazzito incurante dei pericoli. (ah.. .come suona bene detta così). Ma poi, sarà l età che avanza, la saggezza che cresce, l esperienza che insegna... fatto sta che ieri ho rimpianto persino lo scooter: ruote grosse, luci funzionanti, specchietti retrovisori... mentre pedalavo lungo l argine uno dei pensieri più rincorrenti è stato: se cado non ho nemmeno il casco. E credetemi. Per chi ha dato due belle cappocciate all'asfalto, è un pensiero che fa la differenza. 
Stamattina, con il sole un po' più alto all'orizzonte è andata meglio. Si fa luce sulle paure e magari si riprende un po' di confidenza. Così gli altri due chilometri e rotti per arrivare alla fermata del tram sono stati percorsi a cuor più leggero, lo devo ammettere. E così, la mattina presto mentre la città ancora sbadigliava e io sfrecciavo ancora e di nuovo come un proiettile (a salve) sul marciapiede (quartiere carente di pista ciclabile) pensavo che l immagine faceva molto Flashdance... che tutto sommato non è male passare per l argine e sentire il fiume che mormora poco sotto, che è un modo diverso di
svegliarsi, che il vento che ti passa intorno è piacevole e pure la cellulite resta lì un po' perplessa a chiederti "ma come? così anche tu, oh  brutta, mi tradisci?" e ti senti quasi atletica quando poi, deposte le due ruote prendi al volo il tram, attraversando a passo spedito al strada. 
sì.. non è affatto male. 
Ma trovo estremamente rassicurante e allegro pensare che stasera vado a riprendermi la Puffa, con i suoi filtri nuovi, e il fanale finalmente funzionante... e sì.... sarà meno poetico ma... chissenefrega! 
(Anche perché non ho un boss che mi segua fino a casa, o mi tolga il saldatore di mano per baciarmi... quindi... almeno lasciatemi coccolare la mia pigrizia con della sana comodità). 




giovedì 26 settembre 2013

Keep and Calm ma anche no...

Dio come sono Brava. Me lo dico da sola. Sono Brava. Sono brava perché devo aver preso così alla lettera quel "dille che deve essere forte" che il più delle volte ho la capacità di trasformarmi in un blocco di tufo. E alzo la testa, scuoto i ricci e sembra che tutto mi scivoli a distanza di sicurezza, sì certo... ho sentito un fastidio ma è tutto sotto controllo, sì certo... ce la faccio, ce la posso fare. Ce la faccio benissimo da sola. Del resto da sola sono riuscita a montare anche i bastoni per le tende. Oh come sono brava.
Brava una beata minchia, mi si lasci dire. Perché poi arriva il momento in cui vai sotto pressione, e la pressione diventa tanta... e alla fine fai come il radiatore della mia Puffa che ha rischiato di fondere. E così sono sofferente e insofferente. Sono ancora poco tollerante e non posso nemmeno dare la colpa agli ormoni. E' come se avessi tanta di quella rabbia e stanchezza e disillusione e incazzatura repressa, che basta un niente per farmi saltare i nervi, farmi dire cose acide, e di cui difficilmente mi pento poi, per inciso. O sono incazzata o sono stanca. Ah, che bella compagnia devo essere, e lavoro da meno di 20 giorni.
L'altro ieri guardavo un telefilm. Una ragazza veniva lasciata dal fidanzato e dal giorno dopo si imbarcava in tremila cose da fare, progetti, idee... la testa affollata di pensieri al solo fine di non pensare. La sua migliore amica le diceva "hai bisogno di abbruttirti. non nel senso stretto del termine, ma hai bisogno di un periodo in cui ti concedi di stare male, l elaborazione del lutto". Io questo non me lo permetto mai. Nemmeno quando mi sono schiantata al suolo. Perché se il mio umore era alto lo era anche quello di chi mi stava accanto. E allora sempre avanti. Sempre con il sorriso, sì certo non è facile ma c è di peggio, e ancora avanti. 
Non sono forte. Per lo meno non lo sono sempre. Sono fragile, ho spesso paura. Di non farcela, di prendere delle cantonate, di sbagliare di ferire. Ho imparato a gestire i miei sbagli e penso che imparo da essi, ma soffro. Mi faccio male e spesso non è così semplice rimettere insieme i pezzi. Sono di quelle per cui "la storia" è La Storia, (come mi ha detto qualcuno qualche sera fa) e ci credo ci investo ci lavoro la proteggo... e quando va a rotoli finisco in mille pezzi pure io. E se non lo dico... se dico che capisco, comprendo, condivido, ci provo e mi sforzo. Non significa che sia una passeggiata di salute lasciare andare. Ho bisogno di chiarezza, di punti fermi, di spiegazioni. Amo le spiegazioni. Odio i Forse. non credo a quello che diceva Leopardi che i Forse aprono le porte all'infinito. I forse lasciano sospesi. e cadere dopo una sospensione fa un male cane. 
Insomma... non sono un blocco di tufo. 


martedì 24 settembre 2013

Sì sì... d accordo...tutto bello, bello tutto ma per me è no.

Oggi è una di quelle giornate tipo: "perfavorenonfatemiincazzare". 
Sono giorni che non riesco a dormire, o meglio mi sveglio tipo alle 5 del mattino, lucida come un giudice e non c è verso di ricadere in dettaglio, al punto che quando Chris inizia a canticchiare per dirmi che è tempo di alzarmi, spataccherei il telefono come, una volta ai bei vecchi tempi, si spataccava la sveglia. 
Che io quando dormo poco non brillo per simpatia. Se non mi si può parlare troppo prima del caffélatte, un motivo ci sarà, no?
Che poi l autunno è sì puccipucci cicci cicci come ho scritto nei post precedenti, ma è anche una gran rottura, per chi come me vivrebbe volentieri scalza 365 giorni all'anno. E così mi divido tra il male ai piedi e il mal di testa. 
E non è simpatico perché non essendo poi così alta, spesso non sai dove finisca l uno e cominci l altro. 
E poi c è Brontolo, a cui il buon umore post vacanza è sfiorito come la mia abbronzatura. Ieri se ne esce con una cosa tipo "ma lei è la segretaria... non è indispensabile che capisca ciò che le dico... deve semplicemente fare ciò che le dico..." che poi non è nemmeno un cattivo soggetto voglio dire, ma di tanto in tanto gli si darebbe volentieri un paio di testate. Mi sono rifatta quando, convinto di fornire una grande verità al mondo tipo aforisma di Seneca, se ne esce dicendo "voi donne avete un modo complesso articolato e tortuoso di ragionare... non vi si capisce"... e in quei momenti nella mia testa scatta quel trip disinibito tipo post canna: quando i filtri sul lessico si abbattono e così come la pensi esce "sarà perché noi donne per natura usiamo più neuroni anche in contemporanea... e chi è abituato ad usarne uno solo invece..." per fortuna l' universo fa pure squillare il telefono al momento propizio... 
Eh sono cose Signori miei... lasciatemi andare a farmi un caffè. Ci metto pure un poco di cacao prometto... tipo Mocaccino... che domenica quando sono arrivata in stazione a momenti salgo sul treno per Torino anziché Conegliano (ugualiiii) e Freud c avrebbe avuto molte cose da dire... Ma chi lo ascolta più??? mo c ho Bruno che me ne fo di Freud?
e boh. 

aggiornamento delle 16:00 sono riuscita pure a rimanere in panne in tangenziale... per fortuna nell unico tratto (prima della rampa) ove presente la corsia di emergenza... e sono riuscita pure a non incazzarmi... ohmmmmmmmmmmmmmm

venerdì 20 settembre 2013

un "tweet mancato"...

SyS: la vita non è meritocratica...
L'Altra S.: tu dici?
SyS: Mio Padre è morto. Borghezio è vivo. La vita non è meritocratica...
L'Altra S.: !

giovedì 19 settembre 2013

così... per dire...

Ecco... in sunto questa è una foto che ben rappresenta il mio concetto di autunno. 
Ossia l idea di casa, di calduccio, di morbido, di pace e di relax. di libri da tentar di leggere (che se non lo sapete ve lo dico io, leggere due pagine di seguito con un gatto in casa è una di quelle cose che non s hanno mai da dare per scontate). di profumo di incenso e pop corn (possibilmente non in contemporanea).
Viene buio più presto, inizia a fare un po' fresco e ho voglia di mettermi ai fornelli. ho voglia di imparare ricette a base di cioccolato e nuove torte da far sperimentare ai Nani, che ben si prestano a questo delicato compito. 
Ho voglia di inventarmi una cena per la mia famiglia a casa mia, senza che ci sia una ricorrenza particolare ma per il solo gusto di farlo. 
Ho voglia di guardare film che mi facciano emozionare, di sentire il campanello che suona, alzarmi ad aprire la porta con un sorriso. Ho voglia di vedere le mie foto appese alle pareti. Ho voglia di andare a fare un giro in serra. Di cuscini grandi e morbidi. Di decidermi o meno se quello che ho scelto come tavolino in salotto mi va bene oppure no. Di fare la coda in biglietteria al cinema.  Ho voglia di immaginarmi l albero di Natale che quest’anno sì… quest’anno potrà esserci e avrà uno spazio tutto suo e addobbare casa davvero… come ho sempre sognato.
Sono immagini che mi danno calore. E forse è quello che vado più cercando. Il calore di un abbraccio, di un sorriso. Di quell'attimo di pace che senti quando tutto scivola su binari tranquilli, quando non sei alle prese con le montagne russe emotive, e anche una tazza di brodo caldo ti fa sorridere e sentire in pace. 

lunedì 16 settembre 2013

la mezza via...

... o la mezza stagione... 
guardi il calendario ed è ancora estate, ma la temperatura è più vicina all'autunno. 
metti qualcosa con le maniche lunghe sopra l'abbronzatura, ma di infilare le scarpe non se ne parla: solo per averlo pensato eccole lì, due belle vesciche sul tendine d Achille.
eppure
eppure ho voglia di fare il cambio dell'armadio. di tirare fuori quelle felpe con le maniche lunghissime e sentire quel calore del cotone caldo sulla pelle. non mi dispiace pensare alla copertina sopra il divano e alle tazze di tè caldo. 
devo trovare qualcuno che provveda a mettermi su i bastoni delle tende, aggiornare le cose che mi servono per casa... riprendere in mano tutte quelle cose che si erano fermate vuoi per stanchezza, vuoi per la voglia di pensare alla vacanza, all'idea di leggerezza, ai sogni ritrovati in fondo al cassetto a cui ho fatto prendere un po' di aria. 
e adesso che il tempo cambia, che giro con la manica lunga e i sandali, che sono in quella fase un po' così, che so che ci sono fantasie da riporre in fondo al cassetto o, sarebbe meglio forse, cacciarle direttamente in stanzino in quella scatola lì in alto, ho voglia di chiudere questa stagione. spostare l attenzione. 
e non so dire come mi sento esattamente. forse c è un filo di malinconia. quella che ti fa guardare la pioggerellina stupida capace solo di farti raccogliere le lenzuola prima del tempo, e farti pensare "beh... sei a tema con l umore". che ti senti un po' sconfitta e ancora un po' speranzosa. che hai voglia di mettertela via e di pensare ad altro, ma c è ancora una parte di te che ogni tanto butta l'occhio lì... più indietro. che sei lì e ti dici "ok, è tempo di andare e chiudere la porta" e conti fino a tre per vedere se qualcuno ci prova a fermarti. insomma... sei ancora così, tra color che sono sospesi, a metà tra la fine dell'estate e l inizio dell'autunno, quando la pelle profuma di melanina e hai voglia  di cacciare le mani in fondo alle tasche, e di comparti una sciarpa nuova... 

venerdì 13 settembre 2013

The Doctor is out...

No, vabbè.. basta... 
non se ne può più. 
o per lo meno credo di essere giunta al limite estremo del mio livello ultimo di sopportazione. 
e la cosa pessima è che non posso nemmeno dire "tra poco parto per le ferie e spengo il telefono" perché porcaputtanasonoappenatornata... 
ma oggi sono stanca. 
sono stanca dei logorroici. di quelli che pensano che il mondo giri intorno a loro e ai loro problemi... di quelli che dopo averti rovesciato addosso la loro cariolata di ansie patologiche e discorsi cretini per almeno un paio d ore, si ricordano di dirti "sì beh... ma tu invece come stai?" e tu, che magari non è che brilli per ottimismo in questi giorni, ti ritrovi a dire "chi? io? una meraviglia" tanto... rispetto a loro tu vivi la pacchia da nababbo... 
non ne posso più di quelli che ti dicono "ah.. guarda... c ho la sciatica.. un male a questa gamba che guarda... non puoi capire... " e tu dici "eh già..." e loro insistono "eh no.. ma così forte.... non s è mai vista... davvero... TU non puoi capire..." 
o quelle che ti dicono "è uno stronzofigliodidonnadifacilicostumi mi tratta malissimo e io sono stanca... che faccio? lo mollo?" e tu magari... (per la 157ma volta, mossa da una forma grave di sindrome da crocerossina) rispondi "beh... in effetti da come si comporta io lo liquiderei e pure velocemente" salvo fatto che poi, dopo un paio di giorni ti senti dire "eeeeh... noooo.. cioè sì... l ho mollato ma abbiamo fatto pace, perché TU non puoi capire il nostro legame... TUnon puoi capire la profondità del nostro legame, TU non puoi capire tale livello d amore". 
e per fortuna che non lo capisco, "tale" livello di amore. che l Amore l ho pure incontrato, e non m ha mai trattato come uno zerbino da emerito buzzurro, e ho dovuto lasciarlo andare perché era meglio così per Lui e la Sua Storia, ma quando c è il rispetto e la franchezza e un amore che è amore e non malattia, gli si può far cambiare colore e forma e tenerlo vivo e in piedi ancora. che non significa che accetti sia andata così. diciamo che te ne fai una ragione e provi ad andare avanti. 
la mia Sciamana mi ha detto che devo imparare a far parlare anche la pancia. di non soffocare sempre quello che sento davvero per dare spazio solo alla testa, di non  tenere sempre così strettamente le redini del mio sentire, di non fare anche quello che non mi va perché devo fare "la brava bambina" a tutti i costi... non sta scritto da nessuna parte che mi debba sciroppare ste rotture di palle ogni sacrosanta ora di ogni sacrosanto giorno... e allora dico basta. 
visto che tanto "io non posso capire"... io me ne tiro fuori. 

mercoledì 11 settembre 2013

va dove... dove?

Abitare vicino alla Statale n. X implica che, appena metto il naso fuori di casa, c'è almeno un cartello che mi indica la direzione per T. 
E, credimi, io ci provo a fare finta di niente. Ma ovunque decida di andare, c è sempre un cazzo di cartello a sussurrarmi: "ehi... ma dove vai? guarda che lui è di là, dalla parte opposta..." E la mia pancia sta lì a dire "daiiii andiamo??? esssuuuuu daiiiii... andiamo? andiamo!" e quasi ti convince a rifare il giro della rotonda e tornare su per la tangenziale. Vai tu a spiegarle che non c è proprio storia, che mi sa che c hai la testa altrove. Lei vede solo il cartello per T. e l'unica cosa che comprende è che ha una voglia spudorata di risentire la tua risata. 

martedì 10 settembre 2013

poche idee e...

non voglio scriverti. 
diciamo che ho deciso che non ti voglio scrivere. 
diciamo che ho pensato che forse sarebbe meglio non ti scrivessi. 
diciamo che mi piacerebbe scriverti ma probabilmente è meglio evitare.
diciamo che ho una voglia fottuta di scriverti, ma per non farlo sto valutando seriamente l ipotesi di restare seduta sulle mani, staccare la connessione e mettere il cellulare dentro la boccia del pesce rosso. 

e io non ce l ho il pesce rosso.

venerdì 6 settembre 2013

se Zeus vuole è venerdì...

... da almeno un paio di giorni... 
il che mi rende tendenzialmente nervosa, sostanzialmente poco paziente, oggettivamente poco simpatica, indiscutibilmente assonnata, irrimediabilmente scorbutica. 
vivo sotto l effetto di sostanze stupefacenti. 
ad ogni modo, da quando ho iniziato a chiedere all'Universo le cose che voglio, ho potuto notare che l Universo ascolta e risponde, anche attraverso facebook. tempo fa scrissi: "non voglio un miracolo. mi accontento di una sorpresa. vorrei riuscire a stupirmi". 
e il giorno dopo ho trovato nella cassetta delle poste, il nuovo catalogo 2013/2014 dell'ikea. 
non era esattamente quello a cui pensavo, ma uno non è che davanti ai doni dell'Universo si può mettere lì a dire "ringrazio per l offerta rifiuto e vado avanti". ci si deve pure accontentare un filo, no?
ieri pensavo alle novità. mi piacciono, un po' le attendo un po' me le cerco. 
stamattina una novità mi ha raggiunta così, alla rotonda della tangenziale nel punto strategico dove dai la precedenza. è uscito il nuovo catalogo premi associato alla raccolta punti del mio supermercato preferito. 
e sono soddisfazioni. 
però c è da dire che mi sto godendo pure dei bei momenti, momenti veri. tipo: settimana prossima se tutto va bene me ne vado un giorno in direzione montagna per trovare S. (dopo che l avrò incontrata avrà pure lei il suo soprannome adeguato) una "collega" con cui ci parliamo e ridiamo al telefono anche quando siamo immerse nelle rogne fino ai capelli. magari non c entrano niente con i rispettivi lavori ma "ti chiamo che almeno sento una voce amica e poi mi rigetto nella mischia". 
e quella strada per la montagna per arrivare da S. è la stessa che va da BellocomeilSole.
chi è BellocomeilSole?
eh... ve lo dico la prossima volta... m è finita la pausa caffè... 

mercoledì 4 settembre 2013

U signur...

SyS: Tranquilla nonna... ti accompagno io al pronto soccorso...
Nonna di SyS: ma non voglio disturbarti...
SyS: ma che disturbo... metti poi che mentre siamo lì incontro un bel medico...
Nonna di SyS: così "ci fai all'amore"?
SyS: oddio... ok che sono cambiati molto i tempi... ma come primo incontro basterebbe pure un caffè alla macchinetta...

martedì 3 settembre 2013

Uh, che flash...

Non ho ancora finito di smaltire il numero considerevole di mail scaricate ieri.
Ma visto che il personale qui latita, eccomi qui. Voglia di riaprire le finestre, far passare un po’ di aria in queste stanze fin troppo chiuse e togliere qualche ragnatela qui e lì. Quando ero più piccola e le vacanze “fuori casa” duravano minimo 15 giorni era bello tornare a casa. Dopo esserti abituata a scorrazzare in mezzo agli alberi di un campeggio e a dormire sul materassino ad aria, il mio letto era meglio della Terra promessa. Ritrovavo la mia camera (in comunione dei beni con il Fratellone) e i miei giochi. Era un emozione.
Quest anno sono stata oltre confine per una settimana risicata e tornata a casa mi sembrava di essere appena partita. Tra l'altro per motivi un po’ lunghi a spiegarsi, il bagaglio era decisamente più pesante che alla partenza. Ma vabbè, è andata così.
C’è da dire che, per fortuna, ho tenuto il tasto “metapinamedesperata” in modalità ON per circa una settimana, poi mi sono rotta le scatole e ho deciso che urgeva piano di contrattacco all’umore di cacca, e ho rimesso in funzione i neuroni.
Così ho giusto qualche progettino di azione da mettere in atto. Uno di questi, ad esempio, m è venuto così, adesso, su due chiappe (sto seduta, alla scrivania mica in piedi) mentre cercavo la mia consueta immagine di apertura post. Voglio cominciare una collezione di cartoline. Sono stanca di ritrovarmi sempre e solo bollette nella cassetta delle poste. Ho voglia di cartoline, di riceverle, di spedirle, di andare personalmente a comprarle nei posti che Voglio andare a visitare... insomma, credo che il progetto principale ad oggi delineato sia il desiderio di rimettermi in movimento. Ho passato troppi anni a dire “mi piacerebbe ma non posso” perché mancavano totalmente i mezzi.
Ora i mezzi sono ancora molto, molto limitati, ma l aver finito di pagare i debiti altrui mi concede il lusso di pensare per me.

Ed era ora, mi si aiuti a dire. 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...