giovedì 29 agosto 2019

Come stai?


No, non sto bene. 
Ho passato giorni vuoti, colmi di assenza. 
Mi sono aggirata per casa chiedendomi cosa fare, come se ogni gesto fosse qualcosa di inutile. 
Ho pregato. 
Da mio padre, al Signore, fino a un paio di Santi, di quelli un po' snobbati dai calendari e che non si ricordano, magari avendo meno lavoro arretrato, mi avrebbero prestato più attenzione.
No. Niente da fare.
Ho letto l'oroscopo. Anzi, gli oroscopi. Cercando quello che mi desse più speranza, più ottimismo, per quei dodici secondi in cui pensavo di potergli credere.
Ho comprato due bicchieri per whisky.
Lasciato scostato lo sgabello della penisola, in cucina. Così, l'immaginario ci si potesse sedere con più facilità.
Sono entrata in libreria, ho preso Il libro delle risposte dell'Angelo Custode. L'ho stretto tra le mani, ho visualizzato il suo viso, ho chiesto "tornerà?". Un respiro profondo e ho aperto una pagina a caso. 
"Alcune domande non hanno risposta".
Ecco.
Ho azzardato una visita in un sito di magia bianca. Riti per farlo tornare. Mi sono data della deficiente e ho chiuso. 
Devo avere il link salvato da qualche parte.

No, non sto bene.
Ho dormito. Tanto e male.
Dormire come via di fuga, come spegnere una testa che girava a vuoto sempre intorno allo stesso pensiero. Speranza a dir poco vana, dato che quando la veglia era ancora dormiente, mi ritrovavo aggrappata alle sue parole, come fossero le sue spalle, parole in cui avevo creduto e mi ostinavo a voler credere. 
In cui credo. 
Alla fine le ho dovuto prendere tutto: le sue cose, le maglie, le parole, i sogni, i progetti, le speranze. Tutte le storie, le promesse.
L'anello e la sua proposta.
Anche il dito si è opposto, non voleva lasciarlo andare. Intorno a me una virtuale stazione di Bologna è scomparsa nel fumo come in quei film di Humphrey  Bogart.
Ho chiuso tutto in quello che era il suo cassetto. 
Di tanto in tanto mi ci siedo davanti ma non lo apro. 
Temo possa uscire uno di quei pagliacci delle scatole di latta, col ghigno rosso spacciato per sorriso, a darmi della stupida per averci creduto con ogni fibra del mio essere; e gli occhi tristi di chi comprende che era impossibile non credere e cedere a quegli sguardi, a quei fiumi di parole che diventavano carezze. 

No, non sto bene. 
Sfoglio proverbi e saggezza popolare a proposito di porte chiuse e portoni aperti, l'imparare a lasciare andare, il continuare a sperare, la capacità di ricominciare, e altre consolazioni, magre. 
Almeno loro.
Spengo la radio quando Tiziano chiede, pur con molta educazione a dire la verità, scusa sai non ti vorrei mai disturbare, ma vuoi dirmi come questo può finire? Già come può?
Si può. È già fatto. 

No. Non sto bene.
Che poi lo sappiamo tutti che passerà, che il dolore è fisiologico, va affrontato che è l'unico modo di superarlo. Lo so.
Bisognerebbe scacciare le avversità come si fa con le mosche, diceva il buon Battiato e lui  è uno che ne sa. E ci sarà un giorno in cui avrò ancora voglia di ridere, lo so. E tornerò ad essere la cazzara di sempre, che non è mica la fine del mondo. 
No. 
Ma questa è la fine di quel Nostro Mondo. 
E per ora no, non sto bene. 

venerdì 2 agosto 2019

2 aprile - 2 agosto, quattro mesi.

Quattro mesi. 
In questo periodo ho quasi smentito Pavese quando diceva che non si ricordano i giorni, ma gli attimi. Se chiudo gli occhi rivedo il tamburellare di attimi che si sussegono con la stessa potenza dei fuori d'artificio del Redentore, uno dopo l'altro a comporre giorni intensi, unici, indimenticabili. 
L'emozione prima dell'uscita del libro, l'attesa interminabile, sul treno per Torino per la prima presentazione, quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
... 
Quattro mesi di emozioni così intense da non capacitarsene, da chiedersi se sia tutto vero, darsi un pizzicotto o farsi il solletico. Fermarsi di notte in silenzio ai piedi di una fontana, e se fosse un sogno vi preghiamo di non svegliarci. 
Quattro mesi. 
Ho così tanti ricordi dentro che potrei riempire l'album di fotografie con immagini di almeno un paio d'anni, ogni giorno una scoperta, meravigliarsi anche nei momenti in cui non era tutto così semplice. 
Ora sento il bisogno di fermarmi, prendere fiato e lasciare sedimentare tutte le luci che mi pervadono, le voci e i sorrisi, e gli abbracci e le partenze, gli arrivi, anche quelli mancati. 
Ho bisogno di ritrovare il mio silenzio e, soprattutto, rimettermi a scrivere. Ritrovarmi nella mia dimensione fatta delle note di Ezio Bosso alternate al ticchettio della tastiera. Ci sono i racconti per l'antologia, c'è soprattutto quello che chiamo ancora "il n. 2" da impostare e far nascere, o Cloe non scenderà più dal ripiano della cucina e continuerà a smangiucchiare tutti i miei marshmallow che tengo di scorta, per le serate buie. 
Dopo una notte quasi insonne, a causa del caldo e dei gatti irrequieti, posso dire che aspetto con ansia l'autunno e quell'energia di rinnovamento che mi porta ogni anno. Quella voglia di fare e ricominciare che ora, in questo momento di stasi e attesa, mi manca. Come mi mancano tante altre cose, che cose non sono. 
Insomma, mi prendo un pausa, aspettando che le Langhe si colorino fino a risplendere, così sarò pronta a fare scorta di altri attimi, e altri giorni di emozioni da inventare. 
Ma torno eh... 
Avoja che torno. 


 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...