lunedì 30 gennaio 2012

Di Sabato, di Musica, di Amicizia, di Treni, di Neve e di...

Succede che sia sabato mattina, la luce filtra pallida dalle fessure della tapparella. Sono da poco passate le otto e tu strizzi gli occhi dicendo "no, voglio dormire ancora che me lo sento oggi è una giornata no". E pensi che cacciare la testa sotto al cuscino sia la soluzione ideale. Dormire mangia le ore, più dormi meno pensi e scatta il circolo vizioso del "muso da fancazzismo acuto". Se poi ci metti un dobermann che t attanaglia le ovaie, direi che il quadro è completo. Succede però che un Amica che sta a 1.040 km da casa tua, sia in piedi e attiva da un pezzo e ti mandi un sms, senza troppi fronzoli e con poche parole "Datti Una Mossa". il tono non lo senti ma è facilmente immaginabile. E tu pensi che c ha ragione! Così baci sul crapotto peloso la gatta, scivoli fuori da sotto il piumone e scegli la colonna sonora per cominciare al meglio la giornata e parti con il Bolero di Ravel, alzando il volume (per la gioia devi vicini), ma una volta tanto si può pure far spallucce. Dopo il caffè latte e una dose considerevole di pensieri risvegliati dall aria frizzante che bussa alla porta del terrazzo, passi alla Marcia trionfale dell'Aida. E a quel punto non ti ferma più nessuno. Il resto della giornata è all'insegna delle cose tipiche del sabato, la spesa e due passi per il quartiere. Il dobermann non ti abbandona, e nemmeno il sorriso. E poi l'indomani mattina c è un treno da prendere, un altra Amica che ti aspetta e ti aspetta la crostata di frutta e il prosecco e i tortellini fatti in casa e le tende nuove della casa nuova e l Amica che ti aspetta con un sorriso tutto nuovo. Molto più sereno di quel che ricordavi ed è un gran bel sorriso. E il tempo vola, un momento azzanni un tortellino fatto in casa e un attimo dopo sei già a cercare il binario 9 e le obliteratrici non funzionano, e annunciano un ritardo che non c è e ti tocca pure correre.
Arrivata a Padova anche il tram ti fa gli sberleffi e ti parte quasi sotto al naso, e anche se fa freddo stai bene lo stesso, perché il week end è quasi finito, hai tanta energia positiva nelle tasche dove affondi le mani gelate. E mentre a ovest la neve scende e ricopre tutto e ti fa venire in mente un igloo di un po' di tempo fa, qui a est la luna sembra una culla intenta a cantare la ninna nanna. L'aria fredda scompiglia i ricci che rimbalzano sulla faccia e tu ridi perché con l mp3 a tutto volume nelle orecchie ti senti un po' come dentro un film. E poi alla fine sei sempre la solita, scopri che ti piace qualcosa che pensavi non ti piacesse e invece poi fai pure fatica a non ascoltarla tre volte di seguito, così l ascolti direttamente quattro volte! e sorridi ancora e rincorri un pensiero che ti fa sentire bene e ancora sai che domani è un altro giorno e sarà bello da condividere e così schiacci REW e l ascolti di nuovo trattendendoti appena, dal cantarla davvero allargando le braccia alla notte...

giovedì 26 gennaio 2012

Scosse battono Paturnie 2 - 0

Le scosse non sono solo quelle del terremoto. Nemmeno troppo forti quelle di questi giorni, per essere sinceri. Ma ti fanno andare a letto lasciando la luce accesa in cucina, quella a basso consumo, perché di notte ci si sente più vulnerabili e allora un po' di luce ci rassicura già.
Abbraccio la mia Melly come una volta abbracciavo l orsacchiotto, lei si acciambella contro la mia pancia e fusa. 
Ci sono le scosse che ti dai o che ti danno. Quelle a cui pensi mentre schiaffi una mano sull altra le strofini un po' e ti dici diamoci da fare. 
Ci sono quelle che arrivano da frasi lasciate in sospeso e tu, in quanto donna, magari ti perdi gli apostrofi per strada, ma hai la tendenza a unire tutti i puntini alla velocità di un laser, e così raggiungi subito conclusioni che poi non concludono niente. Poi un sms di un Amica, una di quelle che ti hanno sorpresa per la capacità di capire, comprendere subito ed esserci senza condizioni o conclusioni di sorta. E ti ribalta di nuovo i pensieri. Anche quella è una scossa. Allora ti aggrappi a quel pensiero, lo fai tuo e rigiri la situazione, e scopri che ci puoi pure sorridere sopra cantando una canzone che c ha più di trentanni e chi ti sente fa proprio quella faccia lì.
Le scosse ti fanno prendere paura, ma ti mettono in allerta. Accendono la tua attenzione che magari era presa da altre cose, altre faccende. C è sempre qualcosa che ti assorbe, viene prima o dopo, si vorrebbero le cose in ordine e le cose in ordine non resistono mai. E poi chi l ha detto che l ordine è la soluzione? A guardare la scrivania di Einstein, si potrebbe pensare che no. Che il caos è a suo modo creativo. (Con le dovute eccezioni certo). E finché si pensa, si appoggia il mento alla mano, e il gomito alla scrivania in mezzo ai fogli, la terra smette di tremare in modo percettibile e tutto sembra tornare alla normalità. Sembra, perché i movimenti ci sono ancora è che non li sentiamo "i lavora par sotto come le patate" direbbe Zia Fedora.
Alle volte non è nemmeno una scossa, basta un sorriso per scatenare movimento, o la corsa di un bambino, come quelli che d inverno corrono chiusi nei loro giubbotti sulla spiaggia e fanno prendere il volo a gabbiani che se ne stavano impigriti a terra... 

martedì 24 gennaio 2012

lunedì 23 gennaio 2012

Post Impopolare


Basta.
Davvero.
Basta. Non se ne può più. Ogni volta che accade qualche sciagura si passano le settimane a marciarci su in tutte le lingue, in tutte le salse.
Basta.
Ha ragione la Litti, quando ieri sera ha detto che siamo diventati tutti capitani della guardia costiera e componenti della protezione civile. Gente che si fa la doccia perché a riempire la vasca da bagno soffre il mal di mare, va a dormire con un ecoscandaglio sotto il cuscino.
Soldini a confronto è un pivello che in mare ci va con la ciambella fatta a papera.
Dai su, torniamo seri. Vi prego.
Siamo tutti d accordo che non si possa (?) farne a meno, di parlarne per qualche giorno dico, l atteggiamento da mister in panchina come quando perde la Nazionale ce l abbiamo nel DNA, ormai siamo pure rassegnati al fatto che Vespa non possa resistere alla tentazione del suo plastico. Fa un po' parte del folclore-
Ma tutte quelle ciance inutili di contorno ce le potremmo pure risparmiare. Sono sfibranti. Ora, mi sta bene il diritto di cronaca. È giusto e sacrosanto, mi fa venire giusto quel tantinello di acido quel gusto sadico del voyeurismo scabroso del dramma.
Faccio un esempio: l avete vista la pubblicità di quel programma che fanno su Italia 1, Wild? Voce fuori campo: “elefante sventra fotografo – squalo azzanna cineoperatore e se lo trascina in fondo al mare – scimmione scappa dallo zoo e semina il panico -  colibrì assatanato cava gli occhi ad uno spaventapasseri”.  Ma che è? Non so voi, ma la sera quando arrivo a casa non è che ho proprio voglia di passare da un necrologio all’altro, e sinceramente se ho voglia di farmi del male un tg4 è sufficiente.
Con l affondamento del Concordia, uguale.
Ma non sembriamo mai paghi.
Gironzolando per il web non mancano diatribe sul concetti di Eroe contrapposto al Testa di minchia, si poteva fare così piuttosto che colà. Sembriamo tutti usciti da un corso accelerato per corrispondenza promosso dall’Amerigo Vespucci.
Va bene, siamo d accordo, io a Schittino non farei guidare nemmeno la mia Puffa. Ci sta. È responsabile di un disastro e ci si augura tutti che paghi,  in un'unica soluzione senza rate o bonus per ciò che ha fatto. Siamo d'accordo. 
Ma ci possiamo risparmiare, per cortesia, il filosofeggiare a Vanvera (che pure lui  mi sa oramai c ha due orecchie così) sul fatto che c è uno Schittino racchiuso in fondo all anima di ognuno di noi? 
No  perché, sarò io una bestia, non dico di no, ma d istinto mi viene da rispondere “ma ci sarà racchiuso nell’anima di tua sorella, probabilmente!”.
Se lo si prende a esempio di negatività, posso pensare che c è uno Schittino dentro chi mi ha causato l incidente ed è scappato. Dentro quei due ragazzi che hanno ucciso il bimbo a Torino sulle strisce pedonali fuori da quel negozio di giocattoli e nemmeno si sono fermati.
C è in quelli che passano davanti ad una ragazza aggredita e che grida aiuto e fanno finta di non vedere e sentire, c è in quelli che vivono secondo la filosofia “ognuno per sé e Dio per tutti”. C’è dentro a chi si fa gli affaracci propri e cascasse una pannocchia non allungano una mano verso il prossimo nemmeno a pagarli.
Ma io credo che non siano la maggior parte delle persone.
L’archetipo del fancazzista non c è dentro ad una persona come Gino Strada, ad esempio. E prendo lui per citare l intera categoria di Emergency, o di Medici Senza Frontiere. O semplicemente in quei volontari che permettono alle ambulanze di dare un servizio alla comunità. Negli uomini che fanno da scorta ad un magistrato. Non c è in tutti quelli che si alzano la mattina per fare un lavoro onesto. Non c è in quei professori che provano ad insegnare qualcosa di più ai propri studenti di quello che c è nel programma, mettendoci del proprio. Non c è nelle persone che fanno ogni giorno diligentemente la raccolta differenziata dei rifiuti. In quelle Signore che creano meraviglie con la lana per i bambini nati prematuri, perché il calore non è solo dentro un incubatrice. Nel milione e mezzo di volontari sparsi nelle varie associazioni nazionali. Negli impiegati degli uffici pubblici che non sono schiavi della burocrazia. Nei professionisti che in crisi pagano prima i loro collaboratori che se stessi e non si arrendono. In chi semplicemente fa del suo meglio perché quello che fa sia fatto bene, che sia dirigente o netturbino poco importa. Fa del suo meglio. E non sono pochi. Queste persone non sono la minoranza, certo non fanno notizia. Ma esistono. 
Il punto è che fa molto più rumore un albero che cade, di una foresta che cresce.
Starsene con un bicchiere nella destra e il giornale nella sinistra a bersi Martini e morale, piccandosi di dire cose dalla parvenza intellettuali  fa sentire tanto chic, ma è, a parer mio, del tutto inutile, dannoso e controproducente. Serve solo a dare aria alle gengive e tende a smerigliare i testicoli di chi legge.
La stasi, signori miei debilita. L’azione rinfranca. E questo è il tempo dei fatti. Abbiamo bisogno di azioni e persone concrete. Di fuffa ce n è stata che basta. Si lasci lo zen e l arte del lamento alle desperate housewife, che cambiare il mondo è probabilmente un utopia, ma migliorare l'esitenza propria e di chi ci sta accanto no. 

martedì 17 gennaio 2012

Penso dunque Sono

"Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire – semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. 
Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere. 
Siete già nudi. 
Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore."
Steve Jobs

Sono qui che penso da stamattina a questa frase (non solo, sto cercando di togliere il corsivo da per lo meno 6 minuti ma lui ritorna fuori e quindi mo vi cuccate un post in pendenza). Dicevo... Son qui che penso a questa frase, che non puoi leggerla e liquidarla così, all'acqua di rose dicendo "Uh che bella!" perché di cose ne dice, e ne dice tante... 
Per imparare a vivere dobbiamo ricordarci che dovremmo morire. Non è una frase così leggera da digerire. Perché? Mi chiedo, perché per capire che dobbiamo muoverci dobbiamo sempre vedere la terra che frana sotto i nostri piedi?
Siamo abitudinari, siamo arroccati, siamo cementati al sicuro dentro in fondo, alle nostre sicurezze. Alle volte ci stanno pure strette, sono sbagliate fin che vuoi, ma sono sicurezze. Sono sicurezze nell'errore, sono sicurezze che non ci fanno viver bene, ma sempre sicurezze e quindi ce le teniamo strette e se qualcuno ci propone pure una via alternativa lo guardiamo come se fosse un cretino. Perché antitesi della sicurezza è la precarietà, è l incertezza e l ignoto e l ignoto ci spaventa assai. Siamo capaci di gestire lo stress, la gastrite che ci stronca a metà giornata se siamo un poco più tesi, ma l idea di cambiare e correre il rischio di stare meglio no. Oggi so che sto male, domani so che starò male. Sempre meglio che non sapere come starò...No?
Già, e se poi sbaglio? fallisco? faccio danni? sto peggio. Peggio di così? E se invece capitasse che stai meglio? Non puoi sapere in anticipo cosa accadrà, ma non puoi stare così, tra color che sono sospesi, nella voglia di cambiare qualcosa perché qualcosa senti che si può cambiare e della rassicurante sicurezza della mediocrità, della disillusione, dell'accontentarsi inizi davvero ad averne abbastanza. 
Chi si accontenta gode. 
Dicono. 
Davvero? Non so. Alle volte mi trovo a pensare che si sia alla ricerca di una giustificazione, di una motivazione che non parta da noi anche per decidere di stare meglio. Se è vero che, come in fisica esistono causa ed effetto, noi si preferisce gestire l effetto piuttosto che dare una spinta alla causa. Ma perché? Per paura delle responsabilità? Perché ci vuole coraggio anche per decidere di essere felici?
Ecco perché, forse, quando abbiamo una condanna a morte sulla testa è "più facile" decidere di agire. Perché, forse, ci sentiamo giustificati. "E' vero, ha deciso di fare quella cosa, è da pazzi ma gli vorrai lasciare un po' di soddisfazione? poverino...". 
Persino io mi sono sentita dire "massì parti, vai via qualche giorno, hai fatto tre mesi sulla sedia a rotelle, un anno a casa hai diritto di svagarti un po'" perché uno che lavora normalmente invece no? deve solo pagar bollette? non ha il diritto di prendersi un po' di tempo per sé?

Cosa c è di così tremendo nel voler vivere bene? Nel provare ad essere sereni se non proprio felici? Perché si ha la tendenza a passare per egoisti, sconsiderati, pazzi quando ci si trova a dire a voce alta "voglio cambiare questa cosa perché questa cosa non mi fa più vivere bene ho diritto delle mie emozioni"?
Soffro oggi e mi guadagno un posto in Paradiso domani... ma chi l ha detto? cioè, no, so Chi l ha detto ma non sono proprio sicura che si intendesse questo, secondo me qualcosa è stato sbagliato nelle traduzioni. 
Mi ritrovo a pensare che il più delle volte si resti intrappolati in situazioni che non si accettano e non si vogliono pensando che il proprio sacrificio faccia bene a qualcun altro, e che alla fine si rischi di rovinare non solo se stessi ma proprio chi si cerca di proteggere.
"Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere
Siete già nudi. 
Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore" 
Se muoio perdo tutto. 
Se vivo male, spreco ogni sacrosanto giorno della mia vita fingendo che tutto vada bene e curandomi il mal di stomaco/testa/ansia... e cosa trasmetto a chi mi sta accanto? cosa insegno ai miei figli? che una volta che hai deciso non puoi cambiare idea e che se hai commesso un errore di valutazione devi pagare per tutta la vita, scontando i tuoi peccati con l infelicità. Perché non hai nessun diritto se non il sacrificio. 
Se azzardo seguendo il mio cuore, che non significa solo una rima con amore, ma anche assonanza con l'ispirazione, inseguire un mio sogno, un desiderio sì, può andarmi male. O può andarmi bene. E chi mi sta accanto avrà modo di capire che ci sono cose nella vita che funzionano, altre che non funzionano. Ma quando si cade si ha il dovere  verso se stessi di ricominciare, di riprovare.  Perché si deve pretendere una vita migliore per se stessi e chi si ama, non ci si può limitare a sognarla. 
C è da crederci. Magari sbaglio ma la vedo così.
Ci sono una serie innumerevole di occasioni nella vita per dimostrare di essere qualcuno anche senza necessariamente diventare Steve Jobs, o Paperon De Paperoni e mi piacerebbe pensare, che ho la capacità di decidere quando è arrivato il momento di cambiare non perché mi ricordo che prima o poi dovrò morire, ma semplicemente perché vale, ogni giorno, la pena di vivere. 
mah... intanto sono qui che penso...  

mercoledì 11 gennaio 2012

Una manciata di pensieri...

E' bello fermarsi fuori dall'ingresso di un supermercato e cercare con gli occhi la luna, vederla spuntare da dietro il muro a metà di un cantiere, perché ancora bassa, sapendo che contemporaneamente qualcuno un po' più in là la vede far capolino da una collina. 
E' bello e ti ossigena un po'. 
Come questo sole che regala cieli tersi e sembrerebbe quasi primavera se non fosse che a dirigere il traffico in mezzo all asfalto bianco di ghiaccio ci stanno i pinguini. Ma va bene così, se questi fossero giorni resi grigi dalla pioggia sarebbe tutto più complicato. 
Ho ricominciato ad andare in palestra, lunedì. Oggi ho replicato, nonostante questo mal di testa latente che se ne sta lì da giorni e un poco si fa sentire un poco no. Secondo mia madre penso troppo, io sono della convinzione che qui gli "untori" si sprechino, e per quanto io continui a dire ai miei uomini "se mi ammalo sono azzi vostri statemi distanti" qui continuano a regalarmi batteri come se piovesse. 
Ad ogni modo ci sono andata lo stesso. Un po' perché vorrò mica stare a casa subito, e poi magari ho detto che mi passa (invece no) ma almeno ho fatto 10 km in bici con una velocità decente. E poi i primi pesi. Tutto molto blando e tutto molto delicato che non è il momento migliore per fare sciocchezze. E poi non è che dopo un anno e mezzo che ti trastulli puoi pretendere di fare chissà che. Certo vedere che la gamba 7 kg e mezzo li riesce a tirare su per venti volte di fila un po' di soddisfazione te la regala. Pure qualche fitta ai ferri, perché i muscoli che sbadigliando ricominciano a muoversi devono strusciarsi sul titanio  non tutti apprezzano così, di primo acchito.
Alla fine me ne esco soddisfatta, nonostante non ci fosse l Uomo della mia vita, disertore che non è altro, sono riuscita a non girare la macchina e segnare un punto alla pigrizia. Che io in quella palestra senza di lui mi annoio. Almeno con lui si parla e si ride (a proposito di risate) il resto della popolazione è tutta lì con l espressione truce a guardare il bilancere come se fosse il nemico da abbattere. Sto cercando di imparare un minimo di disciplina. Soprattutto, dopo aver riflettuto sull uso delle parole, dopo aver letto il post di Carla ho deciso che voglio modificare l utilizzo del verbo Devo e convertirlo in Voglio. Per cui non "devo fare questo e quello" bensì "voglio fare questo e quello...".
E mentre penso che il mio cuore sta esattamente dove vuole stare, butto un occhio all orologio che porto al polso da Capodanno e penso: adesso caffè. 

martedì 10 gennaio 2012

lunedì 9 gennaio 2012

Pause



Oggi non gira, non gira per nulla.
Bisognerebbe scacciare le avversità come si fa con le mosche, canta il buon Franco.
Già, bisognerebbe ma come si fa?

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...