giovedì 15 luglio 2021

Faccio Musica - Ezio Bosso

 

Ezio Bosso

Faccio Musica – Scritti e pensieri sparsi. 

Piemme 

(A cura di Alessia Cappelletti)


“Per fare musica seriamente c'è bisogno di tempo, tanto tempo; tempo di studio, tempo di prove, tempo di relazioni umane tra il direttore i professori d'orchestra, tempo di riflessioni, sperimentazione, tempo anche per sbagliare e correggere, tempo di riposo”.

Questo il pensiero di Ezio Bosso scritto per: «Il Venerdì di Repubblica». Uno dei capitoli presente nel libro “Faccio Musica” un'antologia di “Scritti e pensieri sparsi” raccolti e, con profonda dedizione, curati da Alessia Cappelletti dall'inizio della loro collaborazione fino all'ultimo giorno. Appunti, registrazioni, stralci d’interviste edite e parzialmente tali. Sfoghi, anche. La curatrice ha fortemente voluto questo progetto, scrive, principalmente per due motivi: preservare e difendere la grande capacità comunicativa di Ezio Bosso, e per permettere a chi vorrà studiarne il percorso artistico, abbia uno strumento serio e utile cui fare riferimento. 

Trovo inevitabile quindi che sia un libro che richiede del tempo per essere letto. Non è uno di quei libri che puoi archiviare in due giorni con la filosofia del “cotto e magnato” di cui Ezio parla spesso. Necessita di tempo, per più ragioni.

La prima, quella della pelle e della pancia: leggere le sue parole equivale a ricominciare una conversazione che sembra non si sia mai spezzata, nonostante l'addio di quel 14 maggio 2020 impossibile da dimenticare. Ogni interruzione di pagina è un “ciao, ci vediamo quando ci vediamo”, e a mano a mano che il libro si assottiglia ci si ritrova a fare i conti con un rinnovato addio. 

La seconda, più razionale, è strettamente correlata alla capacità di divulgatore di Ezio Bosso, seppur amasse poco la definizione. Riflessioni ricche di citazioni, di opere, di persone che hanno forgiato la sua educazione musicale e che hanno creduto nelle sue potenzialità, nomi di colleghi e collaboratori. Artisti di fama che, se non conosciuti, vale la pena di prendersi il tempo per colmare la lacuna. Tra le righe, e nelle sue parole, esce prepotente non solo la sconfinata cultura, ma anche la capacità di raccontare una sinfonia così da renderla comprensibile anche a chi, come me, non è un addetto ai lavori; a chi ha sempre guardato alla musica classica, o meglio libera, con quel timore reverenziale che nasce dall'impossibilità di comprenderne a pieno il significato più recondito. E di questo non si finirà mai di ringraziarlo: riuscire a far sedere nei teatri e nelle piazze un pubblico vasto ed eterogeneo. Come non tornare con la mente al sold-out all’Arena di Verona: quattordicimila persone silenti e concentrate, capaci di percepire e rispettare anche l'ultima nota sospesa.

Un libro che non puoi dire di aver apprezzato se non riponendolo per ascoltare la Quinta diretta da Karajan, solo per capire il motivo che gliela fa definire: “un Olimpo che guardi verso l'alto”.

Ci vuole tempo.

Per comprenderne a fondo le profonde riflessioni, che non possono e non devono essere ridotte a semplici aforismi estrapolati dal contesto, da riprodursi in una cartolina glitterata, o a uno slogan di filosofia spicciola. Questo libro permette al lettore di ripercorrere, attraverso le sue parole, frammenti di una vita così intensa da sembrare infinita. E per un attimo, credo che ci avessimo sperato tutti.

Pagine dolorose.

Fa male oggi, rileggere i capitoli dedicati alla gestione del lockdown, ricordando con quanta energia studiasse una soluzione per permettere ai musicisti di non fermarsi. Per spiegare che la definizione, avvilente, della musica come: attività produttiva non essenziale, equivale a una condanna per tutta la categoria. 

Ciò che abbiamo visto e che continuiamo a vedere dimostra, non senza amarezza, che le sue parole sono rimaste per lo più inascoltate. 

Ma più forte della mestizia per la sua Orchestra ancora senza casa o per le dicerie sul suo conto; più forte della rabbia contro chi voleva - e talvolta tutt'oggi vuole - speculare sul suo dolore fisico. Più forte di tutto il rumore che ambiva a sommergerlo (senza riuscirci) dopo ogni insindacabile successo, in ogni pagina si respira la sua gioia di vivere, il desiderio di non arrendersi e, soprattutto, il suo amore e rispetto sconfinato per la Musica che fin da bambino gli ha indicato quale fosse la sua vita. 

La Musica, l'unica cosa di valga la pena di parlare.

“Mi chiamo Ezio, nella vita faccio la musica. E sono un uomo fortunato. E questa è l'unica cosa che vorrei dover dire per parlare di me”. 

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