mercoledì 25 febbraio 2015

Febbraio

Questo fine settimana sarà all'insegna del "casa dolce casa". Sarà che la SmAyrton è finita dal meccanico. 
Sarà che avere una SmAyrton e rompere lo sterzo comunque un senso di inquietudine te lo lascia. Sarà che data la fattura imminente ci si prepara ad un lungo periodo di clausura. 
Sarà che mi piace viaggiare, avere il treno che mi aspetta, ma mi piace godermi anche le mie stanze. Quelle che non hanno ancora trovato pace, che sul più bello che sembra ci sia una disposizione definitiva, taaaccch... arrivo io e ti rigiro il divano e sposto il televisore e via discorrendo. Sarà che sono volubile e incostante. Sarà che non so cosa significhi la coerenza. Ad eccezione fatta per gli affetti. Quelli che mi prendono il cuore, che mi vivono sotto pelle, in un multistrato di vita di cui non posso fare a meno. E allora questo è stato un mese di cuore, e di pelle. Mi sono divisa tra la mia Torino, quella che respiro e che mi manca ogni volta che manco. Quella che vivo sempre troppo poco, quella che conosco, che ancora non ho scoperto. Quella in cui anche questa cosa ho dovuto rinunciare a qualcosa, quella che ogni volta che riparto "sì ma torno presto, e allora quando torno...". E alle volte tornare non è mai abbastanza. 
E poi Milano, che non amo e che probabilmente nemmeno mi ama, ma ci vede sempre insieme, io e lei. Nelle nostre giornate rubate, in cui mangiamo cose che da sole nemmeno a parlarne, compriamo cose che, da sole, ma non ci si pensa proprio. E allora anche camminare sotto la pioggia battente per andare verso il Duomo "ma come con la metropolitana ci mettete 5 minuti" "ma che le racconto io in cinque minuti? ci servono almeno tre giorni". Lei che mi snocciola i nomi di grandi stilisti e io che faccio le facce strane. "Sorella, la Rinascente mi fa sentire povera" "No tesoro, non ti ci senti, è che lo siamo, tu però fai la faccia snob e non sbagli mai" "Sorella io sono snob".
Lei che ha quell'accento che amo, e che ogni volta che ci risentiamo è perché non ci parliamo più spesso? ma ci sono orari, che Il Nano che ora la monopolizza e non c è nulla di più bello nel vederla parlare di lui e di V. Quanto siamo cambiate. Quanto siamo cresciute. Io sempre spettinata, lei con quella tranquillità dentro che solo le mamme in subbuglio riescono a trasmetterti. Lei che parla di suo Figlio, che già alla parola Marito le veniva la tremarella. Io con i miei sogni e i miei brividi, le orchidee e la macchina fotografica, i profumi stretti in una mano e una manciata di parole da spedirle che, "devo sapere tu che ne pensi". Il tempo che vola, la stazione enorme che c è da perdersi, ma il bagno dov è? Il mio telefono che squilla e mi strappa sorrisi, le confidenze e i segreti, detti sussurrati fino al momento della porta del treno che si chiude, e ancora ti rammenti che cavoli, ti sei dimenticata di dirle anche questo... 
Questo fine settimana si resta a casa. A pulire e rimettere ordine, che nelle ultime settimane ho trascurato le mie stanze. Fine settimana a ricrearmi i miei spazi, a cambiarli per come sono cambiata, a giocare con la Melli che non si senta trascurata, e a coltivarmi nel cuore e nella pelle, i miei Legami. Che se sono capaci di abbattere lo scorrere degli anni attraverso il susseguirsi degli eventi, non si curano dei pochi attimi, ma soprattutto, se la ridono dei chilometri. 
  

martedì 17 febbraio 2015

pensieri sparsi...

C'è un sole che sembra quasi primavera. 
Vorrei essere ovunque meno che qui. Vorrei essere a casa, spalancare le finestre e far cambiare aria. Lasciare al sole lenzuola e piumone, lavare tutto, pulire tutto, partire da un angolo di una stanza e mettere tutto in ordine. Eliminando quello che non serve, quello di cui posso fare a meno. Quello che è lì perché pensavi ti dicesse qualcosa e invece è diventato qualcosa di scontato che, sì, esteticamente ci sta bene ma poi? Poi è lì a prendere polvere. E allora non so mica se ne vale la pena. 
Semplificare. Ecco, mi piacerebbe semplificare, tratti di vita, tratti di casa. Togliere e lavare le tende, magari invertire quelle della camera con il salotto, imparare a fare i biscotti in casa, o che ne so. Ho detto un inquietudine poco chiara, di quelle che diresti che è una questione di chimica, "carenza di magnesio" suggeriva Mamma qualche giorno fa, che sono nervosa, e dormo male. Stanotte ad esempio mi gettavano ancora viva in una fossa comune, e io pensavo "se mi faccio piccola forse non mi prendo la mitragliata e mi salvo" non sono cose belle. Ma forse era l'influenza del film visto ieri. 
Sono stanca di uscire di casa lasciando le tapparelle basse e la casa quasi al buio, per preservare il caldo. Uscire con il buio e rientrare con il buio. Non vedo l ora di spegnere il riscaldamento e lasciare che la luce entri e faccia ciò che vuole. 
Ho cancellato un sacco di mail. Ho disdetto un pranzo, e prenotato un treno per Milano. Scritto alla biblioteca della Terra degli Hobbit, che finalmente ha risposto e attende i miei libri "dismessi". Ho voglia di spazio. Spazio semplificato, meglio organizzato. Come se l'ordine "fuori" mi desse la sensazione di fare ordine e spazio "dentro". Come se stessi cercando qualcosa che non trovo e, l unico modo per venirne a capo, fosse mettere tutto sottosopra, e ricominciare da capo. Ho voglia di cambiare prospettiva, di cambiare punto di vista. Di un nuovo tatuaggio o forse due. Di ricominciare a camminare, che c è una maratona che vorrei, e conto i minuti di luce in più ogni giorno, pronta per andare. 
Ho voglia di rimettere in movimento corpo e idee. 

lunedì 16 febbraio 2015

Tornare a casa...

L'aria. 
Quella di Casa non te la scordi. Non ha importanza quanto tempo, se sono giorni, o ore. Quando torni a casa fai un respiro più profondo e riempi i polmoni di un'aria che sembra essere tua. Riconosci il profumo solo suo. Di quel posto, del pino bagnato di pioggia, del riscaldamento, della carta. Della lana, morbida e familiare quando ci infili dentro la faccia. 
I suoni. 
Quelli dei passi, legno. Sulle diverse tavole, quelle "vere", con il loro suono che si articola attraverso i nodi più scuri. Un ascensore, un portone grande e pesante che si chiude con lentezza. I passi più veloci delle scarpe da ginnastica sull'asfalto bagnato, sul pedale dell'acceleratore. La voce di casa, di Famiglia, senza filtri senza interferenze. Voci che si specchiano nelle luci degli occhi. Occhi che conosci e riconosci, fatichi a  sostenere per eccessiva dose di profondità. Che c'è un universo che si articola tra pagliuzze nocciola e sfumature di verde. 
Tornare a casa. 
Dopo un lungo viaggio, dopo tanta assenza. Dopo un tempo indefinito che sembrano incalcolabile e sono forse solo poche ore. "Ma come? non eri qui, dietro l'angolo appena due minuti fa?". 
Il calore. Quello degli abbracci, delle mani infilate in una tasca che non è la tua "vieni qui che le hai fredde", dei gesti affettuosi, come la torta fatta in casa, come le fusa di un gatto, come le carezze date, rubate, prese tutte "ancora un altra che poi domani non si sa". 
Dolcezza come lo zucchero filato, come la crema spalmabile della Venchi, la panna cotta al caffè, la piazzetta con le panchine, un profilo in lontananza che fa un po' Parigi, il profumo del vino e del tabacco, dei libri, delle ortensie ormai secche, delle rose che sfidano il freddo, dei limoni rigorosamente bio. Dei sorrisi di occhi e di labbra, che non sono mai abbastanza. 

Tornare a casa, dopo un anno un giorno o un'ora. E avere la certezza di non essersene mai andati...

On Air: Blucobalto - Negroamaro (acustica)

venerdì 13 febbraio 2015

San Valentino

E ci vorrei ridere su. 
Come ci ridevo su l'anno scorso, mentre pensavo al menù per la cena dei Fantastici Tre, a San Faustino. 
Che poi lo so che è una scemata, una cosa sdolcinata, che solo a scriverlo ti viene il diabete, e se pensi ai baciperugina con le cartine di Tiziano Ferro ti viene pure da piangere. 
Ma a me questo tripudio di cuoricioni e di peluche con le gote rosse, e i pensieri con i frufru mi piacciono assai. 
E allora non mi viene da riderci su. Perché è uno di quei periodi che giro con un punto di domanda grande come una casa, sopra la testa, ci si appoggiano i pettirossi, quando fa troppo freddo per svolazzare. E mi chiedo cosa come dove e pure perché. E mi rispondo al meglio con un Boh. Passo da giorni di energia frizzante a giorni piuttosto svampiti. Come la cocacola che la ritrovi in frigo dopo una settimana dall'apertura. 
E allora che dirvi?
Buon San Valentino. A voi, ai vostri amori, seri o strampalati che siano.
A quelli lontani, e a quelli a due dita dal cuore.
A quelli corrisposti, a quelli impossibili, a quelli che comunque sia, vi fanno star bene.

on Air: Sasha - When you say nothing at all

lunedì 9 febbraio 2015

pensieri post frittella...

Ieri sera non riuscivo a prendere sonno. Non so se fossero i troppi pensieri o la frittella alla Nutella che Mamma Serafina mi aveva offerto alle sei e mezzo del pomeriggio. 
Indipendentemente dal perché, ho lasciato che i pensieri fluissero, e così sono giunta a talune conclusioni, ho tirato la linea di somma e fatto alcune considerazioni. 
Interagire con le persone statiche mi mette ansia. Quelle persone sempre uguali a se stesse. Così fossilizzate nella propria "comfort zone", nelle abitudini che hanno origini arcaiche. Quelle che nemmeno ti sanno spiegare il perché fanno certe cose "ho sempre fatto così". E si lasciano vivere, con gli orari scadenzati da lavoro, pranzo e cena, letto. Giorno dopo giorno, uno dopo l'altro, quasi sempre uguali. Mi sento schiacciare il diaframma, mi manca l'aria solo a scriverlo. Non mi ci capacito. Come si può?
Mi rendo conto che sono un anima inquieta. Posso sembrare scostante. In realtà penso di essere piuttosto fedele, soprattutto e indiscutibilmente negli affetti. Ma ho bisogno di movimento, di alimentare la curiosità. Di poter condividere la curiosità. Curiosità per la vita, per le cose nuove, per un piatto di qualcosa che non ho mai assaggiato, per una musica che guarda, non avrei mai pensato mi piacesse e invece...
La stasi debilita, e l'azione vivaddio rinfranca! 
Sono poco tra queste pagine, sto lavorando ad un progetto che mi assorbe tempo ed energia. Non voglio abbandonare la macchina fotografica, sto scoprendo il piacere della musica dal vivo con l'Amica Folle. Ho un libro sullo sgabellino di legno vicino al letto, spero di riuscire ad aprirlo stasera, mi aspetta da Natale. Ma in questi giorni ho coltivato di più il rapporto con il Fratellone, e come mi aveva suggerito Bruno, sto cercando di far evolvere il rapporto mostrandogli angoli di me che forse non gli ho permesso di vedere. Ho curato la mia consueta emicrania e mi sono chiesta per l ennesima volta se posso fare di più per cambiare, ancora in qualcosa, per fare qualcosa di più e di meglio in questi miei giorni. 
Sento certi obiettivi (mi piace più l obiettivo del traguardo) anche anagrafici, come chiavi di volta. Perché non voglio guardarmi alle spalle e vedere che non ho vissuto. Che ho sprecato giorni a mangiare alle 8 di sera perché così m han detto che si fa. Perché, m han detto, la mia vita è molto di più di un lavoro di segretaria. Con tutto che amo il mio lavoro e che lo faccio con passione. 
E così ho tagliato i capelli, li porto corti e sono felice, perché non ho più bisogno di nascondermi sotto un cespuglio di ricci. Non è una cosa banale, è un segno. E' qualcosa che cambia, ho la presunzione forse, di pensare a me stessa come una persona in continua evoluzione, magari nel mio piccolo e studiando con cura i rischi, ma in continuo cambiamento. Non ho fatto buoni propositi con il nuovo anno, perché si riducono continuamente in pensieri procrastinati. C'è un elenco di posti che voglio vedere, e studio l orario dei treni molto di più. E allora mi ritrovo a guardare una data sul calendario, e il pensiero di mia Sorella che mi abbraccia. 
E allora penso che forse, sono sulla buona strada. 


In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...