martedì 24 novembre 2020

25 novembre

 

Al primo pugno ho pensato: "è ubriaco, e poi è colpa mia, l'ho fatto incazzare... non sono stata comprensiva". La seconda volta una cosa più o meno simile. Del resto aveva tanti pensieri e io? Non lo aiutavo abbastanza.

"Abbastanza" era diventato un termine fondamentale, nel nostro rapporto. Non ero abbastanza magra, abbastanza bella, abbastanza accondiscendente, abbastanza elegante, non avevo abbastanza portamento, non ero mai abbastanza. Ogni donna che si incontrava era un "guarda lei com'è... altro che te, io voglio una donna di rappresentanza". Quando mi chiuse la gola nel frigo (diede un pugno allo sportello mentre io riponevo qualcosa dentro) e un livido mi passò dalla clavicola al mento, iniziai a pianificare la fuga. Ma lavoravo per lui, suoi erano gli amici, i soldi... la casa. Perché è così che funziona, ti toglie tutto.
Ma la famiglia no.
Non c'era riuscito.
E allora ho fatto la sola cosa possibile: ho chiesto aiuto. Perché non si può affrontare tutto da sole, non si può pensare di essere sole. Si deve trovare la forza di chiedere aiuto.
La mia famiglia mi ha portata via di lì. E un pezzo dopo l'altro mi ha aiutata a rimettere insieme i pezzi, e ho ricominciato a vivere. Avevo 27 anni.
Non troppo tempo fa, sono inciampata, ancora, in un narcisista patologico che no, non ha mai alzato le mani. È stato più subdolo, perché in quel caso l'avrei riconosciuto dall'odore.
Ha illuso, mentito, raccontato tante di quelle bugie capaci di costruire un mondo parallelo in cui io, per pochissimo tempo sono stata al centro di un universo da fiaba. Per poi strapparmelo a morsi e mortificare, denigrare, svalorizzare ogni singolo respiro.
E, non ha ferito solo me.
Forte delle cicatrici più vecchie, ho lasciato anche questa volta che mi si aiutasse. Ho detto sì all'amica che mi proponeva l'aiuto di una specialista. Ho detto sì a chi mi si è stretto intorno creandomi uno scudo, un salvagente, una rete di donne, amiche e amici, che non mi hanno mai lasciata sola. Mi ci è voluto poco meno di un anno per rinascere e tornare a respirare senza un'incudine appoggiata sullo sterno.
La violenza non sono solo le mani alzate.
La violenza è anche psicologica, è quella mano invisibile che ti schiaccia al pavimento e ti fa respirare sabbia. Così tanta da spegnerti ogni luce che tu possieda.
Soprattutto, amica mia, quella cosa non è amore.
Non lo è mai stato.
È stata pura illusione che ti è stata donata da un vampiro che, alla fine, aveva bisogno di essere nutrito da quanto di bello hai da offrire, la tua empatia.
E anche se è complicato, anche se l'orgoglio o la paura ci spinge a chiuderci in noi stesse, l'unica cosa che ci salva è chiedere aiuto.
Se vivi una situazione simile, non pensare di essere sola, non pensare che ormai le cose stanno così e non c'è più nulla da fare. Chiedi aiuto.
Lasciati aiutare, permetti a chi ti ama davvero di prendersi cura di te. Non aspettano altro che poterti essere di sostegno.
NON SEI SOLA.

domenica 8 novembre 2020

Riapriamo le danze

 

Ho voglia di tornare qui. 
Sono passati mesi dall'ultima volta. Nel mezzo c'è stata un'intera estate e gran parte un autunno. Entrambe le stagioni hanno portato delle rivoluzioni che mi hanno fatto perdere il contatto con quella parte di me che, per riprendere le fila, ha bisogno di fermarsi a scrivere. 
Ci sono momenti in cui mi sembra di essere dentro una centrifuga, nonostante il tempo abbia rallentato e alcuni giorni non mi riesca di riconoscerli. 
Ho perso il lavoro. 
Il che ha messo, nel giro di pochissimo tempo, in discussione tutte quelle che erano le mie abitudini e consuetudini, le ha rivoluzionate e catapultate non so più dove. Ci sono state mattine in cui non era difficile trovarmi seduta sulla sponda del letto, con lo sguardo fisso in un punto a dirmi "e adesso?". 
Non mi dispiace l'uscita dalla confort zone, ma mi chiedo se, come al solito il destino necessitasse di usare una catapulta per accompagnare il mio cambiamento. 
Ma compatirsi non è mai stata una buona idea, quindi tanto vale rimboccarsi le mani e cercare di rimettere insieme i pezzi, i cocci e agganciare le redini. Se da una parte la cosa mi spaventa, non poco, dall'altra trovo che avere la possibilità di ricominciare e reinventare la propria vita sia dannatamente affascinante. Anche se il periodo è questo, anche se ci sono limitazioni e dobbiamo confrontarci ogni giorno con la tragicità di quello che ci circonda. 
A maggior ragione sento la necessità di ricominciare.
So già come voglio sia la nuova Sonia, e penso che, nonostante tutto, mi divertirò molto a darle voce. 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...