mercoledì 30 maggio 2012

Terremoto

Sono nata il mese di maggio del 1976.
Soprattutto qui a Nord-Est, è sufficiente. Chi hai davanti ti guarda e cambia espressione. 
Sono nata pochi giorni dopo il terremoto che devastò il Friuli. Mia madre in sottoveste e pancione scese a fatica le scale che tremavano e passò più di una notte in auto, nel sedile davanti della 500 parcheggiata in quel campetto che i bambini usavano per giocare a calcio. Si accarezzava la pancia e diceva a mio padre "nascerà con i capelli dritti"  e infatti avevo tre dita di capelli neri e così dritti che "se piove perle le impira tutte" dicevano le nonne. 
Quell anno il terremoto è stato presente nel quotidiano della gente di qui, verso settembre un pomeriggio io dormivo (una delle rare volte che capitava) e di nuovo la terra ha tremato, ciò che si era salvato miracolosamente a maggio quel pomeriggio è crollato.
Mia madre era in giardino a stendere la biancheria. E' arrivata alle scale e le ha viste creparsi e scendere polvere dalle crepe. Mi racconta di aver detto a Dio "ti prego, non far cadere le scale prima che l abbia presa" e si è messa a correre facendo i gradini tre alla volta. 

Il terremoto mi terrorizza. 
Sarà che più spesso avviene di notte, sarà che l ho sentito benché avvolta nel liquido amniotico, sarà che fa un po' parte del mio dna o semplicemente io sono una di quelle che le scosse le sente anche con i giramenti di testa. 
Il 20 maggio quando il boato prima e il tremare della stanza dopo m hanno svegliata sono stata capace solo di prendere Melli e stringermela addosso. Non so ancora se fosse lei a dare coraggio a me o viceversa. 
Ieri mattina sono rimasta di nuovo immobile, "appesa" all anta dell armadio aperto finché l uffico non ha smesso di danzare frenetico, sono riuscita quasi a correre fino al telefono e sentire se mia madre stava bene. E poi il resto della giornata è stato un rincorrersi di scosse, assestamenti e notizie. Il dolore e l empatia per chi non ha preso solo paura ma ha perso tutto, pure la vita. 

Ieri sera ho lasciato una luce accesa in cucina, infantile se vogliamo, ma mi faceva sentire un minimo più tranquilla. Ho pensato a cosa avrei voluto prendere nel caso di fuga improvvisa e ho incrociato gli occhi di Melli. E mi sono detta che il fondamentale era racchiuso lì in quella palla di pelo. E tra gli oggetti? 
Mi sono rialzata dal letto e ho infilato la fede di mio padre al dito, la sua catenina al collo. Ho preso l orologio che mi è stato regalato il 18 maggio dell'anno scorso. 
In ogni caso di dormire non c è stato proprio verso. 

Però c è stato pure il momento comico: intorno all una Melli, che mi dormiva acciambelalta sulla mano un po' fusante salta in piedi e ammutolisce. Riapro gli occhi e la guardo. E' in posizione di attacco, con la coda e il pelo dritto e punta la cucina. 
E io penso "l ha sentito, ha sentito qualocosa... oddio... un altro attacco..." non sento niente solo il cuore che mi stantuffa nelle orecchie. 
Melli salta giù dal letto e va verso la cucina, ha sempre la coda dritta e il passo guardingo.
Silenzio
Vento fuori, c è stato anche un temporale, c è qualche tuono ancora in lontananza. 
E poi finalmente il silenzio dell attesa si spezza
sì, a suon di "cronck cronck": Melli che sgranocchia le croccette. 
Sì, l ha decisamente sentito, un attacco di fame
Mavaff.. 

lunedì 28 maggio 2012

Pensieri & Parole


“Sto perdendo le parole” mi hai detto giovedì sera, mentre ti accompagnavo a casa, e attraversavi una città elettrizzata dalle aspettative di musica e di altre emozioni. E io pensavo che non stai perdendo le parole, che forse è solo vuoto. Vuoto di pensieri, forse, quello che avevo sentito dire in un film un po’ cretino tempo fa “un vuoto di senso”. Che cacchio significherà poi. E ancora ho capito che il vuoto di senso non ti appartiene, non sei vuoto. I tuoi sensi non lo sono. Non lo sono mai stati. Sì, c è chi prova a spegnerteli ogni giorno. Ma resistono, sono tenaci i tuoi sensi.
Le parole che cerchi non le hai perse, le hai chiuse in un angolo, nella cantina dove ogni tanto ti tocca scendere e senti l umidità. Sono chiuse lì in fondo che se anche ci provano a urlare puoi sempre mettere le cuffie o accennare una corsa e smetti di sentirle, di ascoltarle, che non è la stessa cosa.
Sono giorni che non riesco a scrivere, che non riesco a mettermi lì ad aprire le pagine ed affrontare quell ultima bianca. Thunder è comprensivo ma non tirare troppo la corda. Eppure io sono lì a guardarla la pagina bianca e poi scatta quel momento in cui ti dici “no, questa cosa non posso scriverla, non posso pensarla, non posso”. Anch io ho la mia cantina. E niente Barolo all interno.

Imporsi di non provare di non sentire di non potere. Ecco qual è la chiave della cantina: quella che tieni ben chiusa sotto il diaframma, anche quando le parole sbattono i pugni e provano a prenderla a spallate e ti fanno sentire quella fitta al petto e il respiro spezzato. Sarà il cuore? Certo che è il cuore! Il cuore ha voglia di battere forte, è nato per questo.
E le parole? Le parole hanno bisogno di aria, di spazio. Sono come le rose e le piante che curi: hanno bisogno di avere spazio sufficiente per le radici e sole per scaldarsi e di acqua. Ma non basta. Hanno bisogno di essere ripulite dai parassiti, quegli animaletti appiccicosi che si attaccano su e ne succhiano la linfa lasciandole aride e appassite.
Io credo che le tue parole siano lì sotto, strette nella morsa dei pensieri costretti, delle imposizioni. Perché così è quello che si ha da fare. Che è più giusto fare che ci si aspetta che tu faccia. I parassiti delle parole sono le nostre stesse gabbie. Quelle dentro ci andiamo a chiudere perché ci sono le mentalità con cui siamo cresciuti. C è il giudizio della gente, ci sono i sensi di colpa. Perché ci si abitua a dirsi che non ne vale la pena, ormai le cose sono così, i giochi sono fatti. Amen e così sia.
E si china la testa.
Non stai perdendo le parole. Sono ancora lì, tutte in fila, tutte le tue quelle con cui sai giocare, quelle con cui sei capace di farmi ridere fino alle lacrime quando esco dal dentista che mi ha torturata senza anestesia. E tu ridi con me come non si rideva da mesi. Sono quelle con cui sai far emozionare, quelle che ritrovo nella collezione di mail, nella segreteria telefonica, nelle lettere spedite le cartoline rubate. Sono le parole che ti fanno dire “non sono capace di mentirti, è andata così:…”
Sono quelle che escono dai tuoi occhi, silenziose e lente, quando mi stringi o mi guardi e aspettiamo di entrare al ristorante, quelle che ti fanno fare sempre più tardi e ti incazzi a dover andare.
Sono quelle con cui scrivi insieme a me e poi alzi le mani dicendo “era solo tanto per…” 

Non stai perdendo le parole.
E non stai perdendo nemmeno me. 


mercoledì 23 maggio 2012

23 maggio 1992 - 23 maggio 2012


Ad un mese dalla morte dell’Amico Falcone, tra le fiaccole e con molta emozione parla di lui, Paolo Borsellino cerca di raccontarlo: "Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione....per amore. La sua vita è stata un atto d’amore verso questa città, verso questa terra che lo ha generato. Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria a cui essa appartiene. ..Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo, continuando la loro opera...dimostrando a noi stessi e al mondo che FALCONE È VIVO". 

Dalla pagina FB di Paolo Borsellino. 

lunedì 21 maggio 2012

19 maggio, 36 anni dopo...

 Qui non si sente, ma stava mi stava cantando "buon complanno SyS"
e qui mi stava dicendo "dai su, sali sul palco con me che poi ci mangiamo una fettina di torta insieme...!"













Il resto del w.e. invece l ho passato a ripigliarmi tra una scossa di terremoto e l altra.... maremma ballerina...

On Air: Sappi Amore Mio - Biagio Antonacci

Sappi amore mio
Che brutto tempo non è sempre un temporale
Che sei la pelle che ho deciso di tenere
Qua tra poco nevica






giovedì 17 maggio 2012

Detto tra noi...

Siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro, cantava il buon Franco.
E cugine di secondo grado di Brooke, dico io. 
Perché noi trentenni fatte e finite, una puntata di Beautiful l abbiamo vista. Impossibile perderla, è iniziato nella fascia oraria prima di Saranno Famosi, e noi si tornava da scuola e dopo pranzo prima delle sudate carte eravamo lì, indecise se sbavare su Leroy o sul timido Bruno. E Brooke appariva poco prima, ancora bionda, ancora nella vallata a fare gli occhi da gatta morta a un Rigde con la mascella non ancora brizzolata. E così sono passate le primavere, pure gli autunni e gli anni. Il diploma è perso in qualche scaffale pulcioso dell università iniziata e non finita, i sogni nel cassetto sono sepolti dalle ricevute delle bollette pagate e da pagare e la cellulite continua ad essere il nemico da distruggere. Però Brooke e Ridge sono ancora lì, ancora insieme, nonostante gli ostacoli gli anni che passano Taylor che muore e risorge per mano di Kabir Bedi, nulla può contro il loro amore. Si saranno mollati e ripresi e divorziati e sposati minimo una decina di volte. Sono l archetipo dell'happy end. 
Come quello che ci fa sospirare/incazzare/commuovere e sognare dei film come C è Posta Per Te, Harry ti presento Sally, French Kiss, o Love Actually. Ok, sono d accordo non sono poi film così intellettualmente stimolanti, ma non stiamo a fare gli sboroni snob voglio dire... 
Il concetto è un altro. 
Si cresce con le favole del Principe azzurro. E già secondo me sta cosa è deviante, a prescindere dal fatto che sfido chiunque a trovare sexy un tizio che gira con la calzamaglia azzurra fuori dal palco de la Scala, le maniche a sbuffo e un swiffer in testa. E poi si passa alle favole della tv, che sono le "peggiori" perché a prescindere che per essere spettinate come la Meg qui sopra, ci vogliono minimo 40 minuti di parrucchiera, per il resto sono così subdoli da riuscire a farti immedesimare nel personaggio e pensare che sì, quando meno te l aspetti potrebbe capitare pure a te di incontrare il Tom Hanks di turno. 
E alle volte capita che lo trovi.
Ed è un uomo buono, e gentile e dolce e intelligente, che non sbaglia un congiuntivo a pagarlo. E' di quelli attenti, e premuorosi, con un sorriso che quando appare cambia colore all universo, capace di farti ridere pure mentre stai piangendo e se stai piangendo era proprio perché era umanamente impossibile impedirtelo. E' di quelli capaci di leggere i tuoi pensieri e capire come stai dal solo modo di dire Ciao, capace di arrivare con i cartoni della pizza in mano a casa e sorridendo ti dice "ho pensato che fossi stanca e non avessi voglia di cucinare, così..." e tu che eri lì che stendevi la biancheria con una mano caricavi la lavatrice con l altra e una rogna dell ufficio ancora appiccicata ai capelli lo guardi come se fosse una visione mistica. 
E ogni film d amore che si rispetti ha il momento di crisi, la spaccatura. Il distacco. Quel momento presente in ogni romanzo di formazione, perché uno dei protagonisti ha da maturare capire qualcosa della vita e lo capisce solo attraverso il passaggio per la sofferenza (e su questa cosa si potrebbe aprire una diatriba infinta sul concetto cattolico del soffro ora per il paradiso domani). 
Ciò non toglie che alla fine, persino Holly ritrova Gatto sotto la pioggia e John Peppard la bacia sotto il diluvio universale. Kevin Kline fa fermare l aereo su cui viaggi Meg per dirle di restare con lui. 
Persino Brooke che l ha data via come il mais in piazza San Marco, (cit. Litti), sbatte gli occhioni e Ridge torna da lei. 
E il sig. Joe Fox, per amore di Kathleen Kelly si mette in gioco e cambia vita, perché lei è la cosa più bella che potesse capitargli. 
E tu sei lì in divano con la copertina di pile pure se è agosto e i fazzolettini di carta sparsi ovunque e la faccia da triglia, e ti dimentichi pure che il buon Mark ha messo i calzetti bianchi sotto i pantaloni neri. Tanto alla fine Bridget se lo piglia lo stesso. 
Ecco, sarà l ormone ballerino, sarà che sono inguaribilmente romantica e adoro chi non scazza un congiuntivo nemmeno sotto tortura, ma io ci credo nell'happy end. Perché le cose davvero belle, quelle vere e sincere e limpide in cui vale la pena di credere, che ti fanno stare bene, ma bene davvero, meritano di essere vissute e difese. 
E se verrò smentita... giuro che stavolta la tessera della videoteca finisce nel tritacarta.

martedì 15 maggio 2012

Un po' così

Un attimo un po' così. 
Di quelli che ti senti dentro tante voci, ognuna con un qualcosa da dire, e alla fine dici niente. 
Di quelli in cui i pensieri si accavallano e si affollano e si spingono come i ragazzini sul bus all ora di punta. 
E ti sembra di non pensare a niente. 
In realtà è perché hai a che fare con una sorta di nebulosa, che pare nascondere un idea ma che ancora non ti si rivela. 
Ma qualcosa c è. 
Sarà che si avvicina uno dei giri di boa dell'anno, due giorni uno dietro l altro questo mese che per me sono sempre stati importanti e fondamentali, quest anno con una motivazione di più, che non è più solo mia. 
Un attimo un po' così perché dopo tanti mesi di corsa ad ostacoli, ho rallentato il passo e cammino piano, ogni tanto mi volgo e mi guardo alle spalle. Spesso con un po' di nostalgia, lo ammetto. Rileggo messaggi e mail e riesco a sentirne ancora il profumo. Forse succede così perché quel profumo ancora non si è esaurito. Chi lo sa. 
Fatto sta che c ho sto momento un po' così.

On Air: Tra Dire e Fare - Giorgia

mercoledì 9 maggio 2012

Him

Adoro aspettarlo perchè lui, anche se a volte ci mette tanto,
arriva sempre appena in tempo per rendermi felice.

( S. Casciani)
 
 
 
 
 
 
 
  
On Air: Tutte le strade portano a te -  Ligabue 

giovedì 3 maggio 2012

sulla strada

gli occhiali da sole a fare da schermo che ho voglia di restarmene per i fatti miei
sono tornata a casa mi sono cambiata e ho deciso di uscire e affrontare di nuovo la strada a piedi da sola che poi soli non si è mai e non è filosofia spicciola è che le parole e i pensieri ti rincorrono hai il tuo bagaglio di immagini che scorrono lì dietro nella testa come proiettati nel classico lenzuolo bianco del cinema parrocchiale scusa sai non ti vorrei mai disturbare, ma vuoi dirmi come questo può finire? ci si mette pure il ferro con il suo motivetto che però ci sta dai è quella voce che sale in crescendo aumenta di un po' la velocità del passo
passo che ascolto e non dovrei ma non dovrei ascoltare tante altre cose e poi lo faccio e allora ascolto anche i passi e i movimenti dei muscoli il ginocchio sostenuto dalla ginocchiera un sostegno più psicologico mi hai detto tu come se fossero le tue mani a tenerlo stretto come dire non ti preoccupare ti tengo io non cadi come dici sempre quando mi cammini al lato mai davanti o un metro più in là ma proprio al lato e mi prendi la mano ma ora siamo io e la strada e i miei passi lesti non l andatura da shopping tenuta da un anno a questa parte e i muscoli iniziano a svegliarsi subito a chiedermi il perché di tutta questa fretta dove avrò mai da correre che correre non si può ma il passo del bersagliere me lo posso ancora permettere poche storie
ho controllato le distanze prima di partire il primo giorno è come andare in apnea devo considerare che mi serve aria anche per risalire e tornare a casa non solo per andare serve sempre l aria da dove la prendiamo poi quello è un assetto variabile io la prendo da te dalle tue parole dai tuoi sogni e anche dai tuoi scazzi che sì ascolto perché io so ascoltarti che non è ascoltare non ascolto tutti così ascolto te così il resto del mondo fa vita a sé la prendo dai momenti che passiamo insieme dalla tua risata che so fa scoppiare perché io sì sono capace di farti ridere e metterti la vita sottosopra anche sì è vero ma è il rischio che si corre a starmi accanto
sì perché sono difficile e sono ostinata e credo nelle cose importanti che non sono i feticci tecnologici non me ne frega niente e tu sì che lo sai credo nel potere del credere nelle proprie idee nei propri sentimenti nel fatto che la vita ha più fantasia di me e se te lo dico io che sono visionaria perché me l ha detto pure Paolo un giorno che scrivere come scrivo è da visionari ma di quelli buoni e io lo sono sì ma la vita lo è più di me che osservo i segnali e faccio caso alle coincidenze e le coincidenze non esistono perché niente capita per caso
quando mi fermo al semaforo fa freddo sono accaldata non mi posso fermare e allora vado avanti e indietro o passo all incrocio successivo domani cambio strada niente semarfori rossi a cui fermarsi e prendere freddo adesso lo so e c è quella frase di venerdì pomeriggio ci sono le cose che non sai le cose che si devono fare le cose che si vorrebbero fare sempre in conflitto tra di loro mai un qualcosa di consensuale e c è da chiedersi dove stia realmente il buonsenso poi alla fine e da parte di chi quali sono le motivazioni che ci spingono davvero a fare qualcosa a vivere qualcosa o decidere di annullarla o reggerla quando sta decadendo o spolverarla quando è solo facciata perché così chi vede chi guarda ha la parvenza che tutto sia regolare e poco importa se non è così come se si avessero una cento vite e se questa non va bene pazienza sarà per la prossima ma la prossima di chi mi chiedo e intanto ho percorso i quasi tre chilometri prefissati i primi con un obiettivo che va da qui a tre mesi e sì è vero che tre mesi sono tanti e potrei dire che non sono mai stata così costante ma su questa voglio esserlo e potrebbe essere una sorpresa sai al 2 di agosto dirti che quelle asics me le sono guadagnate e andarle a comprare finalmente
insieme

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...