A volte devi indietreggiare di uno o due passi,
ri-considerare, staccare per un mese.
Non fare niente, non volere fare niente.
La pace è fondamentale, il ritmo è fondamentale.
Qualsiasi cosa tu voglia non l’avrai provandoci con troppa
insistenza.
Charles Bukowski, Cena a sbafo.
Ho una voglia incredibile di "cose dolci". A
Natale mi sono detta: massì dai, una fettina di panettone, due canditi...
peggio che rimettere il vino in mano ad un alcolista anonimo. Ho preso a
sognare canditi giganti, cassatine siciliane con la pasta di mandorle quella
verde chiara e la glassa di zucchero candida. Sublime. Solo a scriverne
prenderei a morsi la tastiera.
Ma resisto.
Passo tra gli scaffali di dolciumi del super ripetendomi
come un mantra "non si può, non si può, nun t azzardà".
Ho una voglia di incredibile di "pensieri dolci".
Vorrei aprire la mail e trovarmi una canzone spedita, perché chi l'ascoltava
pensava a me. Proprio lì, in quel testo, in quell agglomerato di parole
appariva giusto in mio faccino in dissolvenza. Vorrei aprire la cassetta delle
poste e trovarci un bigliettino con i cuoricini manco fossimo a San Valentino.
Vorrei quelle attenzioni tipiche del corteggiamento, di quella parte bella dove
ti sembra di volare e di essere sulla Luna e non torneresti mai giù. Quei
momenti dove tutto è brivido di stupore un emozione, la magia dell'istante che
precede il primissimo bacio. Quei momenti che sai che passano e lasciano il
posto a emozioni più "solide" quelle poi dove vai a costruire quello
che i più chiamano "domani". Ma che finché durano sono spruzzi di
spuma marina che sa di vita, il cui profumo ti resta appiccicato se non per
sempre, poco ci manca.
Ma resisto.
Mi celo pacificamente dietro i miei "non me la sento,
non ho voglia, no dai non è il momento sono ancora in lutto". E ci
aggiungo anche un "non si può, nun t'azzardà".
Che la disillusione è ancora lì, insieme al sacchetto della
spazzatura che anche stamattina mi sono dimenticata di raccogliere e buttare.
Che se apro un cassetto esce l'ansia di fare un altro disastro. Mi salta in
faccia come quei pagliacci a molla delle scatole di tanti anni fa. Che se
niente niente abbasso la guardia mi ritrovo nel mezzo di una catastrofe e non
me lo posso permettere. Come direbbe il Che, potrei giocarmi l'ultimo pezzo di
cuore. Ma a che pro? E poi se me lo gioco sul nero ed esce il rosso? io lo odio
il rosso.
Ho una voglia incredibile di sole di acqua di aria, di due
occhi che guardandomi mi dicano "tranquilla, ci sono io adesso qui con
te". Ho una voglia incredibile di quotidianità, quella tanto denigrata
osteggiata, che non è apatia o pigrizia da svernamento sul divano, ma quella in
cui anche condividere una tazzina di caffè o una melizia ha un che di buffo e
divertente.
Ma resisto.