venerdì 28 ottobre 2011

Di Ponti, Pop Corn e Parole da convertire in fatti...

Ebbene sì, anche da queste parti si ponteggia. 
Quattro, dico, 4 giorni di fancazzismo totale. Non si vedevano da queste parti da tempo memore. 
Ce n è di bisogno. 
Certo, come di consueto si avrà cura di ripristinare ordine e metodo nella Tasso's Tana. Ma senza eccessiva fretta e senza sacrificarsi troppo.  
Nessun progetto concreto sul tavolino già da giorni. Non è da me.
In un momento di folgorazione mistica ho prenotato due posti al cinema per domenica pomeriggio. E la memoria torna a quando sì, si andava al cinema ma non in un multisala, era la sala parrocchiale:  500 lire (di carta) tra le mani e via. 
Le panche di legno dove ti facevi le natiche quadrate,  e alla fine del film avevi male ovunque! Il proiettore di film che faceva girare le pellicole tolte dalla pizza, (nel lenzuolo bianco si vedevano proiettare anche i pelucchi di polvere della lente, e l immancabie ciospa di capelli di chi arrivava all ultimo minuto). Per lo più erano film di Jerry Lewis e qualche cartone animato. Nella pausa tra un tempo e l altro c era Augusto (il padre di Don N.) 96 anni e si vedevano tutti, che ti vendeva i ciucci: tre banane e 2 fragoline 50 lire. Il gelato fatto con la cialda e la meringa 150 lire. E la cialda è sempre stata secondo me, di cartone umido. Credo fosse l'unico posto dove smerciavano la spuma, devo ancora capire di che sapesse in realtà, ma era utile, mandava giù i pop corn bulicci che compravi dimenticandoti di quanto si fossero attaccati al palato la domenica precedente. 
Ad ogni modo il cinema è l unico dato certo di questi giorni, al resto, come diceva una canzone dei Pooh, ci penserò domani. 
Nel frattempo, vi segnalo il posto di Bruno che oggi parla di abbracci e a leggerlo vi sentirete un po' avvolti anche voi.
Se volete scrivere con Morena a Scriveregiocando  sappiate che è iniziato il conto alla rovescia! i lavori si consegnano il 20 novembre... 

Ma soprattutto... Non dimentichiamoci la Liguria:
 non ci sono mai stata... ma quando ci andrò voglio vederla più bella di prima! 

UN AIUTO SUBITO 
TG La7 insieme al Corriere della Sera che hanno promosso una raccolta fondi per aiutare le popolazioni colpite dal maltempo. 
I versamenti si possono effettuare al conto corrente IT 80 O 03069 05061 100000000567, indicando come beneficiario «Un aiuto subito. Alluvione Levante ligure e Lunigiana» presso Banca Intesa Sanpaolo, filiale di Roma, viale Lina Cavalieri 236

numero solidale 45500 a cui inviare SMS del valore di 2 euro non solo da cellulari TIM, Vodafone, Wind e 3, ma anche da Postemobile, CoopVoce, Tiscali Mobile e Nòverca.



martedì 25 ottobre 2011

Far quadrare il cerchio...

 \mathfrak{L}a natura, dando le lacrime al genere umano, attesta di averlo fornito anche di un cuore facile alla commozione. 
Questa è la parte migliore della nostra coscienza.
Decimo Giunio Giovenale. 






E' passato un anno da questo.
In questi giorni pensavo di farci un post più o meno ironico, con qualche battuta che tenda a sdrammatizzare... e invece non mi riesce troppo. 
Sarà che non è stato un anno facile: la sedia a rotelle, le stampelle, i 40 punti del primo intervento che c ho impiegato una settimana per riuscire a guardare, il titanio, il trapianto dall anca, il secondo intervento e pensare che la tua gamba sta diventando una mappa del tesoro...
La frustrazione di non poter camminare, e poi comunque di non sapere nemmeno più come farlo. Se non ci fosse stata mia madre a dirmi "hai imparato che eri molto molto più piccola, imparerai di nuovo oggi", non so se ce l avrei fatta. Sono dell idea che, senza chi ha raccolto le mie lacrime e mi ha spinta a non mollare non sarei mai arrivata da nessuna parte. Senza di Lei, non ci sarebbe stata storia.
In questi giorni Padova è esattamente come un anno fa. Piove, l asfalto è viscido il cielo plumbeo. Alle volte ho paura persino in auto, ma mi impongo di ragionare, di reagire. Non posso permettere a ciò che è stato di limitare ciò che sono. Sarebbe consegnargli troppo potere. Ma non è per nulla facile. Cammino con le lacrime in tasca.
E poi c è l'immagine di Simoncelli, travolto e ucciso durante la gara. Il suo corpo che scivola sull'asfalto il casco che vola. L'ingiustizia di restare lì e non poter fare nulla. Schiacciare il tasto REW e tornare indietro non farlo partire... 
Di riflesso la mia pelle che risente ogni cm della mia scivolata, i due colpi sul casco, e rivedo il paraurti  dell'auto a 30 cm dalla mia testa. I rumori, della plastica, della frenata...
Lo so, non c è paragone. A me è andata bene.
E' andata di lusso. 
Io sono qui a raccontarvi con un sorriso che da oggi  posso fare fisio una volta la settimana, che al centro sono stanchi di vedermi, che dopo un anno faccio ormai parte dell arredamento. 
Che quando Stefano mi guarda camminare e gli dico "Hai visto che miracolo hai fatto?" lui ride e risponde "L'abbiamo fatto insieme!".
Lui che gira con la moto e ha una ciospa di ricci proprio come Simoncelli, che ti viene da perderci le mani dentro. 
Simoncelli aveva solo 24 anni e la sua famiglia lo può solo piangere. 
E se lasciamo da parte tutte quelle minchiate tipo "ebbè ma lo sanno che corrono rischi, lo fanno per i soldi, e poi si sa che in moto ci si fa male" e a dirla tutta ci si fa male pure a piedi, e certe volte una manciata di silenzio è molto meglio di un carro di parole. 
Se lasciamo a parte tutte ste cazzate, dicevo, si dovrebbe trovare davvero la forza di guardare avanti. Imparare dalla propria esperienza, fare nostra quella degli altri imparando a vivere meglio. Ma diciamocelo, uno non può vivere ogni giorno come se fosse l ultimo. Sarebbe una continua tensione emotiva da panico. 
Ma si può imparare a lasciare correre le cose che non hanno un vero senso e concentrarsi su quelle che un senso ce l hanno. 
Non aspettare domani per prendere in mano un telefono e dire a qualcuno che lo si pensa. Non lasciarsi scappare l occasione per essere un po' meglio di quello che siamo stati ieri. Basterebbe. 
La vita è troppo imprevedibile per vivere male, per non desiderare di migliorare adesso, subito. Di fare un qualcosa, un passo anche se piccolo verso quello che ci fa stare bene. Anche se alle volte le occasioni hanno forma di ostacoli che ci sembrano insuperabili e pensiamo che non ce la si può fare. Come quando mi hanno detto "ci vorrano minimo sei mesi perché ricominci a camminare in modo quasi decente" e stesa su quella barella mi sembrava fosse l eternità. 
Ma ora quell eternità ce l ho alle spalle. Sono privilegiata. 
E' vero, mi restano le cicatrici ma mi restano anche le mani di chi non mi ha lasciata sola, a cui ho potuto chiedere aiuto e non si sono tirate mai indietro. Ci sono occhi che se fossi passata per quella strada non avrei mai incrociato, e sarebbe stata un occasione mancata per stare bene. C è del bene, anche in questo.
Come Laura, arrivata nel letto accanto al mio proprio quella sera, e con cui mercoledì esco e diciamo fanculo alla sfiga. 
Come Lui che mi accompagnava nei pomeriggi in corriera verso Cittadella e ancora oggi mi corregge il passo quando cammino o mi fa fare e rifare le scale, "che vanno fatte bene no scialaccare l anca!", ma lo fa tenendomi vicina a sè.
Il mio Fratellone che non ha saltato un solo giorno di ospedale, portandomi ogni genere di leccornia e qualsiasi cosa mi facesse sorridere e 2 stagioni di NCIS con il lettore portatile! E la notte dell intervento era lì, a farmi bere e rinfrescarmi il viso, ma quando gli dico che prima di andare a casa mi ha fatto una carezza dice che è tutto colpa della morfina!
Chi chiamava dalla Spagna e Chi ha preso un treno da Roma.
Chi mandava mail da New York pretendendo di vedere le radiografie... manco fossi stata una barboncina. 
Valentina che si commuove a vedermi camminare con "le scarpe da donna", Sara che mi accompagna in ospedale a Cortina e non vuole lasciarmi lì da sola. 
E' solo a questo che voglio pensare guardando avanti. Lasciarmi il dolore alle spalle, come la gina e la pina che sono state relegate in un angolo del garage, e tenermi stretta tutta questa valanga d amore e di affetto che mi è piovuta addosso, da parte di chi non si è stancato mai di sentirmi dire che avevo male, che mi ha dato una strigliata quando piagnuccolavo e volevo mollare e ha esultato quando ho detto ce l ho fatta.  Un anno condiviso, sofferto ma sicuramente vissuto.
Che posso pure fare a meno di correre ma non posso più fare a meno di ognuno di loro. 

giovedì 20 ottobre 2011

Siccome Che...

...oggi piove, e tira vento, e fa freddo e c ho l umore un po' ballerino, e basta un niente per farmi venire il veleno pure senza un reale motivo apparente... tanto vale che mi sieda (tanto pure camminare oggi è un impresa) e mi rilassi un po'...


ps. queste foto sono spettacolari.

giovedì 13 ottobre 2011

Caos & Disordine

Riprendere possesso della propria deambulazione in modo corretto e quasi disinvolto, significa anche poter riprendere il filo con discorsi lasciati in sospeso per troppo tempo. Ad esempio la riorganizzazione degli spazi di casa e dell'ufficio (quest ultimo lasciato alla mercè dei nani troppo a lungo!)
Ora, sarà che abito in quella che amo definire "la tana del tasso" e la mia vita si srotola in quelli che sono forse ad essere piuttosto ottimisti 30 mq, ma io c ho un vizio. Mia madre lo considera quasi un difetto. Ma io c ho sta cosa che di tanto in tanto devo rovesciare l ordine instabile delle cose. Ribaltare gli orizzonti visivi e cercare nuove soluzioni dinamiche atte a ottimizzare gli spazi e rendere gradevole e appagante il rientro in casa. Inverto l ordine dei fattori e il prodotto è un continuo cambiamento. La scrivania, ad esempio, dall essere posta in fondo ai piedi del letto è passata contro il muro... e poi basta. Nel senso che se fosse per me cambierei pure la posizione del letto, ogni tanto farei trottolare il divano, ma non si può. Quelle sono le pareti che ho a disposizione e quella attuale è la sistemazione ottimale. Nel dubbio volessi far girare il tavolo da pranzo, si è pensato bene di sostituirlo con una penisola ben inchiodata al muro. Alla fine devo darmi soddisfazione con il trottorellare dei soprammobili e dei ninnoli e delle puttanizie che passano da scaffali a librerie con soluzione di continuità periodica. Perché mai?
Ma perché a lungo andare ci si abitua, a tenere le stesse cose sempre nello stesso posto, ci si fa l occhio e poi zac, sta cosa sparisce. Non la vedete più. Sarà capitato anche a voi!
No, non sto parlando di vostra moglie... averete sicuramente appeso un quadro in casa, (magari bruttino, regalo di matrimonio della zia Clotilde, zia da parte di vostra moglie,  che vi stava pure un po' antipatica - la zia non la moglie - perché metteva il rossetto rosa sciocching, ché su Intimità stava scritto che faceva molto "glemur"), quello con il paesaggio naif della brughiera. E già allora tempo un paio di settimane, non la notavate più la landa desolata. 
Ora, dopo 17 anni di matrimonio la guardate solo quando è tempo di tinteggiare e sperate sempre  si perda  mentre la riponete  in cantina (la brughiera... non la moglie).

Ad ogni modo, in questo periodo come tutti gli anni ci si ritrova a fare il cambio di stagione nell'armadio. Grazie a Zeus, la Tana è fornita di garage. E quindi ciò che non sta su trova spazio giù. Nel frattempo, visto che la temperatura esterna cambia circa ogni mezzora, l amata sedia blu, quella della scrivania, viene sommersa da ciò che misi e deposi, forse dimenticai, nella speranza ingannevole di ritrovare i panni in fila mentre si dirigono in modo autonomo verso la lavatrice (che sta in cucina, sotto al tagliere) mossi da pietà empatica nei miei confronti. 
Io, donna single in carriera (!!!), ogni volta che entro all'ikea vorrei portarmi a casa uno dei loro arredatori, quelli che ti montano la cucina e poi mettono ogni singolo fusillo nella scatolina dei fusilli e l origano con il postaspezie e nell apposito posto del portaspezie. O un tizio di quelli che dopo aver montato l armadio ti mettono tutto bene in fila, in sacro ordine, e a portata di mano.
Che se poi costui sapesse pure cucinare o stirare potrei pure pensare di addottarlo. Così, per il gusto di tornare a casa e trovare ogni cosa al suo posto, e un posto per ogni cosa.
Gironzolo per il percorso guidato, apro i cassetti e resto lì a domandarmi perché non ho anch io un porta scatoline a scacchiera, tutti quadretti di tre cm per due da infilare nel cassetto più sottile del "settimanale". Manco avessi una collezione di brillanti da metter in ordine alfabetico di donatore. Ma a pensarci io non ce l ho un settimanale, ho un comò in legno di pino comprato al mercatino dell usato. 
Che poi ogni tanto le folgorazioni mistiche piovono anche su di me, ad esempio quando incappo nel volantino del Brico Center (io ADORO i brico center!) e vedo gli sconti sui mobiletti ad angolo in ferro battuto, le mensole, il porta fiori con i bracci apribili e i phon per gli stendini! come ho potuto vivere senza fino ad oggi?  E mi illumino di immenso.
Io con gli sconti c ho arredato casa! Se non fosse che non ho una mezza parete libera (l ultimo angolo è stato usato per appendere il porta papere) e degli angoli liberi se n è persa traccia nel 2008.

Che amarezza.
Io e l ordine non siamo compatibili.
I nostri rispettivi bioritmi viaggiano a corrente opposta alternata e non c è verso di farli accostare senza creare scintille.
Però, visto che le nuove stagioni portano nuovi buoni propositi ho deciso che proverò ad essere più ordinata.  Ad organizzarmi il tempo che non basta mai, a fare le lavatrici nella fascia oraria giusta, a stirare con regolarità, riempire il frigo prima di sentirci dentro l eco di vaghe rimembranze.
Magari faccio uno di quei "piani di lavoro" che piacevano tanto alla mia professoressa di educazione tecnica delle medie, ogni volta che si doveva fare un lavoro di gruppo esordiva con "dopppiamo fare un pppiano di lavvvvoro". Mai sedersi in primo banco nella sua ora. 
Quindi... pppiano di lavvvoro sorretto dalle calamite del frigo, e magari l investimento nell'acquisto di un organizer, che fa molto Donna da tenersi in borsa.
Se imparo a gestire con ordine uno di quegli aggeggi lì, sono a cavallo.

martedì 11 ottobre 2011

Mfrhuff...

Oggi mi sento come se avessi la febbre. "Come se" perché non sono in grado di misurarla e comunque nemmeno la misurerei perché a casa non posso stare e quindi ciccia. 
Però ho gli occhi pesanti, un cerchio alla testa, e sbadiglio ogni 5 minuti. E ho i pensieri lenti. Lenti, contradittori, a tratti frivoli e avvolti in un panno di ovatta. 
Partendo dal presupposto che dovrei mettere in ordine l'ufficio. ma guardo le carte che ho sulla scrivania, e sul bancone e mi sembra di vedere immagine tradotte in lingua araba. Che significa che capisco una mazza. Allora conviene che aspetto che poi se no, in questo stato, significa che non metto in ordine ma infratto e poi non trovo più nulla. 
E il pensiero mi si sposta alla roba da stirare che si è accumulata a casa. E penso sia meglio pensare ad altro. Prendo una tacpirina (che se non ho la febbre almeno mi si allarghi l aureola e passi sto cerchio), e temporeggio nello zen e l arte del cazzeggio fintanto che fa effetto. E stasera dovrei andare al corso serale di inglese, e significa tornare a casa alle dieci e mezzo... no... non credo di potercela fare... sogno la mia coperta, il mio letto e l abbraccio del cuscino. E così in un flash penso a quella gonna che ho visto nella vetrina del negozio (chiuso ovviamente) domenica mattina e penso che ci potrei fare un pensierino. Che poi mettere la gonna significa accettare di esporre 25 cm di cicatrice, e punti sparsi vari e un ginocchio che di spigoloso non ha più nulla ma è più vicino ad una polpetta. E, potrei pure pensare, chissenefrega, chi mi ama mi segua. 
E quindi penso che andrò a vedere quella gonna, e infilo questo ultimo pensiero sotto la categoria frivolezze.  Ecco sì, un po' di ordine e di metodo... 
Fuori è appena passato uno con il cappotto, lo vedo attraverso la vetrina... e penso... sarà mica esagerato? boh... domani sono previsti 27 gradi... ma se c ho la felpa con il peluche? eeeh, non ci sono più le mezze stagioni. Ma io ancora non ho fatto il cambio dell armadio... e riecco apparire l immagine del ferro da stiro, a fare capolino prepotentemente. E allora mi riapro Google Maps, cerco una via di Milano e me la guardo con quel coso che ti fa vedere le vie come se ci fossi dentro, come se pilotassi una web cam, quel coso lì... come si chiama? beh ma avete capito no? e perché proprio Milano? e non so perché, saranno pure fatti miei che mi sento come se c avessi la febbre, e ho tanta sete... Ma Milano negli anni settanta non era tutta da bere? Mi ricorda Appunti di un venditore di donne, che secondo me è da leggere, che sarà che a me Faletti piace assai. E quel libro mi è stato recapitato direttamente a casa, con tanto di autografo dell'autore a metà novembre dell'anno scorso. E sarà che potevo fare poco altro, ma l ho letto in 2 giorni e mezzo. 
E poi? e poi c ho un elefante fantasioso mezzo verde sul display del telefono, Milano è invasa dagli elefanti   e mi piacciono gli elefanti... pure se mi sento come se c avessi la febbre... ma ho preso una tacpirina... adesso magari mi passa...

martedì 4 ottobre 2011

Diario di Viaggio

Vorrei scrivere della sensazione che ho provato ritrovandomi in quella Piazza, con il fiume placido in lontananza. Al suono dell'acqua che riusciva a coprire quello del traffico, facendolo quasi dimenticare.
E quel monumento imponente, sempre lì, splendido ed un po’ altero. Con tutte le persone in coda in attesa di poterla ammirarlo anche dentro, incuranti del caldo mediterraneo e del sole che con l'inizio di ottobre non c'entravano proprio niente.
Ma ho negli occhi solo i suoi occhi.
Quello sguardo che mi accarezza da vicino quando, sdraiati, incrociamo mani e gambe e braccia e ci facciamo più stretti e parliamo piano. Come se una nota più alta potesse rompere l'incanto di quel momento così unico.
Provo a ripensare al vento che, in tram, mi scompigliava i capelli e io che facevo finta di vivere lì da sempre, ma l'espressione curiosa mi tradiva. Restavo attaccata al finestrino con il naso fuori, con la stessa faccia della prima volta di quando, da bambina, ho fatto un giro in treno.
Ma ci sono sempre le sue labbra, e la mia mente torna lì, a quando socchiudo un po’ gli occhi mentre mi bacia, e riesco a vedere il suo viso, che comincia dove finisce il mio, senza stacco ma come un armonico continuo. Lui che ha quel modo di baciarmi che sembra mordermi e dopo un secondo divento una bambola di cristallo tra le sue mani e mi scioglie con la sua delicatezza.
Il profumo del caffè e delle sfoglie ancora calde, le mie mani intorno alla sua vita mentre siamo in moto e quando ho paura lo stringo. Le sue carezze ai semafori, quel suo scoppiare a ridere come un bambino sorpreso. Quel suo prendersi cura di me, quando si ferma e mi dà la mano se resto un passo indietro. Quel suo smuovere le montagne per poterci essere, il suo correre dei rischi, imprudente e consapevole.
Vorrei scrivere di questa città lontana ma stranamente un pò mia, ma ho lui nella pelle e nel cuore. Ho la sua timidezza e le sue insicurezze e la sua forza, mescolate insieme mentre mi stringe ancora e sembra non volermi lasciare andare. Li sento ancora i suoi capelli sotto le dita, mentre mi mostra qualcosa che nemmeno sento, ma lui è lì, c'è il suo profumo, c'è il suo respiro che si fa uno con il mio e fuori da quella stanza non esiste altro. C'è la nostra pelle che non ci basta, e ci sono i nostri discorsi più seri e profondi. C'è quello sguardo che non riesco a dimenticare, quando mi ha detto “non so se adoro di più quando ti prendo o quando ti tengo qui stretta” e non so nemmeno io dire quale dei due momenti sia meglio dell'altro. E non si può decidere, sono magia pura entrambi. Quelle cose che solo quando provi un certo sentimento, senti dentro di te.
Mi perdo nel senso di appartenenza, nel legame che mi fa vivere giorni come non li ho mai vissuti. Con le contraddizioni solite e le consapevolezze che non mi sarei mai aspettata di avere. Le prime volte.
Ci sono quegli occhi.
Quegli occhi per cui vale la pena di attraversare l'Italia, anche solo per un ora. Quegli occhi e quelle mani e la sua ostinata sincerità, sempre. Quegli occhi che amo e che mi scavano dentro e da cui non ho paura di farmi guardare. Forse per la prima volta, forse davvero. Davanti a lui in piena luce.
Sono ripartita quel pomeriggio riportandomi a casa il suo calore, le sue carezze e i nostri giochi.
Il profumo di cioccolato e di mela.
Quel suo modo di dirmi  “è un pasticcio” e di stringermi subito dopo più forte.

Riaprendo la borsa mi sono accorta che mancava un pezzettino di cuore, ma so dove l'ho lasciato, esattamente dove ha detto lui un po’ di tempo fa:
a due dita dal suo.

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...