a natura, dando le lacrime al genere umano, attesta di averlo fornito anche di un cuore facile alla commozione. Questa è la parte migliore della nostra coscienza.
Decimo Giunio Giovenale.
In questi giorni pensavo di farci un post più o meno ironico, con qualche battuta che tenda a sdrammatizzare... e invece non mi riesce troppo.
Sarà che non è stato un anno facile: la sedia a rotelle, le stampelle, i 40 punti del primo intervento che c ho impiegato una settimana per riuscire a guardare, il titanio, il trapianto dall anca, il secondo intervento e pensare che la tua gamba sta diventando una mappa del tesoro...
La frustrazione di non poter camminare, e poi comunque di non sapere nemmeno più come farlo. Se non ci fosse stata mia madre a dirmi "hai imparato che eri molto molto più piccola, imparerai di nuovo oggi", non so se ce l avrei fatta. Sono dell idea che, senza chi ha raccolto le mie lacrime e mi ha spinta a non mollare non sarei mai arrivata da nessuna parte. Senza di Lei, non ci sarebbe stata storia.
In questi giorni Padova è esattamente come un anno fa. Piove, l asfalto è viscido il cielo plumbeo. Alle volte ho paura persino in auto, ma mi impongo di ragionare, di reagire. Non posso permettere a ciò che è stato di limitare ciò che sono. Sarebbe consegnargli troppo potere. Ma non è per nulla facile. Cammino con le lacrime in tasca.
E poi c è l'immagine di Simoncelli, travolto e ucciso durante la gara. Il suo corpo che scivola sull'asfalto il casco che vola. L'ingiustizia di restare lì e non poter fare nulla. Schiacciare il tasto REW e tornare indietro non farlo partire...
Di riflesso la mia pelle che risente ogni cm della mia scivolata, i due colpi sul casco, e rivedo il paraurti dell'auto a 30 cm dalla mia testa. I rumori, della plastica, della frenata...
Lo so, non c è paragone. A me è andata bene.
E' andata di lusso.
Io sono qui a raccontarvi con un sorriso che da oggi posso fare fisio una volta la settimana, che al centro sono stanchi di vedermi, che dopo un anno faccio ormai parte dell arredamento.
Che quando Stefano mi guarda camminare e gli dico "Hai visto che miracolo hai fatto?" lui ride e risponde "L'abbiamo fatto insieme!".
Lui che gira con la moto e ha una ciospa di ricci proprio come Simoncelli, che ti viene da perderci le mani dentro.
Simoncelli aveva solo 24 anni e la sua famiglia lo può solo piangere.
E se lasciamo da parte tutte quelle minchiate tipo "ebbè ma lo sanno che corrono rischi, lo fanno per i soldi, e poi si sa che in moto ci si fa male" e a dirla tutta ci si fa male pure a piedi, e certe volte una manciata di silenzio è molto meglio di un carro di parole.
Se lasciamo a parte tutte ste cazzate, dicevo, si dovrebbe trovare davvero la forza di guardare avanti. Imparare dalla propria esperienza, fare nostra quella degli altri imparando a vivere meglio. Ma diciamocelo, uno non può vivere ogni giorno come se fosse l ultimo. Sarebbe una continua tensione emotiva da panico.
Ma si può imparare a lasciare correre le cose che non hanno un vero senso e concentrarsi su quelle che un senso ce l hanno.
Non aspettare domani per prendere in mano un telefono e dire a qualcuno che lo si pensa. Non lasciarsi scappare l occasione per essere un po' meglio di quello che siamo stati ieri. Basterebbe.
La vita è troppo imprevedibile per vivere male, per non desiderare di migliorare adesso, subito. Di fare un qualcosa, un passo anche se piccolo verso quello che ci fa stare bene. Anche se alle volte le occasioni hanno forma di ostacoli che ci sembrano insuperabili e pensiamo che non ce la si può fare. Come quando mi hanno detto "ci vorrano minimo sei mesi perché ricominci a camminare in modo quasi decente" e stesa su quella barella mi sembrava fosse l eternità.
Ma ora quell eternità ce l ho alle spalle. Sono privilegiata.
E' vero, mi restano le cicatrici ma mi restano anche le mani di chi non mi ha lasciata sola, a cui ho potuto chiedere aiuto e non si sono tirate mai indietro. Ci sono occhi che se fossi passata per quella strada non avrei mai incrociato, e sarebbe stata un occasione mancata per stare bene. C è del bene, anche in questo.
Come Laura, arrivata nel letto accanto al mio proprio quella sera, e con cui mercoledì esco e diciamo fanculo alla sfiga.
Come Lui che mi accompagnava nei pomeriggi in corriera verso Cittadella e ancora oggi mi corregge il passo quando cammino o mi fa fare e rifare le scale, "che vanno fatte bene no scialaccare l anca!", ma lo fa tenendomi vicina a sè.
Il mio Fratellone che non ha saltato un solo giorno di ospedale, portandomi ogni genere di leccornia e qualsiasi cosa mi facesse sorridere e 2 stagioni di NCIS con il lettore portatile! E la notte dell intervento era lì, a farmi bere e rinfrescarmi il viso, ma quando gli dico che prima di andare a casa mi ha fatto una carezza dice che è tutto colpa della morfina!
Chi chiamava dalla Spagna e Chi ha preso un treno da Roma.
Chi mandava mail da New York pretendendo di vedere le radiografie... manco fossi stata una barboncina.
Valentina che si commuove a vedermi camminare con "le scarpe da donna", Sara che mi accompagna in ospedale a Cortina e non vuole lasciarmi lì da sola.
E' solo a questo che voglio pensare guardando avanti. Lasciarmi il dolore alle spalle, come la gina e la pina che sono state relegate in un angolo del garage, e tenermi stretta tutta questa valanga d amore e di affetto che mi è piovuta addosso, da parte di chi non si è stancato mai di sentirmi dire che avevo male, che mi ha dato una strigliata quando piagnuccolavo e volevo mollare e ha esultato quando ho detto ce l ho fatta. Un anno condiviso, sofferto ma sicuramente vissuto.
Che posso pure fare a meno di correre ma non posso più fare a meno di ognuno di loro.