lunedì 27 gennaio 2014

.













"Perché ognuno è l'ebreo di qualcuno." 
Primo Levi

Dalla pagina Facebook di Vittorio Arrigoni:

Con questa vignetta che Carlos Latuff disegnò nel 2009 per il Giorno della Memoria, vogliamo a gran voce ribadire che gli amministratori di questa pagina credono fermamente che le vittime della Shoah meritino il nostro ricordo e le nostre lacrime ogni giorno dell'anno. 
Credono anche che la politica israeliana, le cui atrocità cerchiamo di documentare ogni giorno, nulla abbia a che fare con le persone di fede ebraica e mai accetteremo di sostenere l'equazione antisionismo=antisemitismo. Credono, infine, che ogni giorno dell'anno il mondo dovrebbe ricordare e piangere le vittime di tutti i genocidi, tutte le violenze, ingiustizie e barbarie. Di tutti gli "atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso", come recita l'ONU.
E ricordare Palestinesi, Cambogiani, Ruandesi, Armeni, Curdi, Ucraini, Bosniaci, Congolesi, Nativi Americani, Sudanesi, Sloveni, Serbi e la lista potrebbe continuare. 

Coscienti che ogni caso ha le sue specificità, crediamo che tutte le vittime abbiano pari dignità e diritto al ricordo.


On Air: Il Silenzio - Nini Rosso

venerdì 24 gennaio 2014

Anniversario

Ci sarebbe quasi da non crederci. Sono passati dieci anni da quando, non senza una certa emozione, ho creato sodalite.splinder. i blog erano all'inizio, quasi nessuno sapeva cosa fossero, le prime pagine sono state scritte ancora ai tempi in cui il modem quando l accendevi faceva tutti quei fischi strani e girava a 56 K. roba che nemmeno il cellulare oggi. 
Sodalite perché avevo un braccialetto di pietre blu. E blu è sempre stato il mio colore preferito. E poi mi piaceva quella pietra, quello che significava. Quello che significava in quel momento della mia vita. A febbraio del 2004 io stavo davanti ad un mucchietto informe di cocci che era la mia vita. Mi ero appena separata, mi si era lasciata in mezzo ad una strada con un debito più grande di me e senza un euro in tasca e la banca che mi rincorreva a colpi di raccomandate. Eppure,  c era stato un giorno di febbraio in cui, seduta per terra, in piazza non troppo distante da un ragazzo nero che vendeva borse contraffatte, ascoltando la mia musica con le cuffiette, mi sembrava che il mondo avesse rallentato il suo ritmo e che la mia pelle stesse tornando al suo posto: intorno a me. 
Sodalite nasceva come un posto, dove potevo scrivere di me. Dove potevo permettermi di riscoprire chi ero, visto che mi ero dimenticata di me per così tanto tempo. E farlo dietro ad un video, certo ha una certa comodità. Potevo farlo senza sentirmi comunque troppo esposta in un momento in cui sentivo la necessità di proteggermi, restare in tana e leccarmi le ferite. 
Sono passati dieci anni. Dieci anni che sembra un altra vita. Dieci anni in cui ho vissuto più di quanto avessi mai fatto prima. Dieci anni di post, di risate, di rincorse tra un blog e l altro. Dieci anni di racconti, di tentativi di racconti, di persone che poi hanno iniziato a far parte della mia vita anche fuori di qui, fuori da queste righe. Persone che hanno lasciato il nick appeso al porta abiti con il giaccone, e si sono sedute sul mio divano. Persone che se ne sono andate sbattendo la porta, altre che ora vivono dall'altra parte dell'oceano eppure sono ancora qui, accanto a me in una nicchia del mio cuore tutta per loro. 
Una persona in particolare che nel mio cuore è tatuata, la cui iniziale si mescola alla mia nel tatuaggio del mio polso. Che vive qui, a due dita dal cuore. Anche quando ci cazziamo e scorniamo come ogni toro e capricorno che si rispettino. 
Dieci anni di avventure, di corse per l'Italia in lungo e largo seguendo il cuore. 10 anni di esperienze, la più stravolgente di tutte quella di tre anni e mezzo fa in cui non ho dovuto imparare a camminare di nuovo, ma reinventarmi, ancora, e scoprirmi forse più fragile e forte di quanto avessi mai pensato. 
Oggi i blog forse si stanno perdendo. Forse hanno fatto la loro storia e lasciano lo spazio a mezzi in cui il dono della sintesi è fondamentale. Forse anche la mia voglia di raccontarmi è scemata perché, forse, ha lasciato lo spazio ad una nuova e diversa consapevolezza. Quando sono arrivata qui non avevo ancora trentanni, non sapevo esattamente chi ero e dove volevo andare.  Ora sono alle soglie dei quaranta, e se è vero che non so ancora cosa farò da grande, se mi si chiede chi sono una sfumatura di risposta sono capace di metterla insieme. E forse per questo, le piccole grandi cose che vivo ritornano a essere più cose che mi tengo dentro. Elaboro con me stessa e condivido con esclusiva. 
Forse è solo cambiato il tempo. 
Dieci anni, ne rappresentano davvero molto. 

Un tempo mi sembrava di sognare più spesso, avevo più illusioni, ma meno speranze di adesso. 
Eugenio Finardi.  


On Air: Cosa Sognava Mozart -  Eugenio Finardi 

giovedì 23 gennaio 2014

Dal vangelo secondo Syssa

Scrivere "cose così" in ordine sparso, e definirsi SCRITTORI,
è come farsi un bidè e definirsi dei sub. 

lunedì 20 gennaio 2014

Punti di vista

Da quanto tempo stai scrivendo? 
Mi sono svegliata e ti cercavo tra le lenzuola.
E invece eccoti qui, nello studio. Sempre davanti a quel computer. Ma ti sembra una domenica sera questa?
Tu mi ignori.
E io odio quando mi ignori.
Ti passo vicino e non mi vedi.
Ti sfioro appena, ti cerco con gli occhi e non mi guardi nemmeno, sei troppo preso da quel dannato aggeggio.
Tu mi trascuri.
E io non me ne starò certo qui ad aspettare che mi degni di considerazione.
Preferisco fartela pagare.
Mi avvicino al tuo pianoforte.
Lo so. Odi che io lo faccia.
Ne sei così dannatamente geloso, vuoi che nessuno si avvicini, che te lo tocchino.
Mi domando poi di cosa avrai tanta paura.
Che cosa temi? Che te lo graffi?
Uhm.. lo sai che le unghie le uso solo quando lo ritengo necessario. E poi è troppo bello, non oserei mai.
Mi siedo sullo sgabello. Liscio, di pelle nera. Quante sere ho passato seduta qui vicino ad ascoltarti? Adoro la tua musica.
C’è da perdersi.
Tu, seduto su questo sgabello e le dita che scorrono veloci sui tasti. Suoni per ore, rincorrendo chissà quali pensieri. La testa china da un lato e i capelli che si scompigliano leggeri. Di tanto in tanto apri gli occhi e mi sorridi.
Io sono lì solo per te.
Resto lì a guardarti e non mi sembri nemmeno vero.
Fuori dalla finestra, un mondo anonimo è preso dalle sue sterili corse. E le note dell’anima non le ascolta più.  Ma tu sei diverso. Tu vuoi essere diverso. Così ti ho incontrato. Tu non correvi dietro all’inutile.
Le tue note sanno come scaldarmi.
C’è da perdersi.
Ma adesso tu mi ignori. E io non lo tollero.
Preferisci quei tasti anonimi e freddi alla musica e, peggio ancora, preferisci quella tastiera a me. Non una carezza in tutto il pomeriggio. Mi hai rivolto appena una parola.
Picchio il primo tasto.
Il secondo.
Il quarto e il quinto li picchio insieme.  Mi giro a guardare la porta. Arriverai, oh sì.. arriverai subito. Lo so.
Eccoti.
Il dito proteso in aria, come se avessi a che fare con una bambina.
E quello sguardo incazzato?
Ma a chi vuoi darla a bere.
Tu non ci riesci proprio ad incazzarti con me. Non ne sei capace. Scommettiamo?
Mi basta così poco a farti cambiare espressione.
“Morgana, quante volte ti ho detto...”
“Meeewwwooo… miao.. frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr”
Ti ammicco.
Mi alzo lenta e inarco la schiena.
La coda alta quasi a riccio e le orecchie in avanti.
Ammicco di nuovo.
Sospiri.
Sorridi.
“Sei proprio una strega… Dai, vieni qui fatti prendere”
Finalmente. Adoro quanto mi prendi in braccio. Adoro le tue mani, il tuo modo di accarezzarmi, così lento. Soprattutto quando mi stringi vicino al cuore.
Senza maglietta.
Sai di muschio e di tabacco.
Mi piace sai, guardarti. Con quelle tue spalle larghe e la pelle abbronzata. E il tuo viso… E quella barba che non fai da almeno 3 giorni. Finalmente sei tutto per me. Sei mio.
“Ehi.. che fai, mi mordi il mento adesso?”  giochi con un mio orecchio.
“frrrrrrrr…” scusami amore, non ho resistito.
Dove mi porti? Davanti al computer? Uffa, no, ancora? Ma almeno adesso mi tieni un po’ con te?
“Meeooowww frrrrrrr”  mi aggrappo alle tue spalle, non voglio lasciarti.
“Buona.. buona.. dai.. va bene, fammi un po’ di compagnia, devo finire questo capitolo e non sono per nulla contento... magari tu mi ispiri un po’? eh.. gattaccia…”
Uhm.. beh,  se me lo chiedi così, con queste grattatine sotto il mento, mi sa che ti accontento. Basta che mi lasci qui. Seduta sulle tue gambe.
Resto qui, buona buona promesso, e ti cullo con le mie fusa.
Ma tu, ogni tanto, fammi una carezza.

Lo sai che odio essere ignorata.

giovedì 16 gennaio 2014

Il Falsario di Porta Palazzo - Il Boia di Torino - Favola Nera

"Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira" 
J.D. Salinger

Io credo di essere la peggior lettrice che un autore possa avere. 
Perché sono di una pignoleria smodata, una precisetti  al limite della noia, e ho una memoria pressoché fotografica, specie quando sono molto attenta e sul pezzo. Non sopporto quelli che ti citano personaggi così per far numero, che nell'economia del libro non ci stanno a dir niente (e tu vai avanti e indietro con le pagine chiedendoti "ma chi è questo?"); non sopporto chi non cura le ambientazioni o lo fa con grande approssimazione, (non dimenticherò mai un racconto letto qualche anno fa, dove facevano sbarcare emigranti a Pantelleria, per dire). 
Non sopporto i dialoghi che riempiono tre pagine di sole botte e risposte, che diciamocelo, scrivere dialoghi che reggano sulla carta stampata, non è certo facile come una spaghettata a mezzanotte. 

Sono tornata da Torino con due libri nello zaino e uno in mano.
Iniziato Il Falsario di Porta Palazzo a Torino Porta Susa, ho letto le ultime righe meno di quattro ore più tardi quando ormai stavo entrando in stazione a Padova. E non venitemi a dire "maaaah.. è perché lo conosci... maaaa... è un tuo amico...". quando si tratta di leggere, se qualcosa non mi piace, amico o non amico io stronco. Poco da fare. E poi, oltre ad essere precisetti sono pure snob, e della peggior specie: sono una snob viziata. 
Voglio dire, dopo essermi districata per le trame intricate del Maestro Camilleri e i suoi polizieschi, o di Connelly  per citarne un altro, è difficile trovare qualcosa di altrettanto avvincente. 
Eppure. 
Eppure questi tre noir li ho letti tutti in cinque giorni. E solo perché la febbre che mi ha fatto compagnia durante le vacanze mi ha costretta a rallentare il ritmo mentre leggevo Favola Nera. 
Impossibile non affezionarsi al protagonista Gabriele Sodano, Tenente dei Carabinieri nel primo romanzo poi promosso Capitano. Deciso come il ruolo gli richiede e umano con i suoi limiti e la sua fragilità come è giusto che sia. 
Una Torino che non si limita a fare da scenario, ma diventa protagonista senza mai essere una sfacciata prima donna. 
In tutti e tre i romanzi l autore ti guida, ti indica strade e poi, quando pensi di aver capito tutto prima degli altri, ti rovescia le carte in tavola. Quando pensi di aver risolto l enigma ecco che ti accorgi che non è esattamente come pensavi e allora sei costretto a riaffidarti a lui e a lasciarti ricondurre altrove. Con la tensione che cresce ma viene moderata sempre al momento giusto con la perfetta dose di ironia. 
Scritto da un altro maniaco della precisione. Che se cercate quella tal via la trovate, e i riferimenti ai fatti storici sono più che precisi, (così si legge e si impara pure qualcosa che non si sapeva, guarda te). Capace che entri così tanto nella storia che cerchi persino i protagonisti su facebook per vedere se esistano davvero! 
E alla fine?
Alla fine il solo rammarico è che non ne puoi ordinare subito un altro di nuovo. 
Insomma... Signori miei, questi libri s hanno da leggere! 
Su IBS li trovate anche a prezzi anti crisi, quindi niente scuse. Basta cliccare qui 


On Air: Sultans of Swing - Dire Straits & Eric Clapton 

venerdì 10 gennaio 2014

riepilogando...

beh, c è da dire che, molto spesso non sono le cose a cambiare. ma le nostre prospettive. 
non posso dire di essermi riposata in questi giorni di vacanza, anche perché il 22 ero già alle prese con una sinusite che ancor mi tiene compagnia, e a sentirmi parlare si spera in un esorcismo. 
alla fine poi sono partita, sono tornata nella mia Torino, carica di una gran voglia di farmi riabbracciare. e Torino mi ha accolta e coccolata come la zia che non vedi da tempo ma che non si stanca di viziarti. ho ritrovato tutti insieme i miei 4 pezzi di Anima. sono stati tre giorni di emozioni, di occhi, di mani, di abbracci. di "ma ci sei davvero? ti vedo davvero?". bei giorni. e sono tornata a casa senza quella nostalgia ansiosa che mi colpiva sempre, quel pensiero tipo "e adesso chissà quando ci tornerò...". e se è vero che lo zaino è rimasto ancora lì, composto vicino alla porta della camera una settimana perché non avevo voglia di "sfarlo", è altresì vero che dentro c avrei trovato la consapevolezza che lì ci torno presto. alla fine, ci torno quando voglio. 
oddio... agenzia delle entrate permettendo, visto che ha appena sgammato una lieve dimenticanza: due bolli auto che sono sfuggiti alla mia attenzione. e pazienza. c est la vie. 
ad ogni modo, nonostante il mio capodanno sia stato uguale identico all'anno scorso, il 2014 ha portato con sé aria di rinnovamento. ma non credo sia merito del cambio del calendario, piuttosto il superare una delle tappe, di un percorso iniziato a metà agosto. 
ma non anticipo nulla. ci sarà tempo e modo. 
nel frattempo, ben trovato. a chi non ha perso l'abitudine di passare di qui, nonostante il perdurare dei miei silenzi. 



In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...