mercoledì 26 marzo 2014

Senza Titolo...

Era ancora notte e il rumore del fuoribordo gli ricordò che ormai era sveglio. Il sapore del caffè ancora sul palato e i gesti, quasi rituali, spinsero il suo gozzo verso il largo. 
Le luci verde e rossa lo attendevano all’uscita della diga.
Erano quasi ferme: il mare si presentava calmo. Questo avrebbe reso tutto più facile. Almeno per stanotte.
Eleonora, così si chiamava l’imbarcazione, procedeva senza troppa fretta lungo il canale tra le briccole, tenendosi al centro.Il motore borbottava in modo ritmico, come una vecchia caffettiera, ma ancora andava. Era un gozzo ad un unico albero, in legno di teak di quasi sei metri: il nonno di Elia, Giovanni Battista detto “Il Tita” l’aveva varato nel 1895, costruito pezzo per pezzo con le sue mani e curato personalmente fino al momento di passarlo a suo figlio Alvise che aveva continuato la tradizione fino a cedere il testimone ad Elia, il primogenito.
Lui aveva dovuto sostituire diverse tavole e lavorare a lungo per riportarlo all’antico splendore, ma dopo mesi di darsena e lavoro certosino fatto rigorosamente in modo artigianale con l’aiuto di un vecchio amico mastro, c’era riuscito.
Tita ne sarebbe stato fiero, pensò Elia, accendendosi la sigaretta tenendo il palmo della mano davanti al viso per riparare la fiamma dall’aria.
Tita amava Eleonora Duse. Ecco il perché di quel nome.
Lo aveva sentito raccontare quella storia all’infinito durante la sua infanzia, e quando prendeva il largo con il suo gozzo, risentiva la voce roca di suo nonno ricominciare a raccontare.
Il Tita era uno dei gondolieri più conosciuto a Venezia. Amava l’opera e la cantava remando tra i canali della sua città mentre le coppie si stringevano più strette e si scambiavano baci sotto il ponte dei Sospiri. La sua voce scaldava l’aria anche d’inverno e non era raro che, chi restava a terra, si fermasse sui ponti per ascoltarlo mentre passava.
Visitare Venezia sulla sua gondola significava per i turisti vivere due sogni: lasciarsi incantare dalla sensualità di quella città d’acqua e sentirsi al centro di una di quelle storie che si possono vivere solo sul palco di un teatro di lusso.
E Tita, la Divina, l’amava davvero.
L’adorava come si adora una Dea scesa dall’Olimpo per illuminare con la sua grazia la vita spenta dalla quotidianità. L’amava per quel suo modo di vivere il palco, vivere il dramma come se fosse la sua vita stessa, dimenticando di essere un’attrice ma mai di essere una donna.
“Eh, io l ho incontrata la Divina. L’ho incontrata davvero. È salita sulla mia gondola una notte. La mia Dea mi ha fatto dono del suo sguardo e io sono un privilegiato, ho cantato per lei... non me lo dimenticherò mai…”.
Quando iniziava così, nonna Esterina guardava il cielo e sospirava scuotendo la testa, si inventava qualcosa da fare in cucina per non ascoltarlo di nuovo, forse gelosa e troppo orgogliosa per ammetterlo anche a se stessa. La gelosia è frivolezza, diceva, gli uomini son nati cacciatori e noi donne siam fatte per soffrire, ripeteva spesso tra sé e sé come i vespri della sera.
Elia bambino invece lo ascoltava incantato ogni volta, sperando sempre in qualche particolare in più, anche inventato, per raccontare ai suoi amici di suo nonno e dell’attrice famosa.  
“Sarà stato quasi mezzanotte, sai Elia, e stavo per decidermi a tornare a casa. Faceva un freddo becco, che il fiato fumava. Mi ero fermato in piazza a guardare la Basilica. È bella di notte sai, tutto il suo oro risplende sotto la luna e tu puoi vederla da una vita, ma a certe cose non ti abitui mai. Avevo appena finito di farmi una sigaretta… oh una sigaretta… quanto vorrei fumarmene ancora una…” e poi tossiva di quella tosse carica di catarro e lenta fine.
Riprendeva fiato e ricominciava: “dove ero rimasto? ah sì, la sigaretta… avevo del buon tabacco e me la stavo gustando proprio e ad un certo punto sento il rumore dei tacchi veloci sulla pietra, mi volto e vedo questa donna che quasi corre, con la testa bassa, stringendosi nella pelliccia con la borsa al petto. E dietro di lei un uomo.”
Tita socchiudeva gli occhi e prendeva fiato.
Seduto sulla poltrona con la coperta sulle gambe e la mano destra un po’ sollevata come se ancora tenesse la sigaretta accesa.

“Eleonora, Eleonora la prego si fermi”.
Eleonora si bloccò di colpo e si voltò verso il suo inseguitore. Le spalle si muovevano veloci su e giù, e lei ansimava un poco per lo sforzo.
“Sono io che prego lei Gabriele, mi lasci andare”
“Lo sa che non posso, non potrei mai perdonarmelo... lo sa anche lei, non è un caso… noi due qui… non è un caso.”
“No, la prego… no…”
Eleonora si voltò di nuovo e si guardò intorno, come cercasse un appiglio, qualcosa a cui aggrapparsi per non perdersi in quegli occhi che parevano saper scrutarle l’anima.
Tita era poco distante, osservava la scena indeciso se intervenire o farsi gli affari suoi. Lo raggiunse. “È in servizio? Può farmi salire?”
Fu un attimo e lui la riconobbe e non riuscì a risponderle. Restò a fissarla con la sigaretta che gli si consumava tra le dita.  
“Allora? Mi fa salire?”
Il giovane uomo  li raggiunse “Eleonora, ti prego”. 
Eleonora guardava Tita fisso negli occhi. Lui vide gli occhi di lei occhi riempirsi di lacrime e poi chiudersi lentamente lasciandole scivolare sul viso.
“Sì, certo che la faccio salire signora, prego… ma questo signore le dà fastidio?”
Gettò la sigaretta a terra.
Lei mosse solo la testa accennando un no, e si girò dandogli le spalle.
“Eleonora…”
“Solo per come pronuncia il mio nome, solo per il suono che la sua voce dona alla mia identità, io sento che potrei perdere la ragione. E lei è così giovane… e io non posso permettermi di…”
Il giovane le si avvicinò muovendosi lentamente, incurante della presenza del gondoliere e, accarezzandole il mento con un dito, le sollevò il viso di bambina e la baciò sulle labbra salate.
Un bacio così puro e passionale nello stesso tempo, che il fiato di Tita si fermò in gola.
Un istante così dilatato da sembrare eterno e tutta Venezia rimase silenziosamente immobile.
“Sarebbe così gentile da farci salire sulla sua gondola, signore?”
Fu il giovane a parlare, mentre la lei lo guardava ancora incredula e sorpresa. 
“Prego”.
Tita li aiutò a salire, quando Eleonora Duse si appoggiò alla sua mano tremava, e lui sentì un brivido così violento che se chiudeva gli occhi ancora poteva sentirlo distintamente.
Navigarono per i canali quieti, solo lo sciabordio del remo e la voce del gondoliere che cantava in un sussurro Una furtiva lagrima del Donizetti.

In uno di quei giorni, mentre si raccontava al suo nipotino, Tita abbandonò la sua vita così, sussurrando:
Di più non chiedo, non chiedo.
Sì, può morir! Sì, può morir d'amor.
Illudendosi di avere ancora quel remo tra le mani e sognando la Divina e colui che sarebbe diventato il Vate, finalmente abbracciati.

Elia prese il termos caldo e bevve un altro sorso di caffè.
Aveva gettato le reti il pomeriggio prima, lasciando una boa di polistirolo a segnalarle e ora tornava a prendere il pescato.
C’era da festeggiare in casa in casa Boscolo, si organizzava una gran cena: era nato il suo primo nipote.
Suo figlio e la nuora l’avevano chiamato Gian Battista.
Mentre già si immaginava la prima volta che l’avrebbe portato il piccolo in mare con l’Eleonora, raccontandogli quella storia che apparteneva alla sua famiglia da sempre, il primo raggio di sole fece capolino oltre l’orizzonte

martedì 25 marzo 2014

Do i numeri...



Il 2 mi ha fatto lo sgambetto e, inciampando, mi sono infilata con la testa proprio dentro una delle pance dell'8 che ora fa la ulaop intorno al mio collo.
E, invece di aiutarmi, il 9 mi prende in giro spacciandosi per il 6, ma dovrei capirlo che non è lui, il 5 non lo guarda nemmeno, lui che dal 6 non sposta mai lo sguardo. 
Il 7 si è inventato una marcia a ritmo di The Wall dei Pink Floyd, forse si crede un martello. 
L'1 cerca di seguirlo a tempo, ma si vede che è abituato a ballare da solo, mentre il 4 mantiene l'equilibrio come una ballerina, poggiando su una gamba sola. 
Grande assente il 3, ma lui è perfetto e qualcuno, ancora, si chiede se esista davvero.

giovedì 20 marzo 2014

have a break

avevo voglia di scrivere e invece è stata maggiore la gioia di leggere. 
questo post qui, di Bruno. 

mercoledì 12 marzo 2014

Non mi serve il calendario...

Ah ma allora è proprio vero!
L'aria frizzantina... 
le prime api che mettono le antenne fuori dal nido... 
Qualche rondine... 
I fiori sul davanzale della finestra... 
L'orchidea che sboccia... 
Brontolo che vuole licenziarmi...
La primavera è davvero alle porte!!! 

lunedì 10 marzo 2014

La mia Sorellina Torinese me lo dice sempre. Ho un carattere zen. 
Non so quanto sia totalmente vero, forse non mi ha mai vista inc**ta nera come una iena, forse mi vuole bene. O forse per lo meno in certi momenti mi esce una calma straordinaria che nemmeno io so. 
Però negli ultimi giorni non so dove si fosse nascosta, nella notte tra venerdì e sabato ho dovuto letteralmente tenere a bada un attacco di panico e stanotte ho sognato un tremendo terremoto. Segno che la mia "terra" si muove, ho bisogno di cambiamento. 
L'attacco di panico aveva un origine ben precisa, alla fine mi sono alzata dal letto con una riflessione molto semplice e una decisione non così semplice ma ormai presa e il cuore è tornato a battere secondo i suoi ritmi. Sto imparando a pormi sostanzialmente due domande, quando mi trovo davanti al bivio di una decisione complicata: chi me lo impedisce? o al contrario... chi me lo impone? non servono per tutte, ma per buona parte sì. Alla fine per lo più ad entrambe le risposte mi capita di dire "Io". Come se fossi io a crearmi il problema, a sentirmi legare e mancare l'aria e poi a voler voglia di liberarmi. Insomma... me la canto e me la rido. 
Ad ogni modo questo sole mi ha già fatto venire voglia di fare il cambio dell armadio. Ho camminato per le bancherelle del mercato nella Terra degli Hobbit ed era un tripudio di colori e tinte pastello e di leggerezza. Peccato che vige la regola del "niente acquisti all inizio della dieta". Non ha senso. Che da oggi si entra in fase "ok, sono gnocca ma se evito di ingozzare quantità anomale di marshmallow ogni crisi premestruale è meglio". E quindi vai di insalate, carne bianca e creckers di riso.  E tra le importanti novità da segnalare, c è  che oltre a dismettere i vecchi maglioni di lana, quest anno accantono anche il mio vestito da Candy Candy. Tutti hanno una sorta di secondo abito, quello del supereroe sotto la camicia... un po' come Clark Kant, che vorrei vederlo oggi che non c è una cabina telefonica a pagarla... io mi sono sempre portata addosso il vestitino della crocerossina, e l ho indossato indistintamente per chiunque avesse bisogno di una spalla. Ho deciso che per ora ho dato. Mi fermo qui. E non penso sia egoismo il mio. E' diventata sopravvivenza. Non puoi sfiancarti nel tentativo di aiutare chi, alla fine, non vuole essere aiutato. Meglio indirizzare i pensieri e il cuore a chi è davvero pronto ad accoglierli. 
E poi ho trovato questi semplici consigli del Dalai Lama, e ho proprio voglia di farli miei:

I DIECI LADRI DELLA TUA ENERGIA


 1- Lascia andare le persone che solo condividono lamentele, problemi, storie disastrose, paura e giudizio sugli altri. Se qualcuno cerca un cestino per buttare la sua immondizia, fa sì che non sia la tua mente.  



 2- Paga i tuoi debiti in tempo. Nel contempo fai pagare a chi ti deve o scegli di lasciarlo andare, se ormai non lo può fare.



 3- Mantieni le tue promesse. Se non l'hai fatto, domandati perché fai fatica. Hai sempre il diritto di cambiare opinione, scusarti, compensare, rinegoziare e offrire un'alternativa ad una promessa non mantenuta; ma non farlo diventare un'abitudine. Il modo più semplice di evitare di non fare una cosa che prometti di fare e dire NO subito. 



 4- Elimina nel possibile e delega i compiti che preferisci non fare e dedica il tuo tempo a fare quelli che ti piacciono. 



5- Permettiti di riposare quando ti serve e dati il permesso di agire se hai un'occasione buona. 



6- Butta, raccogli e organizza, niente ti prende più energia di uno spazio disordinato e pieno di cose del passato che ormai non ti servono più. 



7- Dà priorità alla tua salute, senza il macchinario del tuo corpo lavorando al massimo, non puoi fare molto. Fai delle pause. 



8- Affronta le situazioni tossiche che stai tollerando, da riscattare un amico o un famigliare, fino a tollerare azioni negative di un compagno o un gruppo; prendi l'azione necessaria.



 9- Accetta. Non per rassegnazione, ma niente ti fa perdere più energia di litigare con una situazione che non puoi cambiare.




 10-Perdona, lascia andare una situazione che è causa di dolore, puoi sempre scegliere di lasciare il dolore del ricordo. 

DALAI LAMA

mercoledì 5 marzo 2014

Ohibò

Sì ce n è di bisogno. 
Oggi sole e persino il vento gelido di ieri si è placato. Spero che Benjamin non si sia assiderato nella notte, i ciclamini invece stamattina dopo aver respirato l aria di montagna erano tutti allegri e protesi verso il cielo. 
Anche la terra degli Hobbit regala cielo terso e aria frizzantina. Oggi poca voglia di fare. Se non era per l'Altra S. ero ancora lì che dormivo, che Eric c ha provato con le sue 5 performance a svegliarmi stamattina, ma invano. 
E poi? E poi stamattina quattro chiacchiere confidenziali tra donne su fb.
C. "Ma tu e A. non state insieme? strano... avrei detto che... sì beh... insomma... c era una bella energia tra voi... ti guardava... ti guardava in un modo..."
Io "beh... no... è che gli si era spostata una lente... " 
Siamo a mercoledì e io già penso al w.e. ci sarà bello o brutto tempo... spostare qualche altro mobile di casa o fare un giro con la Berta? Non riesco a stare ferma ad oggi. Non del tutto. Ad esempio, già mi pregusto la serata cinema con La Gnocca. Film leggero, di quelli che promette di far ridere, senza la pretesa di essere intellettualmente stimolante. Insomma, non sarà sicuramente il prossimo premio oscar, ma per una serata con un Amica va più che bene. 
E poi...
E poi... boh.
Ho voglia di ridere.

martedì 4 marzo 2014

Forza Ale!

Capisco il perché di quel detto "fulmine a ciel sereno". Perché ci sono cose che, spezzano lo scorrere normale e forse scontato dei minuti nella tua giornata, e ti lasciano semplicemente attonita. 
Come il prendere in mano il telefono, rispondere con la solita voce squillante chiedendo di Ale e sentirsi rispondere che Ale è a casa, in malattia. 
Per colpa di quella malattia. Quella che non vogliamo nemmeno chiamarla per nome perché anche solo il nome ci fa venire la pelle d'oca. E Ale è giovane e bellissima. Ha 28 anni e una piccola lei in miniatura di 2 anni. Non è che siamo proprio amiche. Ci conosciamo. Però s è creata quella simpatia che nasce a condividere i momenti importanti, lei c è stata quando ho cambiato casa. Quando non sapevo come e dove e lei mi ha aiutata. Ecco. E oggi se Villa Merlina è così bella è pure per merito suo. 
Mi sono spenta. Spento l entusiasmo, spenta la voce squillante. Mi sono letteralmente spenta. Fino a domenica, quando sono riuscita finalmente a parlarle e non so se sono stata più io a far coraggio a lei, o lei a fare coraggio a me. Perché Ale è una leonessa che combatte. Si sente che è provata, ma non molla. 
E di nuovo pensi, pensi che spesso ci si perde a dietro tante sciocchezze. Perdiamo mille occasioni per paure spesso sciocche o infondate. Lasciamo scorrere i giorni, tanto ce ne saranno altri. Abbiamo mille desideri e poi alla fine chissà su quanti ci concentriamo davvero. Ci si penserà domani. Vorrei davvero imparare a pensarci oggi. 
Questo fulmine m ha colpita. Da parte a parte. Ma ho pensato che non mi tiro indietro. Non c ero quando gliel'hanno detto. Ma adesso ci sono e, nel mio piccolo, per quel poco che posso non la voglio lasciare sola. Anche se sola davvero non è. Ma come le ho scritto stamattina, le coccole non sono mai abbastanza.

lunedì 3 marzo 2014

Dalle stelle alle...



 Dall'Oroscopo secondo Paolo Fox: 
TORO - AMORE
l'incertezza in amore è una costante, i tuoi amori un po' tormentati non tanto per sfortuna, quanto perché scegli sempre persone particolari; la persona che ti attrae è incomprensibile, lontana... 

no vabbè... se ci si mettono pure le stelle... allora... 


In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...