La mia famiglia, negli ultimi 33 anni, non è certo quel che si dice "tradizionale". È composta da mia madre, mio fratello, io e lo spirito di papà. Certo, non è come in quei film che si vedono spesso sotto Natale facendomi venire pure un filo di gastrite, dove il genitore venuto a mancare si palesa e risolve tutti quei nodi lasciati in sospeso a causa della sua dipartita. È più una presenza costante che avverti nei valori, nella costante idea di fare ciò che è giusto, non più facile, giusto. Nell'educazione e nel rispetto del prossimo. Nell'immaginare la sua espressione sconsolata ogni volta che ne combino una delle mie, o di rassegnazione quando inizio a disegnare l'ennesimo tatuaggio.
Famiglia per me è mia cognata, e i miei nipotoni. Perché quanto ti si sposa il fratellone acquisisci una sorella, e poi non avendo figli miei, bontà loro, i miei nipoti si dovranno accollare il peso della zia tatuata e scassamaroni quando avrò bisogno del bicchiere per la dentiera.
Famiglia sono le due gatte che ho accompagnato da quando mi stavano in una mano fino al ponte. I miei bimbi sono i tre teppisti che da un anno e mezzo rendono la mia vita casalinga un delirio di disastri e coccole, ma hanno quel modo di guardarmi come se fossi la mamma più bella del mondo. Anche quando mi sveglio al mattino più arruffata e stropicciata che mai, o ritorno a casa divelta con nessuna voglia di parlare, e vedo nel divano il mio solo consolatore.
L'Ing. è la mia famiglia. Lui che da 8 anni mi sopporta e supporta, il solo capace di farmi parlare senza abbaiare prima del caffelatte. Ci sentiamo una media di tre volte al giorno e abbiamo sempre qualcosa da raccontarci, fosse anche una scemata. Non ricordo però una decisione importante che non sia stata discussa con lui. Il titolo del libro, per dirne una, la più ludica.
Famiglia per me sono i pezzi di cuore che ho disseminati in distanze variabili.
L'amico che sta dall'altra parte del mondo, a cui spedire il té all'arancia e cannella nei tempi più freddi. Le amiche che mi riempiono cuore e telefono. Chi mi consola, chi mi trascina a forza fuori di casa, chi mi striglia quando ne ho bisogno, chi corregge i miei refusi e mi incita a non mollare; chi ho ritrovato da poco e ha una vita sfuggente, e l'amico che sta lottando con un drago gigante e, seppur ferito, non ha il tempo di sanguinare ma non cede di un passo.
Perché per me famiglia significa abbraccio, sostegno, strilli che anticipano solo la pace. Famiglia è chi gioisce per te e i tuoi traguardi, chi non smette di incoraggiarti, chi ti dice "non sono d'accordo ma se ci credi veramente allora hai il mio sostegno". Famiglia è chi non ti lascia solo anche quando sei tu a chiederlo, è accettare il paletto che ti viene posto, è chi se ne frega delle definizioni imposte, dei chilometri di distanza, dell'orario più giusto per telefonare, dei precocetti, delle impalcature che reggono le apparenze e presunte tradizioni.
Famiglia è chi è capace di stringersi anche senza toccarsi.