mercoledì 21 ottobre 2015

L'odore della morte


"Ogni delitto ha un odore diverso. L'avete mai sentito l'odore della morte?" lo chiedeva un Capitano dei Carabinieri, qualche giorno fa ad un convegno.
Voi l'avete mai sentito? 
Oggi si "facebuchizza" molto sulla notizia del 65enne di Milano che ha fatto fuoco contro il ladro entrato in casa, uccidendolo. 
Sentito dagli inquirenti, lo stesso uomo continua a ripetere "non volevo che morisse".
E non stento a crederlo. Dopo l'ennesimo furto subito avrà pensato che la pistola fosse l'unico modo di difendersi. Forse non ha nemmeno mai pensato di usarla davvero, probabilmente il suo intento era solo quello di spaventare.
Giusto o sbagliato lo deciderà la magistratura, io non ho la competenza per farlo. 
Quello che mi colpisce è questo fiorire come funghi di potenziali "assassini": "ha fatto bene, l avrei ammazzato pure io". 
Io non lo so.
Mi schifa pure ad ammazzare una cavalletta, perché quel cric crok sonoro mi fa senso. 
Ammazzare una persona non è facile. Nemmeno per chi è addestrato a farlo. Non è come portare le camicie in tintoria "ah lì costa meno? allora ce le porto anch'io". Non è come nei film. Pensiamoci. 
Quell'uomo ha ancora il colpo di pistola che gli fischia nelle orecchie, l'odore della polvere da sparo, e quello del sangue versato, l'odore della morte nella sua casa.
Non basterà una doccia per levarglielo di dosso. Sarà costretto a rivedere quella scena in loop nella testa un numero infinito di volte e a chiedersi, ogni singola volta, se avrebbe potuto agire diversamente. 
A parte tutta la strumentalizzazione politica della notizia che ne sta uscendo, io credo che un segno di rispetto verso quest'uomo che ha agito pensando di difendere la sua famiglia, e ora dovrà convivere con la propria coscienza, sarebbe quello di fare silenzio.

venerdì 16 ottobre 2015

Di satelliti e di orbite

Ci mi conosce lo sa. 
Il mio manuale della perfetta seduttrice si è suicidato nel 1992 gettandosi nel microonde e attivando la funzione crisp. 
Passo da picchi di autostimayea da far invidia alle Tre Cime di Lavaredo, a momenti Calimero, degni della Fossa delle Marianne. Ma visto che non è mai troppo tardi per imparare, sto imparando. Poco per volta, ogni giorno aggiungo un tassello, e ad essere sincera non faccio tutto da sola, ho la fortuna di avere chi armato di santa pazienza, si mette lì e mi sbroglia la matassa informe di pensieri. 
In questi giorni che, alle prese con un viaggio imminente, mi tormentavo con il classico dilemma che affligge ogni donna (single soprattutto): "come mi vesto?", ho capito che alla fine la prima persona che volevo soddisfare era me stessa. Non stavo proiettando, come spesso accade, la mia immagine sui pensieri altrui, bensì armeggiavo con la mia immagine, quella che io ho di me, e non mi soddisfaceva. E ho scoperto che molto spesso (quasi sempre), il problema consiste in questo ragionamento "ma sì dai, prendo questa cosa che è pratica e comoda, mi va bene per casa e per l'ufficio e bon" senza considerare che la vita è pure qualcosa di alternativo a "casa ufficio e bon". Che quando ti bussano alla porta delle possibilità ci si ritrova completamente impreparate. Solo pigrizia? Solo comodità? In realtà no. 
E' disillusione. 
Hai collezionato così tante fregature che ormai nemmeno ti scomponi più. Una vocetta ti sibila di sottofondo "ma perché metterci così tanto impegno? tanto finirà come le altre volte, con un niente di fatto, e tu ti sentirai di nuovo ancora più cretina dell'ultima volta, per averci creduto ancora. Lascia fare a chi ne sa, e parcheggiati sul divano che almeno da lì non si cade". 
Mentalità del satellite: esisto solo nel momento in cui tu, pianeta, ti accorgi del mio svolazzarti intorno e faccio di tutto per farmi notare. E se nel mio turbinare ti capita di girarti dall'altra parte la tua gravità non mi sostiene più. 
La soluzione è solo una. Diventare a mia volta un pianeta, con una gravità che mi permetta di muovermi e sostenermi indipendentemente dallo sguardo altrui. Cosa che per l'80% del mio vivere c è già. Entra in crisi solo quando si mette in discussione quel nucleo nascosto che è il cuore... 


mercoledì 14 ottobre 2015

Quando l universo sceglie per te...

Un mio post di facebook mi ricorda che un anno fa ho conosciuto una persona. 
Un tecnico della vodafone simpatico, a cui piaceva molto leggere e con uno spiccato senso dell umorismo e dell'ironia. 
Viveva un periodo particolare per questioni familiari e in un certo senso siamo diventati "amici". 
Poi, come spesso accade, il karma del rapporto pare si esaurisca, forse ha risolto gran parte dei suoi problemi (glielo auguro) ed è sparito. 
L'ultima volta che l'ho sentito è perché l ho chiamato io la sensazione che mi era rimasta è di qualcosa di finito. Un po' quando si deve intrattenere qualcuno con cui non si ha confidenza e si finisce a parlare delle previsioni del tempo. "Ti richiamo io presto, magari passo per un caffè alla prima occasione" mi aveva detto. E morta lì. 
Paolo Fox mi dice spesso che noi del toro, ci mettiamo molto tempo a chiudere un rapporto, in modo definitivo. La classica pietra sopra ce la devono togliere a forza dalle mani. Ma che poi, una volta decisi siamo risoluti. Complice face, a ricordarmi quest'incontro, azzardo a ricomporre il suo numero di telefono. Risulta staccato. Riprovo. Uguale. 
Penso abbia disattivato il numero, magari ha cambiato lavoro... Cancello il numero dalla rubrica. Doveva andare così. 
Poco più tardi i colleghi cominciano a chiamarmi sul cellulare, che la linea fissa dell ufficio non funziona. Prima di chiamare il gestore faccio delle prove, ed effettivamente tutti i cellulari che chiamo risultano "staccati". 
Solo una coincidenza? 
Mah... 

martedì 13 ottobre 2015

Il cassetto della cucina...

Quando ero piccola i mobili della cucina erano in ferro. E il tavolo era di formica verde, con un cassetto centrale e le sedie della stessa fattura. Nonostante i tappini di gomma facevano sempre rumore a spostarle e d estate sudavi anche l'anima. 
Nel cassetto centrare c'era il porta posate e si riponeva la tovaglia di cotone. 
Quel tavolo non era solo il punto di incontro durante pranzo e cena, era la scrivania dove si facevano i compiti (che il tavolo della sala è in leggo e si striscia), era asse da stiro e confessionale di casa. 
I mobili della cucina erano in ferro. L'apertura di uno sportello era udibile in tutto l appartamento e generalmente, il barattolo di Nutella stava nello stipetto con i più alti decibel di casino. E c'erano i cassetti. Il tipico cassetto della cucina. Oggi è un concetto vintage, oggi i cassetti delle cucine sono organizzati direttamente dall'ikea, in modo a dir poco professionale. Ma mi ricordo (e qui inizio pur io a parlare come zia Fedora) che il cassetto della cucina era considerato alla stregua della soffitta dei film di Spielberg. Ci trovavi dentro di tutto: dalle presine fatte all'uncinetto di vari colori, anche un filo bruciacchiate ai margini, i mozziconi di candele bianche nel caso fosse andata via la luce, mezzo pacchetto di zigulì dimenticate lì dalla notte dei tempi, i cerini (se ci giochi ti spezzo le dita con metodo Montessori) le sorprese del Mulino Bianco sequestrate a seguito marachella. Il cassetto della cucina non aveva nulla da invidiare all'armadio che conduce a Narnia. 
Tra le sorprese del Mulino c erano anche le gomme, quelle da collezione. Avevano un profumo "gommoso" e si potevano usare per qualsiasi cosa, dalla munizione per la cerbottana, a mezzo di baratto, e finta macchinina. Tutto ad eccezione di cancellare. Lasciavano sempre segni opachi e unti sui fogli, e se ad esempio su usava il tegolino, il marrone del cioccolato artificiale produceva disastri. E dovevi strappare la pagina, e ricominciare da capo.
Eppure la funzione della gomma dovrebbe essere proprio quella: cancellare alla perfezione un errore, senza lasciare segni, evitando di creare strappi, o buchi su quel supporto delicato che poi ti tocca strappare, e ricominciare da capo su una nuova. 
Quello che sfuggiva ai tempi, beata innocenza, è che nei rapporti funziona allo stesso modo. Commettere un errore fa parte della vita, e rimediare si può, se lo si vuole davvero. Ma si devono scegliere gli strumenti giusti. O finisce per logorare la pagina, a lasciare segni indelebili. E a quel punto lo strappo sembra l'unica soluzione possibile. 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...