martedì 11 febbraio 2020

Ma io boh...

Vì mi scrive e mi chiede come sto. 
Ah bella domanda. Dentro ad un frullatore. 
Ecco come sto. 
Uno di quei periodi in cui ti trovi a guardarti dentro e provi a mettere ordine in quel casino assoluto che è l'armadio della tua vita. 
Il posto dove prendi e appendi i ricordi, ad esempio quelli da cui è impossibile separarti. E sono lì, ben sistemati in una scatola con un bel coperchio, i sacchettini profumati e un posticino privilegiato.

Poi ci sono le situazioni che ti stanno strette. Che però non butti perché non si sa mai: metti che dimagrisco un po' e se le recupero magari riesco pure a respirarci dentro. Mah. Con i jeans non mi è mai successo.

La scarpe scomode... quelle sono un capitolo a parte. Perché se sono scomode ti fanno male, non ci sono santi né madonne. Il piede quello è.
Non puoi accorciarlo, dimagrire, fare finta di nulla. Ci sono cose che o ti calzano a pennello o fanno solo danni.

Ci sono le cose nuove che sono ancora lì stirate e in bella mostra, pronte all'uso e sono cariche di speranze e ottimismo e ancora aspettativa. Chissà se poi le userai mai. Ma intanto sono lì. Le guardi e le accarezzi, è già rassicurante così. È pure divertente fantasticarci sopra, per un po'.

Il difficile arriva quando ti infili in quell'anta dove non guardi da tempo, e dentro ci trovi cose sepolte lì da non ricordi nemmeno quando, e nel momento in cui ci metti il naso sembra che aspettasero solo te, per esploderti in faccia.
E non puoi ficcarle tutte in un sacco nero e fare finta di nulla. Le devi prendere una ad una, controllare di cosa si tratti e decidere che farne. Che può essere l'accantonarlo definitivamente oppure pensare di recuperarlo magari aggiustando qui e tagliando là. 
Qualcosa di utile potrebbe uscirne.

È un bel lavoro, sicuramente.
Quando avrai messo tutto in ordine ti guarderai intorno soddisfatta e compiaciuta. E magari ti renderai conto di aver avanzato ancora tanto spazio, rimasto libero di cui puoi disporre come vuoi. 
Però nel frattempo, è un delirio. 
Una mezza catastrofe. 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...