martedì 24 maggio 2016

keep and calm...

Ritorno dopo appena qualche giorno, ed ho un decennio nuovo di zecca tra le mani. 
Mica da tutti i giorni. 
Tutti mi chiedono come mi sento, se sono tranquilla... spesso non attendono nemmeno risposta e mi rifilano un "massì dai, tanto è solo un numero" a quel punto butto l occhio ad uno specchio e mi chiedo se la lenta decadenza sia già cominciata e ancora non me ne sia accorta. In realtà sto bene. Gli acciacchi non sono aumentati di numero, della pasta per la dentiera posso fare ancora a meno, e tutto sommato la mia vita non è cambiata molto. O  meglio, continua nell'evoluzione iniziata un po' di tempo fa. A 36, 37 anni mi sentivo un pesce fuor d'acqua. Come se vedessi questo pericolo imminente di trovarmi a 40 anni, zitella, e senza prospettive. In realtà già affacciandomi ai 39 avevo fatto del "chissenefrega" il mio mantra pressoché quotidiano.  E su quel sentiero avanzo. E cammino leggera. Complice un taglio vertiginoso ai capelli, e all'idea che mi sono stancata di accompagnarmi a persone che non mi fanno sentire bene. Non vedo perché dovrei continuare a pagare un dazio come un debito di riconoscenza a persone a cui, tutto sommato,  non devo nulla. Posso dire che il mantra n.2 di questo nuovo decennio sia "prima io". Che il resto del mondo ha avuto 40 anni di tempo per scavalcarmi, spesso in malo modo. Non ho più voglia di prestare tempo e attenzione a cose che non mi interessano, a persone per cui non ho nessun interesse. Nei mesi dopo l incidente, vivevo molto sul carpe diem. Quando ti senti una miracolata, ti sembra che ogni giorno sia una nuova occasione. Ti meravigli davanti alle cose più semplici e respiri la vita con un altro ritmo. Poi questa cosa cambia. Certo, è quasi normale perché non puoi sopportare una tale tensione a lungo. Il punto è che poi ci si siede nuovamente nell'abitudine e del procrastinare a domani. Ecco, se c è qualcosa che mi piacerebbe cambiare è il recuperare quell'energia e voglia di "darmi da fare" con rinnovato stimolo. Avrei voglia di innamorarmi. Di quelle attenzioni inattese che ti fanno sorridere da sola in mezzo alla gente come un ebete. Di sentirmi davvero importante per qualcuno che non ne facesse mistero, e me lo dimostrasse senza troppi giri di parole. Avrei voglia di sentirmi dire "ti porto via questo fine settimana, andiamo...". Avrei voglia di coccole, di un peluche formato gigante, di un braccio intorno alle spalle o una carezza mentre dormo. Cose così. Ecco, queste mi piacerebbero. 
Di chi invece ha tanto da sparlare, posso fare pure a meno.  

martedì 17 maggio 2016

Caos & Disordine...

Ci sono cose che non ti spieghi. Non è che decidi di non spiegartele, è che proprio non ci riesci. Ci provi pure. Ti metti lì a tavolino ad analizzare tesi e antitesi, si fanno calcoli e preventivi. E non ci si arriva mai. Come quando facevo le equazioni di matematica, minimo tre volte, tre risultati diversi e sempre sbagliate. Ci deve essere sempre qualcosa che mi sfugge. E continua a sfuggirmi, magari trova una parentesi quadra aperta e via, l'incognita scappa fuori. E chi la piglia più quella. Corre. Sicuramente più di me.
Parentesi aperte e cuore soggetto a spifferi. L'aria entra ed esce e fa un po' quel che vuole, e lui, il cuore, se la ride. Uh hai voglia che se la ride. Pare che i riccioli d'aria gli facciano il solletico. E più ci penso, più la testa si incazza. Arriva giù tipo la sig.ra Rottermaier, inizia con chiudere parentesi tonde, quadrate e pure le graffe, così eleganti diciamocelo. Sbatte di qui e di lì e poi si ferma con i pugni chiusi sui fianchi e guarda quel monello che mica a smesso di ridere. Ci prova pure eh, signor giudice, glielo garantisco. Ma niente, gli è partito quella sorta di attacco... come si dice in italiano? in veneto diciamo "si è imborensà" è lì che ci prova, fa una faccia seria e... niente... scoppia a ridere di nuovo. Succede ogni volta. Alle volte basta con niente. Un apparizione speciale tra i commenti di facebook, o quel semplice pollice su, che ti fa pensare di non aver scritto proprio una cazzata... Una mezza parola buttata lì, a caso.... che poi forse a caso non è mai... ma a noi ci piacciono tanto le parole a caso, quelle dette per dire, che alle volte ci crediamo pure un po'. Basta sentire la voce dell'amica stacanovista che ti usa per fare una pausa, la gatta che salta sul letto e ti piglia a zampate il naso, la sveglia che non suona ma qualcuno che ti chiama, o una sera a commentare un film, su due divani a distanza, "come ai vecchi tempi". Che vecchi non sono mai, e ha voglia la Rottermaier a sbraitare che così non s ha da fare, non va bene è sbagliato e via discorrendo, che c ha ragione e lo so che ha ragione! Però non posso nemmeno mentirmi e non ammettere che ci sia una parte di me che sta lì e se la ride. E insomma, gli anni passano, ma visionaria e casinista lo resto comunque. 

giovedì 5 maggio 2016

Di Morghi, di sensi di colpa, di code e sorrisi...

Qualcuno un giorno ha detto che il dolore si muove a onde.
Ci sono momenti in cui ti coglie, così a tradimento. Colpisce alle spalle. Specie la sera, quando si è più stanchi, le difese abbassate. Quando il buio diventa sinonimo di ansia e paura.
Quando ti scopri a ridere. E poi ti senti in colpa perché non vorresti pensare di aver dimenticato troppo in fretta. Ma non hai dimenticato. Semplicemente hai ancora vita intorno, e quando la Melli ti schiaffa la coda in faccia mentre cerchi di fotografarla, non riesci a scoppiare a ridere come una scema.
Il dolore ha un metro di misura? è una bilancia che pesa l'amore investito? O forse anche smettere di soffrire, e lasciare andare è un modo di amare? si lascia andare il dolore, si trattengono nel cuore i bei ricordi, quelli che fanno sorridere con nostalgia. Non ci si preoccupa di far scorrere le lacrime, quando vengono. Ma forse colpevolizzarsi perché si guarda avanti è sbagliato. Ho un bruttissimo livido al ginocchio gigio. Uno scontro semi frontale con il carrello della spesa pilotato da mamma. La botta cambia colore ogni giorno, e finirà per sparire. Il dolore dell'anima credo funzioni nello stesso modo. Cambia colore un po' ogni giorno. Non significa che faccia meno male, non significa dimenticare. Significa, forse, imparare a convivere con un cambiamento. Forse dovrei semplicemente smettere di richiamare alla mente i momenti in cui l'accarezzavo per l'ultima volta, e riprendermi e tenermi stretti tutti in momenti in cui l'accarezzavo fino a farmi mordere per gioco. Forse è questo il vero passo avanti. Svestire i panni del lutto, smettere di dirsi che si sarebbe potuto fare diversamente, perché se fosse vero, lo si sarebbe fatto, e credere che l'aver agito di pancia sia stata la scelta migliore perché quella dettata dall'istinto. Accarezzare foto e sorrisi, lasciarsi cullare dalla malinconia quando si penserà ancora di vederla dormire nel letto e lì non ci sarà. Ma continuare a vivere, ridere e sorridere. Perché se è vero che i gatti hanno nove vite, allora vuol dire che Morgana ha solo cambiato dimensione, ma si sta godendo altrove, la sua seconda. Praticamente, è ancora una pupetta...

martedì 3 maggio 2016

Morgana

E' arrivata una sera di fine maggio. E non ha avuto certo una grande accoglienza. Il buzzurro che ospitava sua madre voleva prendere lei e il fratellino, metterli in un sacchetto e annegarli nel canale vicino. 
"Tu prova solo a pensarlo, e io ti faccio trovare i Carabinieri fuori di casa. Tu li fai svezzare e poi me li dai". 
Sotto la minaccia dell'incursione dell'Arma, i due cuccioli sono stati svezzati. Il maschietto è stato poi adottato, lei invece è arrivata da me. L'idea era di trovarle una famiglia, ma a luglio ti senti rispondere cose tipo "io lo voglio cucciolo, ma a settembre quando torno dal mare". Così quello che doveva essere uno stallo è diventato "casa" e Morgana è rimasta con noi quasi 12 anni. Lo scricciolino che si addormentò in braccio a mia mamma troppe estati fa, era diventato una gattona di 10 kg e un caratterino tutto pepe. Pigrotta e furba, vantava origini norvegesi, ma lo faceva con molta umiltà. Occhioni verdi e vispi, adoravo pastrafugnarle le orecchie, fino a quando un virus non c ha costretto ad operargliene una. La prima notte passata fuori casa, quando l'ho dovuta lasciare dal veterinario per l'intervento. La seconda notte ieri. Quando l'ho avvolta in un asciugamano e l'ho portata in quel posto dove... e non mi riesce di scriverlo. 
Ho sempre cercato di proteggerla, prendermi cura di lei, da quel maggio prima ancora di sapere come fosse il suo musino, fino a ieri, che ho dovuto portarla in quel posto, che continuavo a stropicciarle le orecchie, quasi mi aspettassi si svegliasse e mi dicesse in malo modo di lasciarla in pace. Ma non s è svegliata.
Ed è stata una doccia fredda, terribile ed inaspettata. Pacifica come sempre se ne va a dormire, e non si sveglia più. Ha deciso tutto da sola, con la tipica indole indipendente felina. E ancora mi viene voglia di prendere a morsi quel nasino rosa, e le zampotte fonfe. 
Stamattina ho focalizzato un immagine, lei e Papà seduti su una nuvola lassù da qualche parte, con Papà che legge il giornale e intanto le fa due grattini sulla testa. E lei ricomincia a ronfare. Ed è la sola immagine capace di farmi smettere di piangere. 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...