venerdì 19 dicembre 2014

Be Happy

Ci siamo. 
Questo probabilmente è l'ultimo momento utile per fermarmi qui, tra queste pagine forse un po' trascurate e silenziose. 
Che poi non ci sarà la connessione, e di postare con il cellulare non me lo sogno nemmeno se ceno con impepata di cozze.
Ritornano i giorni di Natale, giorni che amo e odio nello stesso tempo. Giorni che ogni anno aspetto e poi non vedo l'ora finiscano quanto prima. E ogni volta quando rientro in ufficio poi è quasi un sollievo. L'anno scorso ho fatto sparire l'albero il 27 dicembre. 
Quest'anno ne ho fatto uno così minimal ma che mi rispecchia tantissimo. Nero e argento. Che poi lo so ci sarà il tempo di pensare a chiudere anche l'anno chiamando a raccolta i pensieri a far bilanci. Cosa mi ha dato cosa mi ha tolto. 
Nonostante un po' di anticipo sulla tabella di marcia, potrei già dire che mi darà la voglia di comprare l'ennesimo quaderno dove annotare i miei pensieri scellerati. Mi ha dato di incontrare persone che hanno ispirato post tipo "sex and the city" nel senso di appuntamenti disastrosi da rileggersi in chiave ironica e benedicendo le Amiche, quelle che non ti abbandonano mai, nemmeno davanti agli appuntamenti catastrofici e ti salvano ridendoci su.
Mi ha dato un sogno, che sì, è durato poco ma che valeva la pena di vivere. 
Mi ha dato conferme. Solide. Di rapporti che crescono e maturano con il tempo e superano momenti che non diresti mai e invece. E invece sono Certezze. Le sole. Le Uniche. 
Mi ha regalato la forza di volontà per uscire dalla pigrizia e iniziare a camminare sul serio. Prendere i miei progetti sul serio. Mi ha tolto 9 Kg e un paio di taglie. Ma mi ha ridato la voglia di fare shopping! mi dato una nuova visione di me a cui ancora non mi sono abituata, e mi ha tolto una notevole quantità di paranoie... ad esempio che data la veneranda età alla quale mi avvicino, lenta e inesorabile, non sono più tenuta a render conto a persona alcuna del mio operato, se non a me stessa. 
Insomma. In linea di massima direi che l'anno è stato positivo, c è ancora qualche giorno magico da vivere prima che appartenga ai ricordi e venga chiuso in un cassetto, e me li vivrò al meglio, ne sono certa.
In attesa del 2015 che solo per il fatto di essere dispari e finire con il mio numero preferito, mi fa ben sperare. 
E allora buone feste, ai lettori più affezionati che di tanto in tanto passano ancora di qui. 
Ai viandanti di passaggio. 
Namasté. 

mercoledì 17 dicembre 2014

Vivendo adesso

Amami ora come mai
tanto non lo dirai
è un segreto tra di noi
tu ed io soltanto 
e il fuoco e le fiamme a dire che 
stiamo solo facendo sesso...

Che poi lo so come andrà a finire. 
Dovrò strapparti dalla mia pelle, e non basteranno dieci docce calde per togliermi il tuo profumo di dosso, il tuo sapore dalle labbra. 
Entrerò nella mia stanza cercandoti tra le pieghe del piumone, infilerò la faccia in mezzo al cuscino cercando tracce di te, di quello che siamo. 
E il fuoco e le fiamme. Quelle indomabili, che bruciano tutto quanto venga in contatto con esse, le parole, i silenzi, i pensieri. Le domande di ciò che sarà dopo, domani, che ne sarà? Perché ci sarà domani e ci sveglieremo troppo distanti per toccarci, troppo soli per parlarci, troppo uniti per fare finta di nulla. A fingere di sorridere, a fingere che nulla sia cambiato. Vestiti delle nostre vite, la tua, la mia, la mia che non ti appartiene,  tu che non sei mio. Altri occhi, altri sorrisi, altre mani. Non le nostre che si cercano si intrecciano si appartengono. Parlano per noi, quando gli occhi sono troppo, le labbra sono troppo, e tutto ci sfugge in una vertigine che ci fa aggrappare l'una all'altro. 
E mi chiedo perché dovrei. Perché dovrei vivere tutto questo, compreso lo spezzarmi perché lo so come sarà, finirò per spezzarmi, perché ci sarà quel momento in cui le tue mani dovrò lasciarle andare. E imparare, di nuovo, a fare a meno di te. Del tuo respiro (la mia aria), la tua pelle (il mio scudo che mi protegge davanti al mondo), i tuoi occhi (la sola luce che riconosco, oggi). 
Fare a meno di te. Sorridendo. Come se fosse stato un sogno, una vaghezza immaginata così, guardando fuori dal finestrino di un treno in corsa, lasciandosi rapire dalle note di una canzone. 
Fare a meno di te. Delle braccia dove posso nascondermi, delle spalle capaci di sostenermi, anche quando rido da non tenermi. Fare a meno dei tuoi occhi, in cui sento di brillare come mai prima d'ora. 
Sì. lo so come andrà a finire. Chiuderò gli occhi davanti alla porta socchiusa mentre scenderai le scale. Ma fino ad allora, scuoto la testa, e i ricci, e lascio che i pensieri se ne vadano come i brutti sogni del mattino. Riapro gli occhi su ora. Adesso. In questo preciso istante, Tu, dall'altra parte della strada, che mi sorridi. 


lunedì 15 dicembre 2014

Un raggio di sole in una tazza di caffé

A pensarci nemmeno si ricordava quando l'aveva capito. Se fosse stato al primo incontro... no, forse in quell'occasione no. Anche se... 
Anche se a pensarci bene c'era stato qualcosa. Qualcosa nello sguardo che gli aveva fatto pensare che... Ma era un pensiero veloce, del resto andiamo, siamo seri. A chi verrebbe in mente? Eppure se vogliamo un minimo di interesse da parte sua, lui l'aveva percepito. Che fosse nel sorriso, nello sguardo. Uno di quegli sguardi che ti si piantano direttamente nel centro delle pupille e non ti mollano più. Che mentre sei lì che parli ti senti al centro dell'attenzione che nemmeno Obama davanti al Congresso. Con quel chinare la testa un po' verso sinistra, che par ti ascolti meglio.
E adesso? Adesso lei dormiva con la testa sulla sua spalla. Il suo fiato leggero sul collo e il braccio abbandonato sul suo petto. 
Lui le accarezzava la mano, le dita sottili e quel disegno delle unghie che gli piaceva tanto, che lei si vedeva non le mordeva. 
I capelli sciolti, quelli impossibili da tenere, quelli che gli si attorcigliavano intorno alla barba e si impigliavano nei bottoni della camicia. Quelli che scherzando li aveva definiti "peggio dei serpenti di medusa",  quelli che le contornavano il viso sereno che non riusciva a smettere di guardare. 
E temeva di svegliarla, temeva di interromperle un sogno colorato. Restava fermo ad ascoltare il ritmo del suo respiro e del suo cuore, quello che aveva sentito galoppare contro il suo poco prima, quello dove si era perso e ritrovato. Quello che, in qualche modo, sapeva di tenere tra le dita. 
Il gatto saltò sul letto in cerca di attenzioni, lei si mosse piano e riaprì i suoi occhi su di lui. "Ma che fai, mi lasci addormentare? non devi... dai... ce lo facciamo un caffè?" 
E gli regalò uno di quelli sguardi, uno di quelli che gli accarezza gli occhi, scivola sulle labbra per poi rituffarsi nel suo sguardo. Uno di quegli sguardi che non puoi fingere e che non hanno bisogno di inutili parole. 

mercoledì 10 dicembre 2014

cala il sipario

Punto e a capo. 
Si arriva alla fine di un quaderno, di un blocco. Si strappa l'ultima pagina o si pone un punto. 
E si chiude. 
E non è facile. Non lo è per nessuno. 
E fin qui, il falò delle banalità. Vorrei però sfatare un mito più o meno metropolitano: chi ama meno è meno fragile, diceva il Liga. Ma non è vero. 
Ho lasciato, sono stata lasciata. Il dolore è dolore. Punto. A meno che non vi siate messi con uno/a stronzo/a, sappiate che chi vi sta davanti e vi guarda andare in pezzi, non fa la ola appena voi girate l'angolo. Anzi. 
Essere chi decide di chiudere non è semplice prima di tutto davanti a se stessi. Perché significa essersi accorti di qualcosa che non funziona prima che se ne sia accorto l'altro. Significa averci ragionato, anche quando per l'altra persona andava tutto bene. Significa aver provato a mandare segnali. Anche quando, alle volte, l'altra persona non li vede. O finge di non vederli. Perché fa più comodo, perché alle volte è più semplice. Perché alle volte si pensa che ignorando le cose prima o poi spariranno. E non è vero. 
Chi decide di alzare gli occhi e dire "Non va". Prova dolore. Prova dolore per chi lo osserva con quello sguardo smarrito di chi si sveglia di soprassalto, e resta incredulo. Prova dolore perché sa che l'unico modo in cui potrebbe alleviare quel dolore sarebbe ritrattare, ma non può. Non può perché significherebbe scendere a compromessi con se stessi, e semplicemente rinviare l'inevitabile. Prova dolore per se stesso, perché c ha creduto in quella storia. Ha voluto crederci, ma ha la sola colpa di essersi accorto prima che in realtà non c erano chance. E dall'altra parte ci si incazza, si urla si soffre, si manifesta il proprio dissenso. Ma come non ci possiamo nemmeno riprovare? Aggiustiamo il tiro, dammi la possibilità di... Quante volte l ho detto e l ho pensato e non ho capito il perché del No. Si pensa solo che nei rapporti c è chi decide e chi subisce. Ed è vero. Io credo che le seconde possibilità si possano dare a chi commette un errore, se reputiamo possa essere stato un peccato veniale. Se sinceramente possiamo perdonare. Ma le diversità non vanno perdonate, le diversità esistono e vanno accettate. Le diverse visioni, le diverse attitudini. Non c è nulla da perdonare o modificare. Non si può stravolgere l Essere di una persona. O l accetti per come è nella sua completezza, o se medi con te stesso finirai per volerla cambiare portandola all'altezza delle tue aspettative. E allora finiresti solo per ferirla, forse farla sentire inadeguata. Chi decide di chiudere una storia, è vero, decide per entrambi. Spesso non concede possibilità di replica. E non significa che ci sia qualcuno di sbagliato. 
Semplicemente l'incastro non funzionava. 
I pezzi di un puzzle non sono mai sbagliati. Lo è la loro collocazione. 

martedì 2 dicembre 2014

Never say goodbye

Questo Natale lo passo senza di te.
Senza le tue luci, senza i tuoi colori. Senza quel profumo di legna che arde, delle mie sere in penombra.
Questo Natale devo passare la mano.
Devo accontentarmi di perdermi nelle tue foto, nei ricordi, sempre più vivi e più intensi che raccolgo in una scatola e dentro di me. Fanno parte della mia Anima e sono i primi che proteggo ad ogni trasloco, e che non perdo mai. So sempre dove cercarli e dove trovarli.
Questo Natale cercherò come ogni anno una pallina speciale, ma non ho ancora deciso se "fare" l albero oppure no. So solo che non farò biglietti del treno, non chiamerò Cristina per prenotare il mio nido. So solo che quest'anno non torno a casa.
Quest'anno non ci sarà la giornata con mia Sorella, a farci venire mal di gola per le troppe parole, e male la faccia dal ridere, e quelle facce che fa solo lei e che io adoro. Non ci saranno le melizie a colazione, la Mole a salutarmi a sorpresa tra un palazzo e l'altro, il Po a scorrere placido e il bicerin a fumarmi tra le mani. 
Un Natale senza te non mi sembra nemmeno Natale. 
Ma mi piace raccontarmi, che Natale possa essere tutti i giorni in cui ci si sente felici, e a casa. E allora mi dico, che il mio Natale è solo rimandato. 
Tornerò da te. Te lo prometto. 

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...