lunedì 15 dicembre 2014

Un raggio di sole in una tazza di caffé

A pensarci nemmeno si ricordava quando l'aveva capito. Se fosse stato al primo incontro... no, forse in quell'occasione no. Anche se... 
Anche se a pensarci bene c'era stato qualcosa. Qualcosa nello sguardo che gli aveva fatto pensare che... Ma era un pensiero veloce, del resto andiamo, siamo seri. A chi verrebbe in mente? Eppure se vogliamo un minimo di interesse da parte sua, lui l'aveva percepito. Che fosse nel sorriso, nello sguardo. Uno di quegli sguardi che ti si piantano direttamente nel centro delle pupille e non ti mollano più. Che mentre sei lì che parli ti senti al centro dell'attenzione che nemmeno Obama davanti al Congresso. Con quel chinare la testa un po' verso sinistra, che par ti ascolti meglio.
E adesso? Adesso lei dormiva con la testa sulla sua spalla. Il suo fiato leggero sul collo e il braccio abbandonato sul suo petto. 
Lui le accarezzava la mano, le dita sottili e quel disegno delle unghie che gli piaceva tanto, che lei si vedeva non le mordeva. 
I capelli sciolti, quelli impossibili da tenere, quelli che gli si attorcigliavano intorno alla barba e si impigliavano nei bottoni della camicia. Quelli che scherzando li aveva definiti "peggio dei serpenti di medusa",  quelli che le contornavano il viso sereno che non riusciva a smettere di guardare. 
E temeva di svegliarla, temeva di interromperle un sogno colorato. Restava fermo ad ascoltare il ritmo del suo respiro e del suo cuore, quello che aveva sentito galoppare contro il suo poco prima, quello dove si era perso e ritrovato. Quello che, in qualche modo, sapeva di tenere tra le dita. 
Il gatto saltò sul letto in cerca di attenzioni, lei si mosse piano e riaprì i suoi occhi su di lui. "Ma che fai, mi lasci addormentare? non devi... dai... ce lo facciamo un caffè?" 
E gli regalò uno di quelli sguardi, uno di quelli che gli accarezza gli occhi, scivola sulle labbra per poi rituffarsi nel suo sguardo. Uno di quegli sguardi che non puoi fingere e che non hanno bisogno di inutili parole. 

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