lunedì 14 dicembre 2015

Caro Babbo Natale

"Sono sempre i sogni a dare forma al mondo" mi ha suggerito l'Altra S. stamattina.
Se così fosse credo che il mondo, ai miei occhi, avrebbe più la forma di un marshmallow. Qualcosa di morbido e dolce, e non una sfera sgusciante che non si riesce a trattenere mentre gira su se stessa e ti fa perdere l'equilibrio.
Eppure un sogno sabato mattina l'ho visto avverarsi. Dico sempre che stupirmi è complicato. Sono così abituata alla disillusione, che ogni sorpresa vale doppio. Eppure.
Eppure mi piace pensare che sia ancora spazio per lo stupore, per la meraviglia dell'inatteso.
Trascorro giorni lenti. Di quelli che guardi l'ora e le lancette sono sempre ferme lì statue di sale. Guardo alle feste che arrivano con ansia. Perché ci sarà tempo libero in cui la mia testa andrà in palla, comincerò a pensare a dove vorrei essere e probabilmente non sarò. 
Vorrei avere lo Spirito Natalizio che mi sono tenuta stretta per tanti anni, nonostante tutto, nonostante la Perdita quella Vera, aggrappandomi al ricordo e alla voglia di non cambiare le tradizioni. Fossi capace di ritrovarne un po', come accade con gli spiccioli dimenticati in fondo ad una tasca dimenticata, mi metterei lì a scriverti una lettera, con la stilografica quella blu. E ti direi che ho un solo desiderio. Lui. 
Regalami lui, fammi arrivare lui. Lui con i suoi silenzi e la sua confusione. Lui con la sua paura di lasciarsi andare e un muro di durezza radicato intorno. Lui con le risate che raramente gli accarezzano gli occhi, ma quando accade sono capaci di illuminarti anche la notte. Lui che ti abbraccia poco, ma quando lo fa ti toglie il fiato. Dammi lui, con le sue distanze e complicanze, con la sua indipendenza e i suoi spazi, la complicità e i momenti di estro. Portami lui. Esattamente così com'è. E mi regalerai il più leggero dei sorrisi. 



giovedì 3 dicembre 2015

cose così

Ascolto questa canzone da giorni, in loop. La trovo ipnotica, un po' per quell'accordo di chitarra (credo) che si ripete sempre uguale, un po' per il suo tono basso, il tono e la voce che vorresti sentirti sussurrare all'orecchio da qualcuno steso se non accanto, direttamente su di te. Con le sue mani infilate tra i tuoi capelli e le gambe che si intrecciano e si raccontano storie. 
Sono qui che aspetto. Non mi creo illusioni, ma coltivo speranza. 
Ho voglia di tagliarmi i capelli. Una volta tutti mi dicevano di tagliarli e io rispondevo no. Oggi sono io che ho voglia di tagliarli più o meno da sei mesi, e tutti mi dicono di no. 
Ho voglia di prendere un treno ma taccio. Non riesco a fare progetti di qui a tre giorni, figuriamoci da qui a un mese. 
Sto imparando a fermarmi ed aspettare. Ma solo nei giorni pari, nelle ore dispari. Il resto del tempo lo passo scalpitando e agitandomi, e poi calmandomi ripetendomi cose belle come un mantra.
Non mi riesce di scrivere troppo. Avrei più voglia di parlare, di toccare e di sentire. Avrei più voglia di quella chitarra ipnotica e di parole sussurrate all'orecchio. 
Se di parole ci fosse bisogno.  

lunedì 16 novembre 2015

Tempo fa guardavo una commediola, una di quelle senza troppe pretese intellettualmente stimolanti, che fanno sorridere e un poco pensare, ma senza appesantire. 
Protagonista una suora, che parlava a Gesù come se fosse proprio lì, davanti a lei. E ci sbottava anche, con il suo carattere irruente. 
Poi le cose a fine puntata si aggiustavano, e fine serie l happy end è stato scontato, ma piacevole. E io pensavo che mi piacerebbe saper pregare così. Avere fede in un modo così. 
Ma non so pregare, non riesco a concentrarmi. La mia mente spazia e varia e vaneggia. Parto con l'idea e finisco a pensare alla lista della spesa. Eppure vorrei. vorrei fermarmi a raccogliere un pensiero ed accompagnarlo fino alle porte dell'Universo, e lì lasciarlo libero di andare e di raggiungere chi di dovere. Perché l'Universo parla se lo si sa ascoltare. Vorrei sapere di potermi affidare. Lasciare che le cose seguano il proprio verso, confidando in un esito positivo. Senza quest'ansia di controllo, di voler capire, di voler sapere. Avere fede. Ecco. Vorrei fidarmi. Fidarmi del mio istinto, non ricordo chi fosse il saggio che diceva "fidati di ciò che senti, non delle parole che ascolti". Eppure mi accorgo di avere bisogno di quelle parole. E di non riuscire a fidarmi completamente del mio sentire. Così sensibile al vento, alla mia melanconica tristezza di fondo, alla mia paura di sbagliare, di sbagliarmi. E' come se la mia speranza si lasciasse soffocare da un carico di zavorra contrassegnato da errori di valutazione, peccati di leggerezza, abbandoni. Il passato non esiste più. Le cicatrici che ti lascia sì. E sono quelle che ti condizionano la vita. 
Vorrei, come nelle commediole, confidare nel fatto che, nonostante le prove e le difficoltà tipiche di quel che un tempo studiavamo nel romanzo di formazione, alla fine, l'happy end ci fosse. 
Sì, mi piacerebbe davvero tanto. 

giovedì 5 novembre 2015

L'amore non è un dare - avere. 
Si ama e basta. 

"Sai perché parlo sempre di te ai miei amici..." cantava Irene Grandi qualche tempo fa. 
Parlo di te in continuazione, mi rendo conto. Parlo di te perché è un modo di percepirti. Perché cerco in loro risposte rassicuranti a domande che, ancora, non ho il coraggio di farti. E mi ci aggrappo. Con la caparbietà della speranza che questo non sia l'ennesimo viaggio a vuoto. 
Mi rendo conto di volere un posto nella tua vita. Volere per me quello al tuo fianco, come quando camminiamo sotto i portici e ti tengo il braccio. E sento però che non è il momento di chiedertelo. Non è il momento di parlarne. Forse ci sono già, paradossalmente, ma non ne ho certezza alcuna. Mio Fratello mi scrive: "Oggi come oggi cerca di vivere come pollicino, trova le molliche di pane e segue la strada, ecco mangia le molliche segui la strada senza chiederti oggi dove porta , ma gustati dove è possibile metro per metro ....mollica per mollica ...". E al momento mi sembra la cosa più saggia da fare. Che di caos nella tua vita ce n è che basta. 
Però ci sono giorni come questo, dove leggo il tuo lavoro, ho il privilegio di riconoscerne i retroscena, e mi sento così fiera, e orgogliosa di chi tu sia. Dei valori nei quali vivi e che non ti hanno fatto scendere a compromessi. E ti è costato. Lo so che ti è costato ma sei rimasto lì, fedele ad un ideale forse, dai più calpestato per carattere o per denaro. Ti vedo diverso dalla massa e ti riconosco. E non è che sia semplice da spiegare a parole, ma quando la sento questa nobiltà d'animo, questa correttezza portata avanti al di sopra di tutto, sono così dannatamente fiera di te... 

lunedì 2 novembre 2015

Torino ed Io.

Torino mi ha regalato un braccialetto. 
Come fa una città a regalarti un braccialetto? E niente, tu sei lì che cammini con tua sorella sotto i portici di Piazza Vittorio, vai verso la Collina e il Po... e tra due pietre eccolo lì un braccialetto di cotone per terra. E i salutisti sabaudi magari ti guardano male, ma si vede che è caduto a terra pochi istanti prima, perché è lì morbido e pulitissimo che aspetta proprio te. 
E così la Città ti regala un braccialetto, ed è pure rosso, quindi i desideri da esprimere sono d'amore. E tu guardi tua sorella e dici "l'universo parla, lo so". 
Un braccialetto, qualcosa che resta con te, di giorno e di notte. A contatto con la pelle, e ti segue ovunque. Come l'amore per Torino, che è un po' parte di te da più della metà della tua vita. Poco da fare. Come i miei amori che respirano all'ombra di quella Collina, camminano a passo lesto quelle vie, per lavoro o piacere. 
Frammenti di Anima che non hanno confine. Sono essi stessi pezzi di Anima, e Anime intere contemporaneamente. Anima e Respiri. Quelli che quando ti mancano più forte ti fanno il fiato più corto. Quelli che quando arrivano e non te li aspetti, ti cambiano la chimica della testa e del cuore. 
Torino mi abbraccia ad ogni arrivo, mi lacera ad ogni partenza.
La Mole continua a fare capolino dai tetti, a regalarmi uno stupore che solo la Tour Eiffel conosce per assonanza. Una pizza mangiata su una panchina al sole, davanti a Palazzo Carignano mentre un buskers canta Rimmel, diventa magia. 
Anche il mal di testa, che arriva a tradimento quando meno vorresti, è capace di passare in fretta, se ascolti battiti di un Cuore e musica, e tenendo tra le dita una mano che non avevi mai dimenticata. 
Ho svuotato la borsa solo ieri. L'ho lasciata lì, come se dovessi ripartire da un momento all'altro e tornare a casa. A riprendermi più tempo, per un tramezzino ed un orchidea in più. Per una birra ancora, la più buona abbia mai bevuto. Per quegli occhi azzurri che mi somigliano niente ma lo so che siamo della stessa pasta, è ufficiale. 
E già guardo il calendario e sogno altri giorni a cui aggrapparmi. Legata come sono, con tre nodi rossi, a quell'Amore instancabile e reciproco che dura da più di 23 anni... 

mercoledì 21 ottobre 2015

L'odore della morte


"Ogni delitto ha un odore diverso. L'avete mai sentito l'odore della morte?" lo chiedeva un Capitano dei Carabinieri, qualche giorno fa ad un convegno.
Voi l'avete mai sentito? 
Oggi si "facebuchizza" molto sulla notizia del 65enne di Milano che ha fatto fuoco contro il ladro entrato in casa, uccidendolo. 
Sentito dagli inquirenti, lo stesso uomo continua a ripetere "non volevo che morisse".
E non stento a crederlo. Dopo l'ennesimo furto subito avrà pensato che la pistola fosse l'unico modo di difendersi. Forse non ha nemmeno mai pensato di usarla davvero, probabilmente il suo intento era solo quello di spaventare.
Giusto o sbagliato lo deciderà la magistratura, io non ho la competenza per farlo. 
Quello che mi colpisce è questo fiorire come funghi di potenziali "assassini": "ha fatto bene, l avrei ammazzato pure io". 
Io non lo so.
Mi schifa pure ad ammazzare una cavalletta, perché quel cric crok sonoro mi fa senso. 
Ammazzare una persona non è facile. Nemmeno per chi è addestrato a farlo. Non è come portare le camicie in tintoria "ah lì costa meno? allora ce le porto anch'io". Non è come nei film. Pensiamoci. 
Quell'uomo ha ancora il colpo di pistola che gli fischia nelle orecchie, l'odore della polvere da sparo, e quello del sangue versato, l'odore della morte nella sua casa.
Non basterà una doccia per levarglielo di dosso. Sarà costretto a rivedere quella scena in loop nella testa un numero infinito di volte e a chiedersi, ogni singola volta, se avrebbe potuto agire diversamente. 
A parte tutta la strumentalizzazione politica della notizia che ne sta uscendo, io credo che un segno di rispetto verso quest'uomo che ha agito pensando di difendere la sua famiglia, e ora dovrà convivere con la propria coscienza, sarebbe quello di fare silenzio.

venerdì 16 ottobre 2015

Di satelliti e di orbite

Ci mi conosce lo sa. 
Il mio manuale della perfetta seduttrice si è suicidato nel 1992 gettandosi nel microonde e attivando la funzione crisp. 
Passo da picchi di autostimayea da far invidia alle Tre Cime di Lavaredo, a momenti Calimero, degni della Fossa delle Marianne. Ma visto che non è mai troppo tardi per imparare, sto imparando. Poco per volta, ogni giorno aggiungo un tassello, e ad essere sincera non faccio tutto da sola, ho la fortuna di avere chi armato di santa pazienza, si mette lì e mi sbroglia la matassa informe di pensieri. 
In questi giorni che, alle prese con un viaggio imminente, mi tormentavo con il classico dilemma che affligge ogni donna (single soprattutto): "come mi vesto?", ho capito che alla fine la prima persona che volevo soddisfare era me stessa. Non stavo proiettando, come spesso accade, la mia immagine sui pensieri altrui, bensì armeggiavo con la mia immagine, quella che io ho di me, e non mi soddisfaceva. E ho scoperto che molto spesso (quasi sempre), il problema consiste in questo ragionamento "ma sì dai, prendo questa cosa che è pratica e comoda, mi va bene per casa e per l'ufficio e bon" senza considerare che la vita è pure qualcosa di alternativo a "casa ufficio e bon". Che quando ti bussano alla porta delle possibilità ci si ritrova completamente impreparate. Solo pigrizia? Solo comodità? In realtà no. 
E' disillusione. 
Hai collezionato così tante fregature che ormai nemmeno ti scomponi più. Una vocetta ti sibila di sottofondo "ma perché metterci così tanto impegno? tanto finirà come le altre volte, con un niente di fatto, e tu ti sentirai di nuovo ancora più cretina dell'ultima volta, per averci creduto ancora. Lascia fare a chi ne sa, e parcheggiati sul divano che almeno da lì non si cade". 
Mentalità del satellite: esisto solo nel momento in cui tu, pianeta, ti accorgi del mio svolazzarti intorno e faccio di tutto per farmi notare. E se nel mio turbinare ti capita di girarti dall'altra parte la tua gravità non mi sostiene più. 
La soluzione è solo una. Diventare a mia volta un pianeta, con una gravità che mi permetta di muovermi e sostenermi indipendentemente dallo sguardo altrui. Cosa che per l'80% del mio vivere c è già. Entra in crisi solo quando si mette in discussione quel nucleo nascosto che è il cuore... 


mercoledì 14 ottobre 2015

Quando l universo sceglie per te...

Un mio post di facebook mi ricorda che un anno fa ho conosciuto una persona. 
Un tecnico della vodafone simpatico, a cui piaceva molto leggere e con uno spiccato senso dell umorismo e dell'ironia. 
Viveva un periodo particolare per questioni familiari e in un certo senso siamo diventati "amici". 
Poi, come spesso accade, il karma del rapporto pare si esaurisca, forse ha risolto gran parte dei suoi problemi (glielo auguro) ed è sparito. 
L'ultima volta che l'ho sentito è perché l ho chiamato io la sensazione che mi era rimasta è di qualcosa di finito. Un po' quando si deve intrattenere qualcuno con cui non si ha confidenza e si finisce a parlare delle previsioni del tempo. "Ti richiamo io presto, magari passo per un caffè alla prima occasione" mi aveva detto. E morta lì. 
Paolo Fox mi dice spesso che noi del toro, ci mettiamo molto tempo a chiudere un rapporto, in modo definitivo. La classica pietra sopra ce la devono togliere a forza dalle mani. Ma che poi, una volta decisi siamo risoluti. Complice face, a ricordarmi quest'incontro, azzardo a ricomporre il suo numero di telefono. Risulta staccato. Riprovo. Uguale. 
Penso abbia disattivato il numero, magari ha cambiato lavoro... Cancello il numero dalla rubrica. Doveva andare così. 
Poco più tardi i colleghi cominciano a chiamarmi sul cellulare, che la linea fissa dell ufficio non funziona. Prima di chiamare il gestore faccio delle prove, ed effettivamente tutti i cellulari che chiamo risultano "staccati". 
Solo una coincidenza? 
Mah... 

martedì 13 ottobre 2015

Il cassetto della cucina...

Quando ero piccola i mobili della cucina erano in ferro. E il tavolo era di formica verde, con un cassetto centrale e le sedie della stessa fattura. Nonostante i tappini di gomma facevano sempre rumore a spostarle e d estate sudavi anche l'anima. 
Nel cassetto centrare c'era il porta posate e si riponeva la tovaglia di cotone. 
Quel tavolo non era solo il punto di incontro durante pranzo e cena, era la scrivania dove si facevano i compiti (che il tavolo della sala è in leggo e si striscia), era asse da stiro e confessionale di casa. 
I mobili della cucina erano in ferro. L'apertura di uno sportello era udibile in tutto l appartamento e generalmente, il barattolo di Nutella stava nello stipetto con i più alti decibel di casino. E c'erano i cassetti. Il tipico cassetto della cucina. Oggi è un concetto vintage, oggi i cassetti delle cucine sono organizzati direttamente dall'ikea, in modo a dir poco professionale. Ma mi ricordo (e qui inizio pur io a parlare come zia Fedora) che il cassetto della cucina era considerato alla stregua della soffitta dei film di Spielberg. Ci trovavi dentro di tutto: dalle presine fatte all'uncinetto di vari colori, anche un filo bruciacchiate ai margini, i mozziconi di candele bianche nel caso fosse andata via la luce, mezzo pacchetto di zigulì dimenticate lì dalla notte dei tempi, i cerini (se ci giochi ti spezzo le dita con metodo Montessori) le sorprese del Mulino Bianco sequestrate a seguito marachella. Il cassetto della cucina non aveva nulla da invidiare all'armadio che conduce a Narnia. 
Tra le sorprese del Mulino c erano anche le gomme, quelle da collezione. Avevano un profumo "gommoso" e si potevano usare per qualsiasi cosa, dalla munizione per la cerbottana, a mezzo di baratto, e finta macchinina. Tutto ad eccezione di cancellare. Lasciavano sempre segni opachi e unti sui fogli, e se ad esempio su usava il tegolino, il marrone del cioccolato artificiale produceva disastri. E dovevi strappare la pagina, e ricominciare da capo.
Eppure la funzione della gomma dovrebbe essere proprio quella: cancellare alla perfezione un errore, senza lasciare segni, evitando di creare strappi, o buchi su quel supporto delicato che poi ti tocca strappare, e ricominciare da capo su una nuova. 
Quello che sfuggiva ai tempi, beata innocenza, è che nei rapporti funziona allo stesso modo. Commettere un errore fa parte della vita, e rimediare si può, se lo si vuole davvero. Ma si devono scegliere gli strumenti giusti. O finisce per logorare la pagina, a lasciare segni indelebili. E a quel punto lo strappo sembra l'unica soluzione possibile. 

martedì 29 settembre 2015

Fuori tira un vento che tra un po', la smart, arriva rotolando davanti al municipio.
Ho impiegato 10 gg a metabolizzare una pugnalata arrivata da chi non avrei pensato. Il mio istinto ha fatto cilecca. Amen & Così sia. 
C'è un disegno che mi urla dalla testa, e finché non prenderò in mano la matita stasera, starà lì a canticchiare qualche insano motivetto.
Ho appena focalizzato che ogni volta che guardo fuori dalla vetrina, sto guardando a Ovest. 
E l'Ovest mi piace tanto, mi ci riempio occhi e cuore. Di riflesso guardo il calendario, e mi scappa da sorridere. Finalmente.
E sto cercando qualcosa di intelligente da scrivere.
Invano

giovedì 24 settembre 2015

E il mio pensiero vola verso te...

Che le cose siano in continua evoluzione è un fatto. Anche se settembre mi sembra sempre un mese lunghissimo, in cui il tempo si dilata e tutto diventa più lento. 
Guardo il calendario e penso di essere minimo al 10 ottobre, e invece siamo ancora al 24, per dire, e l'autunno è qui solo da ieri. La sensazione costante è quella di guidare dietro al classico vecchietto con il cappello. 
E invece tutto scorre, più o meno inesorabilmente avanti. E qui si potrebbe proseguire con tutte quelle frasi zen, dell'acqua di fiume che mai ti bagna due volte, e via discorrendo. 
Che alle volte non è che sia bello. Quante volte vorresti essere lì, e poi riavvolgere il nastro ed essere dall'altra parte. I momenti in cui vorresti tornare indietro e magari rifare delle cose, anche se sai che magari non andrà come volevi. Ma solo per il gusto di riviverle quelle cose. E invece si scorre, si avanza, si va.
Cambia. Il tempo, i rapporti, le dinamiche. Cambiano pure i sentimenti e le abitudini, alle volte in modo assai repentino, per dire. Tipo con P. che ha deciso di bannarmi, chiudermi ed escludermi dalla sua vita per eccessiva manifestazione di affetto. E pensare che le avevo chiesto solo come stai, mica le avevo messo la lingua in bocca. Puà! Gli incontri sono così, i rapporti (indipendentemente dalla loro entità) sono così, del resto. Esauriscono il Karma. E Bon. 
E poi ci siamo Tu e io. E tu che sei ancora capace di meravigliarmi. Ogni giorno, da quando T'ho incontrato. Da quando hai deciso che in qualche modo ti piace camminarmi accanto. Hai cominciato con l'essere complice e stampella, a rigido maestro che controllava i miei passi e mi diceva "adesso torniamo su e le scale le fai di nuovo che così non mi sono piaciute". E io che mi sentivo incapace di articolare un passo che fosse decente, e Tu che sorridevi. 
Poi sei diventato un battito di cuore. Costante, vivo e ballerino. A riempirmi i pensieri e il telefono di messaggi. Di regali in ogni momento come se fosse Natale, compresa quella maglietta bianca che mica l'ho buttata, e il gorilla, disegnato e non. E poi Lella, che è venuta al posto tuo ad accompagnarmi a Cortina, a farmi operare e s'è fatta mordere la pancia senza perdere il sorriso, quando mi hanno tolto il drenaggio dalla gamba. 
Poi siamo stati dolore e rimpianto, e nostalgia. Quando è dovuta finire, perché sì, perché è così che funziona, perché così si fa che è la cosa giusta. E allora si prendono i cocci, e ciò che resta. Li si tiene in mano pensando "e adesso?" e adesso ha due strade, la prima verso il bidoncino dell'umido, l'altra verso il bancone del lavoro dove con la colla si prende ogni pezzo, colla e pazienza, e si rimettono insieme i pezzi. Abbiamo fatto come i giapponesi, che nei segni che restano non lasciano il vuoto ma colmano la cicatrice dell'oggetto con l'oro. 
Perché qualcosa a cui si dà una seconda vita sia più prezioso. E allora eccoci, con i nostri segni, preziosi come l'oro. Forse persino di più. Eccoci ancora a parlare, a ridere, a essere Noi nonostante tutto, nonostante Noi. Nonostante la vita che scorre lenta e inesorabile, come la Dora e il Po, e due statue che ho visto un po' di tempo fa.
E sei così prezioso che riesco a parlarti anche di lui, che non è facile, a te, che riconosci i miei toni di voce a seconda dei sentimenti ", con quel tono lì dicevi a me, prima" e Tu lo sai che un po' brucia sentirlo. Ma non ci posso fare niente, perché quel e figlio anche di quella scelta fatta e subita un pomeriggio davanti ad una stazione. 
Ma Tu ci sei. A darmi il tuo punto di vista di maschio, contro il mio punto di vista di femmina che spacca il capello in 16 sottoradicequadrataperpigreco, a suggerirmi di fidarmi di più del mio istinto, a dirmi di non accontentarmi, e di vivere serena, accantonando anche la ragione di tanto in tanto, che i sentimenti il più delle volte sono da vivere e meno da capire. E, così come allora ho imparato a scendere le scale, ora sto imparando ad aspettare, a lasciare lo spazio e a vivere la sensazione godendomi il momento senza sovraccaricare di aspettative.
E so che ci sei ancora Tu, qualche passo più indietro, nel caso ci fosse un passo falso o una caduta improvvisa. Perché se è vero che tutto cambia e tutto è in evoluzione, sarà cambiato il tipo di stretta, ma la tua mano è ancora quella capace di sostenermi e prendermi al volo quando l'equilibrio viene meno. 
E c'è da dire, che con tutto quello che mi piace giocare con le parole, di quanto Tu sia importante, non riesco ancora a raccontare... 






venerdì 11 settembre 2015

Ce ne sono meglio di lui.
Ce ne sono milioni anche meglio di me.
Comunque io non conosco quelli meglio di lui e non posso consumare la mia vita aspettando di conoscerli.
E poi, se dovessimo cercare la perfezione in un uomo, si amerebbero i Santi.
I Santi sono morti e io non vado a letto con il calendario.

O. Fallaci.

giovedì 3 settembre 2015

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH!!!

Mi sento come se fossi tornata all'età di 15 anni. Anzi forse nemmeno. Non mi ricordo com'ero a 15 anni. Ma ricordo che a 21 ero molto più decisa e sicura di me. Non mi stavo così ad arrovellare sul "farò bene, farò male, posso dirlo o forse no". Mi sentivo gnocca, prendevo e andavo e bon! 
E invece adesso sono lì che penso: ma avrò detto troppo? troppo poco? ma se scrivo sarò troppo presente? se non scrivo farò la figura della menefreghista? Ma se gli dico così e lui mi risponde colà allora che significa? 
AAAARRRGGGHHHH! Quand è che ho scritto della pazienza? della riflessione pacifica? ieri? solo ieri? no guardi signora mia, ci deve essere un errore. Deve essere passato almeno un mese di interminabili attese. 
Ma alla fine sì dai, bello tutto. Ma come si fa? Ha senso? Mettersi le briglie, studiare strategie? Centellinarsi? sì certo nemmeno stolkerare è positivo. Ma perché se vuoi qualcuno non si può dirglielo apertamente?
Basta amori sognati, bramati, desiderati... guardati da distante, o con il naso contro la vetrina come quando si guardano le sacher dalla vetrina della pasticceria. 
Basta questa passione per "l'amor cortese"da letteratura: quello del Petrarca che guarda da lontano la sua Beatrice, annusa l'aria come un cane da tartufo, la respira come una fettina di mortadella, e si bea di sguardi furtivi. Basta co' sta storia delle anime gemelle, dei predestinati e del per sempre insieme eternamente divisi. A sto punto, se ci tenete tanto, piazzatevi anche un cilicio in bocca e non se ne parli più.
Io sto bene quando ti tocco. Quando posso guardarti in faccia. Pastrafugnarti l'ipnotico pizzetto.
Ti voglio, e, guarda,  mi va bene un amore poco spirituale, di quelli con la a minuscola, terra terra. Senza drammi, tachicardie e ribaltamenti di budella.
Mi vai benissimo anche se non hai le spalle large di Robert Redford, e il viso poco simmetrico di Al Pacino.
Non voglio una di quelle storie che ti cambiano la vita.
Mi basta cambiare un giorno per volta.
Va bene anche se ti dimentichi di abbassare la tavoletta del bagno, o smarrisci la via che porta al cesto della biancheria sporca. Mi vai benissimo anche se vieni a dormire con quell'improbabile maglietta "Toni Menegon Impianti Elettrici".
Non mi spaventano i km, e non mi dà fastidio skysport il sabato pomeriggio, tanto poi ti sciroppi Grey's Anatomy il giovedì. Mi vai bene anche quando torni da una partita di calcetto con tutte le ossa che scricchiolano, e l'arnica si spreca manco si dovesse ungere il Titanic.
Ti vorrei vicino quando ho mal di testa, che tanto poi passa. Passa se tu resti.
Ti voglio esattamente come sei. Con le tue fisime e le tue nevrosi. Con le battute dissacranti e ciniche, il tuo volermi a tutti i costi prendermi in braccio e il mio patema di farti male. Voglio il kebab senza vino e la tromba bitonale vicino al divano e alla sciarpa il mercoledì di coppa. E ti dirò di più: non mi devi nemmeno spiegare il fuori gioco. Perché lo so cos è.
Porta con te pure il fantasma di B. non me ne frega, lei se ne stia tranquillamente sull'altare, io mi prendo il posto tra le lenzuola.
Voglio i films, le canzoni, i giri in macchina a vuoto senza meta solo perché spegnere l'autoradio proprio adesso è un peccato. I libri che non si sanno più dove mettere: quelli da leggere e quelli da scrivere, il mio crederci fermamente il tuo a fasi alterne. Voglio le risate, la musica alternativa, il mescolarsi di profumo e sigaretta sulle maglie, il frigo vuoto e poco male ci si fa una pizza.
Guarda, potrebbe andar bene anche se alle volte russi, tanto poi ti giri. E va bene pure la sveglia che mi fa scoppiare l aneurisma all'aorta ogni volta che suona.
Non mi interessano le unioni decantate dal vissero felici e contenti. Mi basta che combaciamo. E' bella sta parola non trovi? significa che è un confine più sottile tra due cose che combaciano. E' un po' come essere simili pur mantenendo le proprie diversità.
Ecco.  Voglio combaciarti, finché dura! Ti va?

mercoledì 2 settembre 2015

La pazienza

E' la virtù dei forti.
O dei morti dice una vecchia battuta.
Sicuramente non è una di quelle che mi appartiene. Io rispecchio appieno il mio segno zodiacale, il più delle volte quando tengo molto a qualcosa abbasso la testa e parto al galoppo. A contrario, resto lì, a farmi gli affari miei con la tipica espressione di una mucca che guarda passare il treno.
Però forse sto invecchiando, e inizio a rendermi conto che non posso sempre scornare le situazioni. Ci sono cose e soprattutto persone che hanno bisogno di tempo, e spesso i tempi altrui non coincidono con i miei e allora c è bisogno di pazienza.
Fermarsi. Godersi "il momento". Non come me che siamo a mercoledì e già sto pensando che sabato mi sveglierò presto e devo fare questo e quello e il cambio dell'armadio e lo spostare la scrivania, e ho già voglia di archiviare le infradito, cercare gli stivali...
Vivere il momento.
Godersi ciò che arriva.
Assaporarsi le piccole cose senza pensare al futuro.
Oh certo. Sulla carta questa teoria la sottoscrivo. Peccato che nella vita reale devi pianificare anche i pagamenti delle bollette o non ne esci vivo, figuriamoci se quando incontri qualcuno che potrebbe essere "la tua persona", non comici a pensare alle feste comandate, ai w.e., ai sabati passati a guardare lui che guarda le partite.
Devo comprare museruola e paraocchi allo Spielberg che c è in me.
Eppure.
Eppure, qualcuno che ne sapeva un giorno disse: non puoi pretendere di avere risultati diversi se fai sempre le stesse cose.
Allora mi sto cercando di educare alla pazienza.
Al temporeggiare.
Al lasciar andare la barca finché la barca va.
Al vivere il momento, cercando di non diventare dipendente dal malox.
Mi perdonerà chi, volendomi un gran bene e conoscendomi molto, si rassegnerà ad ascoltare per l'ennesima volta i miei sfoghi paranoici...

martedì 18 agosto 2015

Sbaglio quasi sempre. Praticamente ogni anno.
Ogni volta guardo ad agosto come il mese del fare, e in realtà è il mese della stasi. Certo, mi risposo. Ricomincio a dormire e prendere tempo, e perderlo anche. Tanto posso dire: "farò domani". E' un mese in cui fare è complicato. No impossibile certo, ma complicato. Quest'anno poi anche il gran caldo si è messo di traverso. Ma alla fine è una scusa anche quella. Agosto è il mese che ti ovatta i pensieri e rende tutto più lento. Provo a darmi le scadenze. Faccio progetti, alcuni vanno in frantumi e capita quando i tuoi progetti coincidono con quelli di qualcun altro. Capita. e non è colpa di nessuno.
Lo avevo immaginato diverso questo mese. Ma la mia passione sconsiderata nel farmi i film ha il sempre il suo rovescio della medaglia.
Non imparo mai...

lunedì 17 agosto 2015

Ragionando a dita "alte"

Sto litigando con il mio testo. 
Con il mio scritto. Non gli ho trovato nemmeno un titolo, ancora, e fino a due giorni fa ero fermamente convinta di tramutarlo in falò.
Poi ho capito. Il problema non era lui, era la mia prospettiva. Il mio modo di proiettarlo in avanti per capirne che ne sarebbe uscito.
Poi hanno fatto i fuochi d'artificio in Prato della Valle.
Sì, in effetti c è da chiedersi che c entri. Ma è più semplice di quel che si creda: il fuoco è fuoco. Ovvio. Ma ci sono fiamme di candela, fiamme di cerino, ci sono falò e  fuochi d'artificio. 
In questo periodo mi sono ostinata a pensare alla mia storia, al mio testo, come ad un falò. Un grande falò da spiaggia, di quelli capaci di ardere una notte intera, e preservare delle braci ardenti lì sotto, nascoste, anche una volta apparentemente spento. 
In realtà il mio testo non è un falò. Non è nemmeno la fiammella di un cerino, nel senso. Sì carino ma breve, e nemmeno intenso, che consuma velocemente ma lascia solo un po' di legnetto carbonizzato e bon. 
Il mio testo è un fuoco d'artificio. 
E' un bel testo, con delle ottime immagini e idee e dei bei personaggi. Ma non è un falò. E' un fuoco d'artificio. Scoppia, fa un bel botto. Lo si può guardare meravigliati ma è comunque qualcosa di breve. 
Non sono alle prese con un romanzo. Il mio testo ha la potenzialità di diventare un ottimo racconto. E prima che chi mi conosce parta con il dire "ah ecco, e tu che ne sai, sei la solita che si arrende e non ha voglia di faticare", mettono le mani avanti: non mi sto tirando indietro. E' che conosco quanto ho nelle dita, conosco la mia storia. E sono sicura che non possa reggere il ritmo di un romanzo. Ergo è un bellissimo (crepi la modestia) racconto. Se si ha voglia di coltivare la scrittura come "hobby" credo che sia quanto meno doveroso e onesto riconoscere anche i limiti del proprio lavoro. Non  sto dicendo che non sono in grado di cimentarmi con un romanzo (non c ho provato, non posso saperlo) dicono solo che, oggi, il mio testo non può esserlo. E' una questione di trama. 
E qui scatta la seconda parte del ragionamento. (Sappiatelo, questo post serve più a me di quanto non interessi a voi). La trama. 
Per costruire la trama, sto pescando in parte della mia storia. Non tutto, ma in parte sì. E' più semplice, si naviga in acque conosciute. Trasferire i propri sentimenti al personaggio diventa immediato (non discuterò in questa sede se sia giusto o meno. è il mio testo, è il mio personaggio, decido io). Tempo fa da Fazio a Che tempo che fa, c era uno scrittore, famoso (così tanto che non mi ricorderò mai il nome) e di una certa età. Diceva una cosa tipo "i giovani scrittori, o aspiranti tali, oggi scrivono storie che sono biografie, carichi di io - io - io, e io penso, che avranno mai da raccontare a trentanni i giovani di oggi? vivete prima di raccontare cosa avete vissuto. Altrimenti non avete nulla da dire". Io ho qualcosa da dire? Penso a me stessa e alla mia storia. Prendo la storia d'amore, la più intensa che ho vissuto. Si potrebbe riassumere con "si conobbero, si trovarono simpatici, poi si incontrarono e finirono per innamorarsi, o forse si erano innamorati già prima ma tant é, e poi, per una serie di contingenze (chiamiamole così), si lasciarono". Nel mezzo, al di là delle parole e negli spazi tra di esse, ci sono milioni di altre parole, di attimi vissuti accarezzati cercati e voluti. Ci sono baci, pensieri e omissioni. Ci sono rincorse e salti e atterraggi duri. Ci sono lacrime e preghiere, ci sono risate tante risate. E momenti bellissimi, e passione, e un gelato mai finito o i dessert scambiati, e Leonardo, e il caffè della mattina... c è un universo che ancora in una realtà parallela da qualche parte pulsa. 
Provate a metterla su carta. 
Due si incontrano, si innamorano, si amano, si lasciano e continuano la propria vita. Se "non facciamo accadere qualcosa" la storia perde di potenza. Tutti si incontrano, tutti si innamorano, tutti fanno l amore (si spera) e spesso le cose non hanno possibilità di funzionare. Certo i sentimenti sono potenti, possiamo dare ampio spazio al lui prova e lei pensa. Ma, diciamocelo: 250 pag. di "io l amavo però, lei mi amava ma... peccato è andata così" è da suicidio. 
Forse ha ragione lo scrittore, dovremmo vivere di più prima di raccontarci, perché tutto sommato abbiamo vite banali. O forse è una cazzata, o meglio, le nostre vite saranno anche "banali" ma è il modo di raccontarle che fa la differenza. 
Chi lo sa... 

venerdì 24 luglio 2015

Hasta la vista...

Non so se sia il caldo, la nevrosi della gente, lo stress da fine anno lavorativo, se niente o tutto di questo. 
Ma so che è un po' di tempo che non ho voglia. 
Non ho voglia di scrivere, di mettermi a spiegare le mie ragioni, di disquisire sul perché e per come di certe cose. 
Non ho voglia. 
Non ho nemmeno voglia di spiegare perché non ho voglia... 
e allora è meglio chiudere per ferie. 
Rimandare ogni decisione definitiva a momenti più propizi, e prendersi una vacanza. 
Ci si vede quando ci si vede. 
Peace & Love. 

martedì 7 luglio 2015

17 anni

La prima volta che ti ho vista eri poco più piccola della mia mano, e le tue zampine erano più corte dei miei mignoli. 
Facevi due passi e poi ricadevi sul sedere. A contrario dei tuoi fratellini sei rimasta lì ad annusarmi e a grattarmi il dito con il musino pelosetto. E così mi hai scelta tu, non ti ho scelta io. Avevo 22 anni e finalmente realizzavo il sogno di una vita, avere un micio. E pensavamo fossi un maschietto, così quando ho chiamato Amon, e gli ho detto "sai mi regalano un persiano blu! come lo chiamo?" e lui mi ha risposto "beh, se è blu, Merlino". Ho pensato fosse perfetto per te, e per me che amo la magia e riesco a trovarla anche in fondo ad una tazza di caffè. 
Ti ho portata a casa tenendoti dentro la camicia in jeans, ricordo che quando mi hanno telefonato per dirmi che potevo venirti a prendere, stavo lavando i piatti, ho mollato tutto e sono arrivata di corsa. La prima notte l hai dormita sul mio cuscino appallottolata tra i miei lunghissimi capelli. Ed è un vizio che tutt'ora è complicato da toglierti. 
Mi fido più del tuo istinto del mio. Se non ti piace una persona lo fai capire palesemente e non c è verso di farti cambiare idea. E hai sempre ragione. In 17 anni anni ne abbiamo passate così tante insieme che ci vorrebbe un blog apposta. Solo a parlare di traslochi, ne abbiamo fatti 8 insieme! 
La prova, sempre ce ne fosse stato bisogno, di quanto forte sia il nostro legame l abbiamo avuta con il mio incidente, con la mia assenza forzata che ti ha fatto smettere di mangiare e miagolare tristemente per giorni, facendoci temere la peggiore delle sorti. Con mia madre preoccupata quasi più per te, perché nel giro di pochi giorni ti ha vista deperire più di me!
Le fusa incessanti quando finalmente sono tornata a casa e il tuo toccarmi delicatamente le ferite, lo sguardo di comprensione davanti alle punture serali e la silenziosa solidarietà nei momenti di sconforto, quando tornare a camminare sembrava utopia. Non ricordo emozione che non abbia condivisa con te, e rido quando mi dicono "le manca solo la parola" perché non ti manca affatto, ma nemmeno ti serve, che tanto ti fai capire bene uguale. Basta guardarti. 
A chi mi dice che sei "solo una gatta" francamente, mi sento di dire che non ha capito un cazzo della vita. 
Auguroni Pelosetti. Mia compagna di Vita. Ti voglio un bene dell'anima. 

mercoledì 17 giugno 2015

Patti chiari rapporti lunghi...

Alla fine ha proprio ragione Bruno:
un chissenefrega è quello che ci vuole. 
sarà che ho voglia di vacanze, che il peso dell'inverno dell'anno si fanno sentire, sarà che ne ho semplicemente le scatole piene di tante cose che rasento l'intolleranza. 
E allora sarebbe da mettersi lì e discutere, capire fare e brigare. 
E io non ne ho voglia. 
Per giorni non avevo nemmeno voglia di tornare qui, e scrivere. Perché poi mi ritrovo a fare i conti con chi avanza le pretese di voler sapere il perché ho scritto una cosa piuttosto che l'altra, se mi riferissi a tizio piuttosto che a caio.
E io non ne ho voglia. Non ci tengo affatto.
Di dover giustificare cosa dico, cosa faccio, perché lo faccio, perché lo penso. Chi vedo chi incontro e perché. 
In questo periodo tortuoso iniziato non so più quando e non ancora finito, mi sono scontrata più volte con le MIE di aspettative deluse, e con tutto il rispetto delle vostre non me ne frega un accidempoli. Probabilmente se così fosse girerei per altri blog, a dire la mia, oppure sarei la prima a chiamare a scrivere a chiedere.
Invece no. Non posso nemmeno dire di essere stanca di... semplicemente non mi interessa. Ecco. Mi sembra più onesto. Non mi interessa. 
Non mi interessa più di correre e di rincorrere, specialmente coloro che sfuggono per il gusto di sentirsi rincorrere. Non mi interessa più esserci. Non voglio più essere la presenza rassicurante a cui rivolgersi nei momenti no, e poi poter accantonare nei momenti sì per poi tornare a farsi medicare. Ecco. Ho smesso di fare servizio di ambulanza 5 anni fa, smetto di fare Candy Candy a partire da adesso. 
Chissenefrega.
Delle vostre frustrazioni, delle vostre paturnie, dei vostri mille impegni che vengono prima e che sono tutti sacrosanti. Dell'ordine delle vostre priorità che mi vede in posizione stabile al 15° posto, che a momenti mi danno il telegatto per la costanza. 
Chissenefrega. 
Non ho più voglia di giustificare a priori, di capire a monte, di proteggere anche dalla mia stessa perplessità chi non dà per scontato il fatto di ritrovarmi lì anche a distanza di mesi. Mi rendo conto che molto spesso non sono le persone a "sbagliare" ma sono le nostre aspettative a fare danni. A crearci illusioni. Lo ammetto: io sono una di quelle che, molto spesso, si aspetta di avere di rimando le stesse attenzioni che elargisce. Ma non è scontato, e non è detto. Problema mio, ne prendo atto. Ma dato che non solo non sono capace di essere diversa, ma non voglio nemmeno essere diversa, perché quando sono così e la Persona che ho dall'altra parte capisce e mi dà le stesse emozioni, io sono felice. E allora, credo che la soluzione migliore per me sia una chiara, netta, insindacabile selezione delle persone a cui dedicarmi come ho sempre fatto. Con la stessa devozione. E rispondere in modo altrettanto insindacabile con un chissenefrega alle altre. 
Voglio smettere di pensare di essere sempre io il problema, di non essere abbastanza "qualcosa", di non essere all'altezza. 
Voglio provare l'ebbrezza di non mettere sempre in discussione la mia autostima, bensì di pensare, almeno qualche volta, di aver intercettato degli stronzi e che come tali devo trattarli. 
Ecco. 
Ah, nel caso in cui questa nuova politica non sia di vostro gradimento, dovete sapere una cosa: 
francamente, me ne infischio.  

domenica 7 giugno 2015

pietra sopra...

sopra le chiacchiere inutili
le mancate risposte
alla fuffa.
pietra sopra
ai discorsi insulsi
all eccessiva comprensione
alla mancanza di autostima
alla mancanza di rispetto per se stessi e della propria dignità
alla pigrizia
al non volersi abbastanza bene
alla mancanza di coraggio nel pretendere
al procrastinare

pietra sopra
su chi non ti ama e non ti merita
a chi vorrei ma non posso e che più spesso è potrei ma non voglio
a chi fa volentieri a meno di te e senza grande fatica
sulle false speranze
sulle illusioni su uomini troppo belli
ma anche su quelli così così.

Pietra sopra
sul chi dà tutto per scontato, o dovuto, anche te.
sulla mania di esserci
di aspettare
di rincorrere
di consolare
di motivare
specie se tutto questo è a senso unico

pietra sopra
sui complicati
gli sposati fidanzati conviventi coinquilini
gli sposati più o meno, i fidanzati ma non troppo, i conviventi forzati, i coinquilini affettuosi
i separati in casa, i divorziati con rimpianto, gli anafettivi, cinici, gli stronzi belli e impossibili, quelli che la carbonara è buona ma la mia mamma la cucina meglio,
ai pigri, a chi non sente l urgenza di passare del tempo con te ma può tranquillamente aspettare settimana prossima che tanto...
su chi incarna una o più delle caratteristiche qui sopra debitamente elencate.

pietra sopra
sulla rabbia, sulla delusione, sull incapacità di capire e di rassegnarsi
sui pensieri fin troppo facili tipo non ne voglio più sapere, inizierò a comportarmi anche io così, bella e impossibile, acida e velenosa, sarcastica e tagliente.
pietra sopra
sui fanculo non detti ma troppo spesso pensati, sulla gastrite e sulla voglia di chiudersi il mondo fuori.

pietra sopra
ai mi basto e mi soddisfo, al non ci crederò mai più, alla rassegnazione e alle vite che non si cambiano. alla lagnanza congenita, ai non mi innamorerò mai più, al la solitudine è nel mio karma.

perché se è vero che certe cose mi fanno un male cane, sono anche dell'idea che la vita sia bella, e che valga la pena di provarla a vivere la meglio delle proprie possibilità, e che i soldi in questo pensiero non c entrano un cazzo, e che la strada la si debba anche cambiare quando le cose non funzionano, che poi di irreversibile esistono solo le malattie terminali, il resto si fa si desfa e si aggiusta. basta volerlo
e che magari non so niente di regole e manuali di galateo e che molto spesso non aspetto come dovrebbe fare una vera signorina, che magari mi prendo delle cantonate pazzesche, soffro la delusione, l abbandono e la solitudine, ma con tutto il mio ingenuo ottimismo, sto molto meglio di voi.

venerdì 5 giugno 2015

E non era una stupida, sapeva quel che voleva. Solamente voleva delle cose impossibili.
Cesare Pavese


giovedì 28 maggio 2015

Pezzi di cuore

Cercavo un immagine che rappresentasse "pezzi di cuore". Ho trovato per lo più cuori a pezzi, (concetto molto diverso) e cuori spezzati. 
Ieri era un altra immagine ad avermi colpita, era la Stazione di Porta Nuova a Torino, negli anni 20, simile a questa:
Chi mi conosce dai tempi di Sodalite, lo sa. Torino è entrata prepotentemente a far parte di me 23 anni fa. Mi ha regalato la passione per Cesare Pavese. 
Mi ha regalato ricordi, attimi, scorci a cui non rinuncerei mai  e per nessuno. 
Torino era ed è, casa mia. Un pezzo di casa mia, quello in cui ritorno quando ho bisogno di ricaricare le batterie, di ritrovare energia. Io non so per quale motivo, o forse sì, ma ogni volta che risalgo su quel treno non sono solo spezzata a metà tra il dover andare e il voler restare. Ma ho sempre la testa che va a mille e si fa pervadere dalla voglia di migliorare e di pretendere di più da me stessa. Torino era con me anche quando mi sono allontanata e ho iniziato sfuggirla. Quando mi sono ritrovata a tornarci un po' diffidente e mi è sembrato mi aspettasse da sempre. Quando me la sono reinventata solo mia, nelle mie passeggiate in solitudine, quando ho incrociato ancora mani e abbracci. 
Torino mi ha regalato Pezzi di Cuore (e non un cuore a pezzi). 
Chi mi conosce sa, che queste Persone fanno parte del mio DNA, che le difenderei come una leonessa davanti a qualsiasi cosa e non rinuncerei a loro per nulla al mondo. 
Chi mi conosce sa. 
E, se mai ce ne fosse stato bisogno, oggi una (altra) conferma che i Pezzi di Cuore pulsano all'unisono anche a distanza:
Ripubblico la foto qui sopra su facebook e parlo di nostalgia. Chi mi conosce sa quanto la forzata necessità di restare ferma mi stia costando. E chi non sa, scrive a cazzo: "suvvia, guarda avanti". 
Trattengo: il respiro, la voglia di mandare a quel paese. Sorvolo. Penso solo a Chi sa, ed è proprio Lei, a esserci come sempre, rispondere per me, a sua volta proteggermi: "tesoro piuttosto se ti volti indietro, mi vedi? sono quella che non vede l ora di rivederti!" Eccola mia Sorella, che mi legge nel pensiero. 
Mia Sorella che mi conosce e Sa. E i suoi occhi, che ritrovo al mio fianco e davanti a me. E non importa quanti chilometri, quante difficoltà, quanti momenti sospesi abbiamo vissuto. Lei c è. 
Ho Pezzi di Cuore a Torino e mi commuove sempre la telepatia, il cercarci trovarci e amarci che abbiamo e che supera anche i silenzi. E solo a leggerlo quel commento, è stato come ritrovarmi lì. Un teletrasporto emotivo. 
Guardo avanti da una vita, ma indipendentemente dal mio punto di vista, o dalla direzione del mio sguardo, la punta della Mole, fa sempre capolino. 

giovedì 21 maggio 2015

Borgo Dora

Ne deve scorrere di acqua sotto i ponti. Ne scorre sempre.
Che non ci si può fermare. E la Dora lo sa. Lei che di scorrere non si stanca mai, e da sempre rincorre il Po, e c'è il mare da raggiungere e quello mica aspetta.
Così scorre. 
A volte si illude di averlo raggiunto, mescola alle sue acque ma è pura illusione perché tutto defluisce, e così non ci si ferma. 
Si va. 
Su ciò riflettono gli occhi di Mari, camminano su Corso Vercelli con una scatola di cartone in mano. 
Una vecchia scatola di cioccolatini, c'era il disegno di una luna piena specchiata nel mare sul coperchio. Quello che resta è una scatola dai colori sbiaditi. 
Sbiaditi, come le foto che custodisce, e i fogli di parole scritte troppo rilette. 
Gli occhi camminano e le mani sudano. Il ponte di ferro si avvicina, poco oltre la curva. Tra le vie di Porta Palazzo le candele dei bar indiani si accendono, e si sente profumo di incenso. 
La malinconia danza con il fumo. 
La Dora scorre, che c'è il Po da raggiungere e non c è tempo da perdere. 
Un carico di lettere consumate da trasportare e da far leggere alla corrente.

mercoledì 20 maggio 2015

Pensiero sparso

Che poi a me il temporale, lì fuori, piace. 
Mettici che poi, qui dentro, ci sia un caminetto acceso, una coperta buttata per terra, della musica e due calici di vino rosso...

No, in quel caso di quel che c'è lì fuori, non me ne frega nulla. 
sys

mercoledì 13 maggio 2015

tutto qui?

Ho sempre lo stesso vizio che mi porto dalle superiori. Forse dalle medie.
Ci sono giorni in cui l'energia scarseggia e la mia concentrazione pure. E mi ritrovo con il mento sulla mano a guardare fuori da una finestra.
Prima quella della scuola, oggi quella dell'ufficio.
Guardo fuori come se la mia vita non fosse qui, non tra queste pareti a chiedermi che prezzo dare ad una lampadina, ma lì, lì fuori. A fare...
Cosa?
Se incontrassi oggi, la ragazzina che ero. Io le suggerirei (forse) di cambiare abbigliamento, che le felpe tre taglie più grandi non le porteranno fortuna.
E lei?
Lei cosa mi direbbe? Era questa Sonia che si aspettava di diventare? Se scavo nella memoria ritrovo una persona innamorata dell'arte, e dei libri. Scriveva racconti dove lei sarebbe stata a Firenze a fare la restauratrice, e il suo amico di sempre era a Roma, a fare il giornalista.
Poi non se n è fatto nulla, per entrambi.
Sonia di oggi è ancora appassionata di arte, si perde tra le parole di Alberto Angela, ma si ritrova il sabato sera mezza addormentata sul divano, spesso sfiancata dall'emicrania del w.e. Ama ancora i libri, ma riscontra una certa difficoltà nel leggere (si lavora, si corre, si corre, si lavora) e scrive sì, ma arranca.
Non credo che sia quello che si aspettava la Sonia di allora. Non può essere solo questo. Non credo che pensasse che l'età adulta, al quale guardava pensando "farò finalmente quello che voglio" fosse questa. Questa in cui ci sono io che ripenso che forse quello era il tempo di maggiore libertà che ho avuto.
Credo che entrambe "me" si stiano chiedendo la stessa cosa: è tutto qui? ci si alza al mattino, si va al lavoro, si discute e ci si fa venire la gastrite per cose che, a vederle da fuori sono cazzate, diciamocelo pure. E poi la sera si arriva a casa, semi esausti e c è la spesa, la lavatrice, le pulizie di casa e poi è tardi si deve andare a dormire che domani si ricomincia.
Non può essere solo questo.
Non riesco a pensare ad una quieta rassegnazione nel quale ormai ogni percorso sia deciso, perché così è insegnato. La mia è ancora la generazione legata al "posto fisso", e deve fare i conti che di fisso c è solo il conto corrente in rosso. Agli sguardi di chi ti vede vivere sola e ti osserva con una certa nota di compatimento, e tu di riflesso pensi a te stessa non come una donna autonoma ma come ad una zitella acida.
Quanti di questi pensieri sono stati spinti a forza nella nostra testa, e non sono nati in noi. Forse ha ragione Giordano Bruno, mentre si vive ci si dimentica di essere Divini. Abbiamo quest illusione di essere finalmente liberi eppure siamo schiavi del profitto. Se non guadagni x euro al mese sei nessuno. Se non sei un ambizioso non sei nessuno.

Ma le vere Ambizioni nella vita, sono davvero quelle che ci hanno spacciato come tali?


venerdì 8 maggio 2015

cose così

Non mancano poi tanti giorni. 
E non è nemmeno un compleanno di quelli proprio "a caso". Nel senso che si avvicina il fatidico giro di boa, e anche se il conto tondo sarà solo tra un anno, anche il dispari ha il suo perché. 
Insomma, 'na menata di tre righe e 'na parola per dire che il prossimi venturi sono 39 e bon. 
Che però è un numero che mi piace sì, (il 3 è numero perfetto, il 9 è divisibile per 3 e se lo scomponi in un quadrato ha tre cubetti per lato ed è perfetto pure il 9), insomma, ci sono ottimi presupposti che non sia una brutta età. Tenendo conto di ciò che diceva il buon Giordano, ossia che è tutto nelle nostre mani. 
Quindi, presa coscienza di quanto mi ha detto in cardiologo un mese fa "insomma... lei è giovane ma mica più una bambina", (sgrunt),  sto stilando un elenco di cose che voglio regalarmi per questa ricorrenza. Che poi non sono cose. Sono pensieri buoni. 
Complice questa giornata di sole, l'umore si rialza e mi sento meglio di quanto non mi sia sentita nei giorni passati. 
Aspetto il fine settimana con un carico di energia positiva che sento crescere man mano che le ore passano e si avvicina quella in cui chiudo la porta dell'ufficio a chiave. Non ci sono autostrade né treni ad aspettarmi, c'è la mia casa, la mia adorata Pelosetti, la prova della torta per il 19, la passeggiata al mercato e la visita ad un amica. C'è il mio paese "in fiore", forse un giro all'ikea, il sole da prendere in terrazzo e un libro da finire. 
Insomma, ci sono io. E al momento è tutto ciò di cui sento di aver bisogno. 

giovedì 7 maggio 2015

di Cose Buffe...

Alla fine ha ragione il buon Liga: "Niente paura, niente paura, ci pensa la vita mi han detto così". 
E in effetti, alle volte "lasciare andare" pare sia la sola cosa ragionevole da farsi. Ci si dibatte in pensieri, opere & omissioni, ed è un po' come agitarsi nel mezzo delle sabbie mobili, più ti spremi le meningi più ti infogni. E non va bene. 
Così, mentre mi dibattevo e combattevo la mia insana voglia di partire guardando il calendario e sognando discese ardite e risalite, è arrivata la Cassa di Risparmio in mio soccorso, levandomi ogni dubbio: digiti il pin, richiedi il saldo e dalla fessura luminosa esce il fogliettino di carta lucida con scritto "stattene a casa". Come dissipare i dubbi amletici in tre parole. 
E se è vero che l'Universo spesso parla, non è che le stelle stiano zitte. Anzi, elargiscono consigli e piene punte.
Ho disinstallato fb dal cellulare, ma ho installato l'oroscopo di Paolo Fox, e devo dire che ci piglia pure eh... tipo lasciare perdere i ritorni di fiamma (quindi niente barbecue nel fine settimana), Venere nel segno mi rende spumeggiante e sexy (anche Venere un giro per gli alcolisti anonimi però potrebbe farlo) Giove e Saturno non mi considerano, mi danno le spalle come di consueto, ma ormai pure io li bado con la stessa attenzione che do alle uscite di Dolce e Gabbana. 
L'altro giorno, il buon Paolo, mi ha detto avrei ricevuto una telefonata a sorpresa. E così è stato. 
Che poi si trattasse del Parroco di M. in cerca di rotelline smarrite,  sono dettagli. 

giovedì 30 aprile 2015

pesce fuor d'acqua


Mio Padre e  mio  nonno  andavano a pesca. 
Un paio di volte ci sono andata anche io, e mi sono annoiata a morte. 
Avevo sì e no forse 4 o 5 anni, e già l'idea di toccare un verme mi schifava abbastanza, non capito l'utilità di stare lì, seduta ferma ad aspettare che qualcosa di viscido e guizzante si mangiasse il suddetto. Il tutto in sacro silenzio "se no li spaventi" e io mi chiedevo dove avessero le orecchie, ma soprattutto, che avessero di brutto le mie risate da spaventare una trota. 

E poi non accettavo il fatto di vederle infilate nel sacchetto "dee strighe", delle streghe come mia nonna chiama il sacchetto del supermercato. Mettevano i pesci nella borsa, poi prendevano un altro verme e di nuovo la filosofia zen dell'attendere il passaggio del pesce successivo. Nel frattempo il primo era lì che si dibatteva. 
Poi si fermava. 
Poi si dibatteva. 
Poi si fermava di nuovo. 
E io vedevo quest'agonia, e andavo verso l'acqua, ne raccoglievo un po' e correvo verso la borsa, lasciando cadere quella poca che restava nell'incavo delle mani, addosso alla malcapitata. Che guizzava. Prima di fermarsi di nuovo, e così rifacevo il percorso centinaia di volte, in sacro silenzio per non spaventarla più del dovuto, ovvio. I miei spruzzi di acqua erano piccole boccate di ossigeno, alla fine in qualche modo riuscivo a riempire abbastanza la borsa perché il pesce si rianimasse, con mio nonno che si incazzava e mio Padre che rideva. 

Sono giorni in cui mi sento Trota. 
Mi dibatto tra il mio dire ed il mio fare, tra lo scazzo e la poca pazienza. Prendo boccate di ossigeno da spruzzi di energia che hanno la parvenza di cambiamento, e pare che invece no. 
Alle volte mi piacerebbe stupirmi. 
Davvero.
Vorrei rimanere sorpresa da un qualcosa, da un evento, così tanto da restare a bocca aperta. Da sentirmi mancare il fiato per l'emozione mentre il cuore corre come Furia Cavallo del West attraversando la prateria dei miei sogni. 
Ed invece, a volerla proprio dire tutta, sono anni che ciò non avviene. 
Anni. 

lunedì 27 aprile 2015

venerdì 24 aprile 2015

Tempo

Ho chiuso l'account di facebook. 
Non so se sia una cosa definitiva o meno, al momento non me ne curo, e onestamente nemmeno mi manca. 
Ma questa cosa apparentemente banale mi ha fatto riflettere: le primissime reazioni sono state amici che mi hanno cercata per chiedermi se stessi male. Se qualcuno mi avesse fatta incazzare, o ferita, o in qualche modo offesa. O se, peggio, la mia salute fosse sotto minaccia. 
Dimostrazioni di indiscusso affetto, sicuramente, ma suona strano solo a me il fatto che, lo scegliere di non appartenere ad un social venga di primo acchito preso come una segnalazione di disagio più o meno profondi? 
Sto bene. Ho solo voglia di tempi di versi, di cose diverse, di aria diversa. Soprattutto aria vera. Quella che respiri uscendo a fare quattro passi e mantenendo la testa in posizione eretta. Ho voglia di incrociare dita, ma dita di qualcun altro e non le mie che si attorcigliano sullo schermo di uno smartphone. Ma soprattutto sono stanca delle cornacchie starnazzanti che approfittano di ogni occasione utile per urlare la loro insana rabbia repressa. Dell'acido, dello squallore e della mancanza di un dialogo condiviso in un luogo che, dovrebbe trattandosi di un social, promuovere proprio il contatto, la condivisione e il dialogo. Rimpiango i tempi in cui ci si trovava nel bar del quartiere, con coca cola e chiacchiere. O ai giardini pubblici e quando litigavi, ti guardavi negli occhi. 
Sì, lo so, sono di mentalità vintage. 
Ho voglia di (ri)scoprire un altro respiro, uno più lento, più semplice. Come la pasta che ho osservato lievitare domenica scorsa, quando per fare un dolce ho impiegato circa sei ore. 
Come regalo di compleanno, vorrei regalarmi un altro ritmo di vita. Ecco. Forse ho identificato il primo pensiero "oscuro" che mi volava sopra la testa qualche giorno fa. 
Cambiare Ritmo. 
Smettere di appartenere a qualcosa che, di fatto, sento non mi rappresenta più, e dettarmi le mie regole. 


giovedì 23 aprile 2015

Dono della sintesi parte II

L'unica gioia al mondo è cominciare.
E' bello vivere perché vivere è cominciare, sempre ad ogni istante.
Cesare Pavese

Non possiamo pretendere che le cose cambino,
se continuiamo a fare le stesse cose
Albert Einstein

Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi. Nascendo in questo mondo, cadiamo nell'illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo divini, che possiamo modificare il corso degli eventi, persino lo Zodiaco.
Giordano Bruno




mercoledì 22 aprile 2015

martedì 14 aprile 2015

boh.

Cambiare ritmo. 
Cambiare ritmo dei pensieri, dei gesti. 
Cambiare metodo di investire. 
Investire il tempo, le energie, le parole. 
Cambiare. 
Come se le cose così come sono non ti piacessero, in realtà l esigenza non nasce dall'insoddisfazione. Strano da spiegarsi. 
E' follia fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi, diceva Einstein. 

Fatico. 
Fatico sempre a chiudere la Giornata Attesa. Quella dove aspetti qualcosa, o qualcuno in particolare. Quella che vorresti rallentasse quanto più possibile, girasse più lenta e invece sembra più vorticosa delle altre. Prendere i due bicchieri di vino e riporli, finalmente, nella lavastoviglie. Come dire: è andata, è finita e chissà se. E quando il se si avvera chiedersi che fare. 
Dopo l'incidente avevo paura di tutto. Poi, superato il trauma non avevo paura più di nulla. 
Ora di nuovo mi ritrovo con i pensieri legati alla caviglia sotto il peso di ma e di se
C'è ancora qualcosa che mi sfugge. 

giovedì 9 aprile 2015

Chi vuol esser lieto sia, di doman non v'è certezza...

Se avessi un euro, per ogni volta che, dato un argomento mi sono risposta una cosa tipo "smettila di pensarci". Penso sarei ricca, vivrei di rendita, e lavorerei part time solo perché non fare nulla tutto il giorno è noioso. 
Ieri ho dato un occhiata al mio "tablet di cuoio" (il mio amato organizer di pelle) e ho visto che di biglietti del treno, prenotati e di prossimo utilizzo ne è rimasto solo uno. 
E penso alla sensazione bellissima nel momento in cui escono dalla stampante, quando hai prenotato e trovato l ultima offerta vantaggiosa e te la sei portata a casa. 
E' bellissimo. 
Come ti faccia sentire un biglietto del treno appena stampato, la sola idea di partire e di arrivare lì dove aspetti di giungere da tempo, è meravigliosa. 
Ed è come una droga. Più lo fai e più lo faresti, altro che le sale slot, tenetemi lontano dal sito di Trenitalia e quello dei voli in offerta. 
Da stamattina una delle pazze idee che mi fa compagnia, è sull'ipotetico ponte del 2 giugno. Sulla voglia di azzardare, che la vita è breve, e fragile. E le occasioni vanno colte al volo, ma non solo. Le occasioni vanno cercate, volute, si deve combattere per esse, se davvero ci tieni. Certo. Bellissime parole, ragionamento che non fa una grinza, al contrario del mio conto corrente che di grinze ma, soprattutto buchi neri, ne ha a bizzeffe. 
Ma mi riservo il diritto di immaginare, di provare anche solo a illudermi di poter pianificare un regalo di compleanno unico e diverso dal solito. 
Oggi va così. 

mercoledì 8 aprile 2015

ombre di pensieri

"Oggi è il primo giorno del tempo che ci resta
un giorno buono per ricominciare".

Vi capita mai di avere un pensiero in testa, e di non riuscire a codificarlo?
E' come stare vicino ad un aeroporto, a testa bassa a guardare il terreno. Si vedono solo le ombre degli aerei che passano sopra la testa. Se ne sente il rumore. Ma non puoi distinguerli. 
Ecco, sono giorni che mi dibatto tra le ombre di pensieri che fatico ad identificare. 
Riesco a percepire che qualcosa non mi torna, altre cose mi stanno strette. Persisto nell'avere voglia di alleggerire il carico, emotivo o fisico che sia. Ho la sensazione di muovermi ancora una volta in uno stato di inquietudine mista a insoddisfazione. Che poi in realtà insoddisfazione non è.
Ho preso una strada, ho fatto delle scelte e molte si sono rivelate più che buone. Mi guardo allo specchio e mi vado bene. Ma non è ancora la soluzione ottimale. Forse sono solo "destinata" ad essere un anima perennemente in fermento. Ma ritengo non sia quel fermento del perennemente insoddisfatto. Della persona che ottiene qualcosa e già si è stancata e punta ad altro. E' il fermento del "sì questa cosa mi va bene ma non è ancora abbastanza". Ho la sensazione che il tempo mi stia correndo e scorrendo addosso e arrivo a sera con la sensazione di aver combinato nulla e nello stesso tempo la stanchezza di aver mosso una montagna. E non mi piace. In realtà sono dell'idea di avere una gestione del mio tempo sbagliata.  Da una parte c è la mia mania del "tutto e subito" dall'altra mi rendo conto di dover dare il tempo giusto alle cose giuste. 
Mia Sorella mi ha regalato un bellissimo mantra:  "se una cosa è ti fa star bene non può essere sbagliata". Lo prendo, lo tengo stretto, lo faccio mio. E ogni volta penso che mai come in questo periodo mi è mancata la sua voce e i suoi occhi. 
Paola mi ha detto "C è bisogno di riflettersi in qualcun'altro di simile a noi, alle volte, perché ci permette di capire noi stessi e dove stiamo andando". E anche Paola è una persona che ti viene da prendere e tenere stretta. Perché è bella. E' bella quella luce che ha negli occhi, e che sa di consapevolezza. 
Mi circondo di Persone Belle. Belle perché intense, forti, complesse e complicate. Ma è quella complessità a stimolarti, a dirti che il divano blu è una meraviglia ma c è un mondo là fuori e devi prendere in mano il coraggio e la voglia e andarlo a scoprire. E non è solo una questione di spostamento fisico. Il mondo bello e vivo che c è lì fuori è lo specchio di quello che ti porti dentro. Con la sua luce, le sue ombre e i guizzi di colore intenso. 
Per il momento ci sono ombre di pensieri, che mi passano sopra la testa e che ancora non riesco ad identificare, ma sono dell'idea di essere lì per lì ad alzare la testa verso il sole. 



mercoledì 1 aprile 2015

giovedì 19 marzo 2015

ciao Tiziana.

Fa strano. 
Perché ho avuto la febbre alta e non mi capitava da una vita. Ho dovuto fermarmi e restare a casa, sotto le pezze, lasciare che qualcun'altro si occupasse dell'ufficio, facesse per me. Mia madre che mi rassicura "guarda che se resti a casa un giorno o due il mondo va avanti uguale". Lo scrivo anche su face, sotto "le battute di mamma Serafina" e a commentare c è anche Lei, Tiziana, che la Mamma l  ha persa da poco. Mi dice di riguardarmi, di stare al caldo di riposarmi. Clicca il mi piace sulle foto della Melli, che mi fa da badante, mi saluta, con quella ciospa riccia nella foto del profilo, che voleva farsi rossa. Ne parliamo solo pochi giorni fa. Massì dai, che sarà mai, poi se non ti piace cambi colore di nuovo. Cambiare fa bene. Pura vita. 
Sono le 10.28 ora, e il suo funerale è cominciato ventotto minuti fa. E io fatico a rendermene conto. Perché un momento era lì, a ridere della sua insonnia, e poi il suo cuore ha deciso che il karma era esaurito.
E si è fermato. 
Così. 
E io sono rimasta senza parole. 
Così. 


In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...