venerdì 19 dicembre 2014

Be Happy

Ci siamo. 
Questo probabilmente è l'ultimo momento utile per fermarmi qui, tra queste pagine forse un po' trascurate e silenziose. 
Che poi non ci sarà la connessione, e di postare con il cellulare non me lo sogno nemmeno se ceno con impepata di cozze.
Ritornano i giorni di Natale, giorni che amo e odio nello stesso tempo. Giorni che ogni anno aspetto e poi non vedo l'ora finiscano quanto prima. E ogni volta quando rientro in ufficio poi è quasi un sollievo. L'anno scorso ho fatto sparire l'albero il 27 dicembre. 
Quest'anno ne ho fatto uno così minimal ma che mi rispecchia tantissimo. Nero e argento. Che poi lo so ci sarà il tempo di pensare a chiudere anche l'anno chiamando a raccolta i pensieri a far bilanci. Cosa mi ha dato cosa mi ha tolto. 
Nonostante un po' di anticipo sulla tabella di marcia, potrei già dire che mi darà la voglia di comprare l'ennesimo quaderno dove annotare i miei pensieri scellerati. Mi ha dato di incontrare persone che hanno ispirato post tipo "sex and the city" nel senso di appuntamenti disastrosi da rileggersi in chiave ironica e benedicendo le Amiche, quelle che non ti abbandonano mai, nemmeno davanti agli appuntamenti catastrofici e ti salvano ridendoci su.
Mi ha dato un sogno, che sì, è durato poco ma che valeva la pena di vivere. 
Mi ha dato conferme. Solide. Di rapporti che crescono e maturano con il tempo e superano momenti che non diresti mai e invece. E invece sono Certezze. Le sole. Le Uniche. 
Mi ha regalato la forza di volontà per uscire dalla pigrizia e iniziare a camminare sul serio. Prendere i miei progetti sul serio. Mi ha tolto 9 Kg e un paio di taglie. Ma mi ha ridato la voglia di fare shopping! mi dato una nuova visione di me a cui ancora non mi sono abituata, e mi ha tolto una notevole quantità di paranoie... ad esempio che data la veneranda età alla quale mi avvicino, lenta e inesorabile, non sono più tenuta a render conto a persona alcuna del mio operato, se non a me stessa. 
Insomma. In linea di massima direi che l'anno è stato positivo, c è ancora qualche giorno magico da vivere prima che appartenga ai ricordi e venga chiuso in un cassetto, e me li vivrò al meglio, ne sono certa.
In attesa del 2015 che solo per il fatto di essere dispari e finire con il mio numero preferito, mi fa ben sperare. 
E allora buone feste, ai lettori più affezionati che di tanto in tanto passano ancora di qui. 
Ai viandanti di passaggio. 
Namasté. 

mercoledì 17 dicembre 2014

Vivendo adesso

Amami ora come mai
tanto non lo dirai
è un segreto tra di noi
tu ed io soltanto 
e il fuoco e le fiamme a dire che 
stiamo solo facendo sesso...

Che poi lo so come andrà a finire. 
Dovrò strapparti dalla mia pelle, e non basteranno dieci docce calde per togliermi il tuo profumo di dosso, il tuo sapore dalle labbra. 
Entrerò nella mia stanza cercandoti tra le pieghe del piumone, infilerò la faccia in mezzo al cuscino cercando tracce di te, di quello che siamo. 
E il fuoco e le fiamme. Quelle indomabili, che bruciano tutto quanto venga in contatto con esse, le parole, i silenzi, i pensieri. Le domande di ciò che sarà dopo, domani, che ne sarà? Perché ci sarà domani e ci sveglieremo troppo distanti per toccarci, troppo soli per parlarci, troppo uniti per fare finta di nulla. A fingere di sorridere, a fingere che nulla sia cambiato. Vestiti delle nostre vite, la tua, la mia, la mia che non ti appartiene,  tu che non sei mio. Altri occhi, altri sorrisi, altre mani. Non le nostre che si cercano si intrecciano si appartengono. Parlano per noi, quando gli occhi sono troppo, le labbra sono troppo, e tutto ci sfugge in una vertigine che ci fa aggrappare l'una all'altro. 
E mi chiedo perché dovrei. Perché dovrei vivere tutto questo, compreso lo spezzarmi perché lo so come sarà, finirò per spezzarmi, perché ci sarà quel momento in cui le tue mani dovrò lasciarle andare. E imparare, di nuovo, a fare a meno di te. Del tuo respiro (la mia aria), la tua pelle (il mio scudo che mi protegge davanti al mondo), i tuoi occhi (la sola luce che riconosco, oggi). 
Fare a meno di te. Sorridendo. Come se fosse stato un sogno, una vaghezza immaginata così, guardando fuori dal finestrino di un treno in corsa, lasciandosi rapire dalle note di una canzone. 
Fare a meno di te. Delle braccia dove posso nascondermi, delle spalle capaci di sostenermi, anche quando rido da non tenermi. Fare a meno dei tuoi occhi, in cui sento di brillare come mai prima d'ora. 
Sì. lo so come andrà a finire. Chiuderò gli occhi davanti alla porta socchiusa mentre scenderai le scale. Ma fino ad allora, scuoto la testa, e i ricci, e lascio che i pensieri se ne vadano come i brutti sogni del mattino. Riapro gli occhi su ora. Adesso. In questo preciso istante, Tu, dall'altra parte della strada, che mi sorridi. 


lunedì 15 dicembre 2014

Un raggio di sole in una tazza di caffé

A pensarci nemmeno si ricordava quando l'aveva capito. Se fosse stato al primo incontro... no, forse in quell'occasione no. Anche se... 
Anche se a pensarci bene c'era stato qualcosa. Qualcosa nello sguardo che gli aveva fatto pensare che... Ma era un pensiero veloce, del resto andiamo, siamo seri. A chi verrebbe in mente? Eppure se vogliamo un minimo di interesse da parte sua, lui l'aveva percepito. Che fosse nel sorriso, nello sguardo. Uno di quegli sguardi che ti si piantano direttamente nel centro delle pupille e non ti mollano più. Che mentre sei lì che parli ti senti al centro dell'attenzione che nemmeno Obama davanti al Congresso. Con quel chinare la testa un po' verso sinistra, che par ti ascolti meglio.
E adesso? Adesso lei dormiva con la testa sulla sua spalla. Il suo fiato leggero sul collo e il braccio abbandonato sul suo petto. 
Lui le accarezzava la mano, le dita sottili e quel disegno delle unghie che gli piaceva tanto, che lei si vedeva non le mordeva. 
I capelli sciolti, quelli impossibili da tenere, quelli che gli si attorcigliavano intorno alla barba e si impigliavano nei bottoni della camicia. Quelli che scherzando li aveva definiti "peggio dei serpenti di medusa",  quelli che le contornavano il viso sereno che non riusciva a smettere di guardare. 
E temeva di svegliarla, temeva di interromperle un sogno colorato. Restava fermo ad ascoltare il ritmo del suo respiro e del suo cuore, quello che aveva sentito galoppare contro il suo poco prima, quello dove si era perso e ritrovato. Quello che, in qualche modo, sapeva di tenere tra le dita. 
Il gatto saltò sul letto in cerca di attenzioni, lei si mosse piano e riaprì i suoi occhi su di lui. "Ma che fai, mi lasci addormentare? non devi... dai... ce lo facciamo un caffè?" 
E gli regalò uno di quelli sguardi, uno di quelli che gli accarezza gli occhi, scivola sulle labbra per poi rituffarsi nel suo sguardo. Uno di quegli sguardi che non puoi fingere e che non hanno bisogno di inutili parole. 

mercoledì 10 dicembre 2014

cala il sipario

Punto e a capo. 
Si arriva alla fine di un quaderno, di un blocco. Si strappa l'ultima pagina o si pone un punto. 
E si chiude. 
E non è facile. Non lo è per nessuno. 
E fin qui, il falò delle banalità. Vorrei però sfatare un mito più o meno metropolitano: chi ama meno è meno fragile, diceva il Liga. Ma non è vero. 
Ho lasciato, sono stata lasciata. Il dolore è dolore. Punto. A meno che non vi siate messi con uno/a stronzo/a, sappiate che chi vi sta davanti e vi guarda andare in pezzi, non fa la ola appena voi girate l'angolo. Anzi. 
Essere chi decide di chiudere non è semplice prima di tutto davanti a se stessi. Perché significa essersi accorti di qualcosa che non funziona prima che se ne sia accorto l'altro. Significa averci ragionato, anche quando per l'altra persona andava tutto bene. Significa aver provato a mandare segnali. Anche quando, alle volte, l'altra persona non li vede. O finge di non vederli. Perché fa più comodo, perché alle volte è più semplice. Perché alle volte si pensa che ignorando le cose prima o poi spariranno. E non è vero. 
Chi decide di alzare gli occhi e dire "Non va". Prova dolore. Prova dolore per chi lo osserva con quello sguardo smarrito di chi si sveglia di soprassalto, e resta incredulo. Prova dolore perché sa che l'unico modo in cui potrebbe alleviare quel dolore sarebbe ritrattare, ma non può. Non può perché significherebbe scendere a compromessi con se stessi, e semplicemente rinviare l'inevitabile. Prova dolore per se stesso, perché c ha creduto in quella storia. Ha voluto crederci, ma ha la sola colpa di essersi accorto prima che in realtà non c erano chance. E dall'altra parte ci si incazza, si urla si soffre, si manifesta il proprio dissenso. Ma come non ci possiamo nemmeno riprovare? Aggiustiamo il tiro, dammi la possibilità di... Quante volte l ho detto e l ho pensato e non ho capito il perché del No. Si pensa solo che nei rapporti c è chi decide e chi subisce. Ed è vero. Io credo che le seconde possibilità si possano dare a chi commette un errore, se reputiamo possa essere stato un peccato veniale. Se sinceramente possiamo perdonare. Ma le diversità non vanno perdonate, le diversità esistono e vanno accettate. Le diverse visioni, le diverse attitudini. Non c è nulla da perdonare o modificare. Non si può stravolgere l Essere di una persona. O l accetti per come è nella sua completezza, o se medi con te stesso finirai per volerla cambiare portandola all'altezza delle tue aspettative. E allora finiresti solo per ferirla, forse farla sentire inadeguata. Chi decide di chiudere una storia, è vero, decide per entrambi. Spesso non concede possibilità di replica. E non significa che ci sia qualcuno di sbagliato. 
Semplicemente l'incastro non funzionava. 
I pezzi di un puzzle non sono mai sbagliati. Lo è la loro collocazione. 

martedì 2 dicembre 2014

Never say goodbye

Questo Natale lo passo senza di te.
Senza le tue luci, senza i tuoi colori. Senza quel profumo di legna che arde, delle mie sere in penombra.
Questo Natale devo passare la mano.
Devo accontentarmi di perdermi nelle tue foto, nei ricordi, sempre più vivi e più intensi che raccolgo in una scatola e dentro di me. Fanno parte della mia Anima e sono i primi che proteggo ad ogni trasloco, e che non perdo mai. So sempre dove cercarli e dove trovarli.
Questo Natale cercherò come ogni anno una pallina speciale, ma non ho ancora deciso se "fare" l albero oppure no. So solo che non farò biglietti del treno, non chiamerò Cristina per prenotare il mio nido. So solo che quest'anno non torno a casa.
Quest'anno non ci sarà la giornata con mia Sorella, a farci venire mal di gola per le troppe parole, e male la faccia dal ridere, e quelle facce che fa solo lei e che io adoro. Non ci saranno le melizie a colazione, la Mole a salutarmi a sorpresa tra un palazzo e l'altro, il Po a scorrere placido e il bicerin a fumarmi tra le mani. 
Un Natale senza te non mi sembra nemmeno Natale. 
Ma mi piace raccontarmi, che Natale possa essere tutti i giorni in cui ci si sente felici, e a casa. E allora mi dico, che il mio Natale è solo rimandato. 
Tornerò da te. Te lo prometto. 

lunedì 24 novembre 2014

25 novembre. Giornata internazionale contro la violenza sulle Donne.

Ti dice che cambierà. 
Che non lo farà più. Te lo prometterà in tutti i modi.
Magari prenderà le tue mani tra le sue, se le porterà alle labbra e te le bacerà tra le lacrime. 
Ti chiederà di perdonarlo con gli occhioni da Bambi ferito.
E' tutta fuffa. 
Sappilo. Cioè lo so che dentro di te lo sai, ma so che hai bisogno di sentirtelo dire. 
Sono Tutte Cazzate.  
Non solo non cambierà e non manterrà fede alla promessa, ma alzerà le mani di nuovo, e sarà pure peggio della volta prima. 
E le lacrime che adesso ti impietosiscono lasceranno posto ad occhi capaci solo di farti più paura. 
Lo so... lo penso anche io: Candy Candy c ha fatto male. Ha rovinato un intera generazione, abbiamo tutte sta sindrome da Crocerossina che non c abbandona. Del resto, che ti aspetti? Biancaneve faceva la badante, Cenerentola la donna delle pulizie... il servilismo ce l hanno inculcato fin da piccole. Per fortuna di tanto in tanto c era al Barbie che girava in Ferrari senza Ken, a restituirci un po' di orgoglio. 
Ma il tempo dei cartoni e delle favole è finito, smettila di crederci. Non cambierà. Lo dice, lo dicono sempre, ma non lo fanno. E te lo dico perché lo so. 
Perché quando mi ha chiuso la gola dentro al frigo, regalandomi un livido che m ha fatto compagnia per dieci giorni, era così ubriaco che il giorno dopo nemmeno se lo ricordava. "Evidentemente tu riesci a tirare fuori il peggio di me, prima di te solo mia madre ne era capace". Ecco.
E non cominciare a dire che in fin dei conti non è colpa sua, ma della sua infanzia... Col cazzo!!!
E' solo colpa sua. Tutti, chi più chi meno, abbiamo avuto un infanzia non proprio rosea. Ma questo non ci autorizza a girar per strada menando le mani. Meno che mai con le persone a cui poi diciamo pure parole grosse come "ti amo". Credimi. Sono solo enormi Cazzate.  
Io quel giorno, ero all'estero, non potevo scappare ma ho iniziato a pensare solo alla via di fuga. La prima utile. C ho messo due mesi, due mesi in cui volavo bassa, ho fatto come i gatti, stavo giù... pancia a terra... evitavo ogni occasione potesse mettermi a rischio. 
E poi sono scappata. Tanto non sarebbe mai cambiato, anzi. Sarebbe stato sempre peggio. 
Quindi, per favore, te lo dico da Sorella. Da chi sa cosa è quel gran casino di paura, ricatto, ansia, dolore in cui stai vivendo. Scappa. Arraffa quello che puoi e salvati la vita. Chiedi aiuto, ad un'amica, ad un Fratello, alla tua famiglia. Correranno da te, anche ad occhi chiusi. 
Vai dalle autorità, denuncialo! 
Ti direi di cuore, prendilo a sprangate sulle palle, se riesci. Non è bello, e non sarà da crocerossina, ma vuoi mettere la soddisfazione? 
Scappa. Vattene da lì. Non lo puoi cambiare tu. Non lo puoi salvare tu. Solo con l'aiuto di persone specializzate, solo con delle vere cure. Ma non sei tu a poterlo fare. 
Prima di tutto, perché tanto alla fine lui non lo vuole. Perché se lo volesse, l'idea di curarsi verrebbe da lui. Ma lui non riconosce nemmeno di avere un problema. Anzi, il problema sei tu, che lo fai incazzare, che non lo capisci. Che non sei adeguata alle sue esigenze... 
Ma per l'amor di Dio non credergli! In realtà è così schifosamente egoista (stronzo e bastardo) che ti supplica di aiutarlo (perché lo fa, vero? uh! hai voglia che lo fa, è così bravo che si mette pure in ginocchio magari) solo per tenerti sotto il suo controllo. Non è amore. E' possesso. E' quanto più distante dall'amore tu possa incontrare. 
Quindi, smetti di sperare, smetti di lottare contro i mulini a vento. Smetti di prenderti botte, incassare umiliazioni, sopportare soprusi, al grido di "io ti salverò". 
Abbi il coraggio e la forza di chiedere aiuto. Non ti sentirai più sola e anzi, ti sentirai nascere dentro una tale forza che ne verrai fuori. 
Spezza il silenzio (se proprio la buona educazione impedisce di spezzargli le falangi), e salvati la vita. 

martedì 18 novembre 2014

.

Ci sono quei giorni. 
Quello in cui tutto sembra rallentare così tanto da fermarsi quasi. E tu rallenti insieme al resto, anche il tuo cuore adegua il battito, più lento più basso, quasi non lo senti. 
Salvo poi ricominciare a correre, a cercare di recuperare il suo tempo, che è un tempo che ancora sfugge ancora persino a te, e allora la pressione si alza, ti scoppia la testa e il tuo corpo si ribella alla stasi dandoti scossoni dolorosi. 
Giorni in cui i pensieri si affollano, uno sull'altro come durante una partita di rugby, e hai voglia tu a metterti lì a dire "no ragazzi con calma, uno alla volta". Nemmeno scrivere ti aiuta, perché rotolano fino alla punta della penna e la calligrafia si contorce in ghirigori illeggibili.

Ci sono quei giorni.
E allora per fortuna oggi è uno degli altri giorni, quelli in cui il sole ha deciso di uscirsene a fare due passi, tutto intorno riscopre di avere dei colori ben diversi dal grigio cupo e bagnato di quei giorni, e pensi che forse oggi ti puoi concedere due passi insieme a quel sole, lasciare l'ombrello in macchina e i capelli sciolti. Un giorno senza troppo pensare, un giorno di silenzio che sappia di calma. Mandi i pensieri negli spogliatoi, per la fine del primo tempo e ce li chiudi dentro. La chiave la tieni in tasca, che tanto sai prima o poi dovrai deciderti a farli uscire e affrontarli uno alla volta. Ma per oggi ci sono i due passi nel sole, c è nell'aria profumo di caffè e l'idea di chiacchiere leggere. 

Oggi è uno degli altri giorni. 

mercoledì 12 novembre 2014

"Ma tu, come stai, tu?"

"Vorrei mi scrivessi quelle due uniche semplici e fondamentali parole: "sto bene".
Per un significato che va oltre l essenzialità e l apparente normalità di due parole talmente piccole da racchiudere un universo".

A.M.

martedì 28 ottobre 2014

uno di quei giorni che...

... uno di quei giorni che vorresti metterti lì e scrivere, scrivere ogni cosa, ogni singolo frammento di pensiero, senza chiederti se abbia un senso, se ne ha per chi ti legge, se chi dovesse un giorno leggerti penserebbe che tu, proprio in quel dato momento stavi vivendo un momento che... 
uno di quei giorni in cui ti vorresti vedere, come una di quelle attrici di una bellezza non da copertina, ma che la vedi la senti la noti, anche da sotto dei jeans troppo larghi e il maglione che infagotta te su di lei sta una meraviglia e parrebbe che, a contrario di te, lei sappia esattamente cosa fare, come muoversi, cosa dire, anche se (apparentemente, ovvio) velata di una dolce goffaggine che la fa guardare con quell'occhio tenero e accondiscendente. che i copioni non cazziano, che i copioni sono facili da imparare, e poi puoi sempre improvvisare qualora acquisissi quell'attimo di sicurezza che ti porta ad azzardare, a non pensare oddio sono troppo vecchia per questo o per quello, che un giorno pensavi farò la ballerina, e poi, diciamocelo, hai dovuto cambiare idea, che una ballerina con il seno generoso non s è mai vista, e hai pensato che volevi fare la giornalista, che le parole e le idee poco hanno a che fare con il seno, (forse), e allora, dicevamo? ah sì, volevi fare la giornalista, non la ginnasta, che in equilibrio sui tuoi pensieri non ci stai bene, mai troppo a lungo, e poi soffri di vertigini, hai bisogno di restare tranquilla con i piedi per terra, anche se poi ti metti a piroettare su un idea che sfugge ed è sempre più veloce di te. che si diventa più lenti con l'età ci si fa troppi  problemi sì, si pensa troppo, con l'agilità di un pachiderma zoppo, al più e allora volevi fare la giornalista e stai facendo la segretaria. la verità non la cerchi più nei fatti,  ma in fondo ad una fattura, e non è esattamente la stessa cosa.
oggi è uno di quei giorni che vorresti inciampare in un idea, una di quelle che ti regala un picco di adrenalina, una di quelle che ti lascia solo il tempo di vederla un attimo che già ci stai costruendo il progetto intorno, il sogno intorno, che sognare in modalità architetto è bello, ci puoi mettere un architrave di fantasia lì, dove il peso del sogno pare rendere l arco instabile, e lì scarichi il peso, quella della stanchezza, con un uno di quegli archi gotici, così non pensi alla giornata di lavoro che hai alle spalle e torni lì ad arricchirlo, il sogno dico, con lo scalpellino, anche se è notte, anche se ti sei appena addormentato ma l urgenza dell'idea ti ha fatto sbarrare gli occhi... 
oggi è uno di quei giorni in cui vorresti essere ancora lì, sospesa tra i tuoi sogni come una ginnasta, a decidere se nella vita vuoi fare la giornalista, o la ballerina... 

martedì 21 ottobre 2014

di abitudini, di rivoluzioni, di disquisizioni e di santa pazienza...

Non tutti i fine settimana vengono con il buco. Specie se ti devi imporre di passarli in casa per dare un senso a ciò che un senso più non ha: il disordine. Stratosferico e costante da almeno un paio di settimane vissute sull'onda del non c ho tempo per nulla, manco per una lavatrice. Che tanto con il tasso di umidità al 95% col cavolo che s asciuga.
Pensieri pari a quelli della sciura Cesira, per dire. Ci manca solo che prosegua questo post ponendomi domande introspettive tipo "potrà uno smacchiatore fare al felicità di una donna?". 
In questi giorni gran parte dei confronti tra me e Lui vertevano sulle abitudini. Più o meno radicate di entrambi. Perché quando cominci una storia dopo i trenta, non è semplice. Non è come quando hai 20 anni, un carattere plasmabile e tutto va bene, tutto è risolvibile. A vent'anni puoi passare una notte in sacco a pelo in stazione se perdi l'ultimo treno. Quando sei più vicino ai quaranta, dopo aver tirato giù tutta la schiera di angeli arcangeli e serafini, te ne vai a cercare un hotel pregando non ti costi un rene. 
Ci vuole una gran pazienza. Soprattutto quando hai a che fare con un carattere come il mio. Che diciamocelo, non sono proprio farina da fare ostie, direbbe Zia Ester.
Non ho molte abitudini radicate, ma ne ho una che fa per mille. Io sono abituata a stare da sola. E non lo dico in modo autocommiserante, lo dico con un certo orgoglio (anche se l amico Bruno mi farebbe quella faccia lì). Sono abituata a stare da sola, a gestirmi gli spazi, la giornata, le idee e i progetti per il futuro. Grazie a Dio ho una Famiglia meravigliosa con cui ha condiviso i momenti belli e quelli neri. E sì, ho anche Amici che sola non mi hanno mai fatta sentire, e continuano a essere un po' me anche ora. Ma in linea di massima, fuori dal campanello di casa c era solo il mio nome. (E a comandare ci pensava la Melli).
Oggi leggevo Patty che parlava della zona di comfort, quella dove  ci si rifugia, dove non stiamo bene né male ma semplicemente si sta.
Perché così funzioniamo perché così in qualche modo si va avanti, non devo nemmeno interrogarmi più del dovuto, tanto il sole domani sorge comunque, e mi alzerò alle sette per andare a lavoro. Perché così funziona, funziona così anche per le persone che conoscono. Ci si alza la mattina, si va al lavoro, la sera si cena, un bel film e domani si ricomincia. Magari ne frattempo si conosce qualcuno, si va a vivere insieme, ci si fa una famiglia ecc... ecc.. ecc...
Ecco. Io ho orrore degli ecc... ecc... ecc....
Ho orrore delle cose fatte perché si fa così.
Perché si è sempre fatto così. 
Mia madre mi racconta che da piccola ero una grandissima smeriglia testicoli. Perché la domanda più frequente che facevo era "e perché?" e se non mi davi una risposta decente, continuavo... "e perché?". Non sono cambiata più di tanto. O meglio, c è stato un periodo della mia vita in cui mi sono seduta, sul mio vivere e sul mio stare, mi sono fatta portare un po' dalla corrente, forse il tempo di prendere aria, di aspettare che certe cicatrici guarissero davvero.
Poi a darmi una scarica elettrica c è stato l'incidente, e senza farla più tragica di quello che è stata, parafrasando Zanardi (con tanto rispetto) forse è stata la miglior cosa che potesse capitarmi.
Perché?
Perché la sera stessa ho detto a mio Fratello che era il miglior Fratello che potesse capitarmi. Perché ho scoperto che ci sono gesti che diamo assolutamente per scontati e scontati non sono. Perché ho conosciuto due delle Persone più importanti della mia vita. Perché ho scoperto che sono meno fragile di quello che pensavo. Che la mia cocciutaggine mi ha fatto tornare a camminare su un tacco 12, anche se con moderazione...
La zona di confort delle nostre abitudini, del lasciarci vivere ci uccide. Uccide il tempo, il giorno che abbiamo a disposizione. 
Uccide la curiosità. Quella innata che abbiamo e che ci spinge verso l'esterno. Che ci fa venire voglia di dire "ma io sarò capace di fare...?" 
Troppo spesso si arriva a casa e ci si fa rapire dal potere oscuro del divano, dalla tv.
E invece c è un mondo lì fuori.
Ma c è un mondo anche qui dentro.
Se chiudiamo gli occhi e ci leggiamo dentro, abbiamo tomi e libri che il Signore degli Anelli ci sembra l antologia di Topolino.
E' che usare il telecomando è più semplice.
Più pratico. Massimo rendimento con il minimo sforzo.  Tanto si può sganciare sempre la scusa del "sono fatta così".
E lo stato in cui versa quello che doveva essere il mio "studio" ne è la prova. 
Ad oggi in mezzo alla stanza c è lo stendibiancheria carico, le scale usate per attaccare le plafoniere domenica... la cassettiera che va in armadio e sopra la sedia della scrivania la roba da stirare.
Il pc credo sia sotto la roba da stirare. Almeno spero. 
E mi dico che non va bene. Che il disordine fuori mi fa sentire disordinata dentro, e fatico a reggere il respiro quando entro in casa e vedo quel caos che mi rende nervosa. E io non sono fissata con l ordine, ma il mio è un disordine creativo.
Qui di creativo, in me, non vedo nulla.
Vedo solo la staticità.
Il fatto di non riuscire a ricrearmi l'occasione per... l'occasione per scrivere, l'occasione per fotografare, l'occasione per nutrire la mia curiosità. E non ho tempo mi dico. Ma se vuoi qualcosa veramente il tempo te lo crei. La strada la trovi. Patty ha preso aspettativa dal lavoro, sta cercando la sua strada e ha pianificato la cosa con tanto buon senso e coraggio. Dopo essermi chiesta se io avrei lo stesso coraggio, mi sono detta che a me il mio lavoro piace. Lo sento ogni domenica pensando che l idea di tornare in ufficio il lunedì non mi mette l'ansia. Allora il mio cammino è diverso per certi versi dal suo.
Ma significa anche che il mio tempo lo devo trovare al di fuori di quelle ore dovute e impegnate ad alzare il PIL. Lo Devo trovare e cazzo, lo troverò. 

Quello che cerco di trasmettere a chi ruota nelle mie orbite, e mi rendo conto che spesso lo faccio in modo brusco e ammettiamolo nei discorsi a voce alta non sono mai stata un gran ché, è che le abitudini possono diventare soffocanti. A lungo andare è come stare con le sabbie mobili fino all'inguine e trovarle in qualche modo anche comode.
Che la Meraviglia è il chiedersi il perché delle cose, il guardare al di là del proprio orto e scoprire che forse c è un modo diverso per fare la stessa cosa che si fa identica da anni. E che cambiare non significa semplicemente trovare il modo di farla con il minimo dispendio di energie. Sprechiamole queste energie! Risparmiarle per cosa? Dove la mettiamo e come la sfruttiamo l'energia risparmiata esponendoci poco. Cercando poco. Facendo poco. 
Azzardiamo, proviamo, sperimentiamo. Sbagliamo anche. Dio che sarà mai?
Ogni sette anni, si dice,  si cambiano i gusti, allora riproviamo le cose che sette anni fa non ci piacevano, magari non ci piaceranno nemmeno oggi, ma non potremmo mai saperlo se non proviamo. Se non tocchiamo con mano, se non ci sporchiamo le mani, la faccia. Se non facciamo un tentativo che può pure non andare a buon fine e ci costringe a ricominciare da capo. 
Nel ricominciare da capo non c è nulla di brutto anzi. Solo chi ricomincia può reinventarsi.
Cambiare marca dello shampoo, colore di capelli, provarne uno che non è il tuo colore ma solo per vedere che effetto fa, e scoprire che forse non ti sta così male. 
O ridere perché proprio non ti si può guardare. Ma che ci sarebbe di drammatico? Non è nulla di irreparabile. Nessuno ti giudicherà per questo. 
Spostare i mobili perché magari con il tempo ti accorgi che da qui a lì sta meglio. 
Leggere un libro che non hai mai letto, e scoprire che proprio non lo digerisci. O potrebbe pure essere che finirai per cercare anche tutti gli altri dello stesso autore. 
Si fa. Si disfa.
Paradossalmente chi purtroppo, sta male e ha i giorni contati, ha più slanci e desideri e si perdona gli errori molto più di noi. Perché, paradossalmente, hanno una visione della vita più sana. Le cose importanti, i capisaldi della Vita, non sono le abitudini e le certezze con cui cresciamo. 
Le certezze non esistono, nemmeno nelle abitudini rassicuranti.

Dovremmo renderci conto, che non c è nulla a questo mondo che sia definitivo. 
Nemmeno la morte. 

Quando mi hanno ricostruito il ginocchio mi hanno detto che, se non avessi fatto azzardi, fossi stata molto attenta e parsimoniosa negli sforzi, l intervento per sostituirlo con una protesi avrei potuto farlo intorno ai 65 anni... se sforzassi la gamba, camminando, andando in montagna e con altre attività, il rischio è quello di farlo intorno ai 60 o un paio di anni prima. 
Beh, a prescindere che non so nemmeno se per allora sarò ancora qui (magari mi trasferirò in un isola caraibica...) beh... se tanto il concetto è che comunque mi toccherà farlo, voglio farlo dopo aver consumato una quantità cospicua di scarpe da ginnastica.
E ne sarà valsa la pena. 

giovedì 2 ottobre 2014

Cambio di stagione...

Ottobre. La strada verso l'ultimo trimestre dell'anno è iniziata. Le avvisaglie c'erano tutte: la copertina da divano è bella che pronta che pulita, e in posizione. I ciclamini alla finestra della cucina, il sole che non mi arrostisce più le piante, anzi, fa effetto beauty farm e io lascio che si godano ancora quel che resta dei raggi tiepidi (intermittenti tra una pioggerella e l'altra).
Sabato sera ho preparato il primo sacchetto di pop corn, abbiamo sfogliato la pagina dei film al cinema e scoperto che la tessera della videoteca è smagnetizzata. Ebbene sì, ce l'ho ancora e la uso. Che a me le cose ondemand non mi intrigano quanto lo zen e l'arte del noleggiare il film.
I riti. Queste cose che ancora mi scaldano e mi fanno pensare che ci sia una strada diversa dal "mi rintano in casa, e non ho bisogno di nulla di tutto ciò che c'è fuori".
Ho due cassette di mele trentine, urge infornare torte di mele. Quelle con l'uvetta e la cannella, e la granella di zucchero sopra che fa la crosticina. Bello riaccendere il forno. I profumi mi portano sempre a quando ero piccola, a quando mia madre faceva le torte e io i compiti, e poi mi faceva assaggiare la crema rimasta nella terrina.
Ottobre con sé porta il calore delle maniche lunghe, dei tè aromatizzati, la trapunta e la maglia del pigiama. Il foulard che ancora non è sciarpa, il maglione di Papà usato come giacca, che scalda il cuore e non solo le spalle. I calzettoni antistupro e le candele accese, il profumo del muschio e di zucca. La voglia di fare, la voglia di cambiare. La voglia di migliorare e migliorarsi, di inventarsi qualcosa di nuovo. Di creare e di avventurarsi in un progetto che ti assorba e ti faccia parlare velocemente e riempiendo l'aria con le mani che le parole non bastano. Voglia di foto colorate e calde, di profumo di caldarroste e del "fatti più vicino che ho freddo". Di pizza fatta in casa, di quadri da scegliere e appendere, di silenzi leggeri.
Voglia di sorprese.
Tutte quelle che una nuova stagione racchiude e custodisce con il solo desiderio di condividerle... 




venerdì 26 settembre 2014

parole al vento

Tutti i miei buoni propositi sono andati a cozzare contro una "mialgia" alla spalla, dovuta all'uso intenso e spasmodico del telefono. 
Reggere la cornetta con la spalla contro l'orecchio per avere le mani libere non fa bene alla salute. 
Da una settimana sopravvivo a dosi massicce di aulin, e giovedì ho dovuto cedere all'infiltrazione di cortisone per tornare in possesso di un braccio destro in disuso. Sono tornata a casa con la schiena a macchia di leopardo, e una voglia terribile di dolci. 
Cosa c entra?
Nulla, ma ogni occasione è buona per avere voglia di dolci. 
La cosa bella è che avrò una scusa sensata e plausibile per farmi pastrafugnare di coccole e attenzioni per tutto il fine settimana. 
Vorrete mica farmi affaticare, nevvero. 
Progetti per il week end nessuno, al momento focalizzo solo il relax e la Buona Compagnia. 
E per il resto... quel che ha da essere sarà. 
Oggi mi gira così. 
Buon fine settimana. 

lunedì 22 settembre 2014

sondaggio...

M è venuta una brutta periartrite alla spalla destra. Un dolore fastidioso a dir poco, e così il fisio raccomanda antiinfiammatori, ghiaccio, arnica a volontà e tenere il braccio a riposo. Ergo, mi tocca tenerlo legato al collo che se no, col cavolo riesco a tenerlo fermo. 
Per fortuna oggi va meglio, e nella fase più acuta, durante il fine settimana, il Maggiordomo di Melli s è prestato ad aiutarmi, facendomi da aiuto cuoco, autista, massaggiatore e quant altro. 
La Sciamana, un giorno mi ha detto che il braccio destro è quello con cui restiamo "aggrappati al passato". E generalmente inizia a far male quando ci allunghiamo verso il futuro non lasciando però andare la presa. Teoria che trovo interessante (che poi uno è libero di crederci o meno, ma se una cosa ti fa scaturire una riflessione ben venga). Domani è il mio giorno di autunno, e se proprio vogliamo dirla tutta è una delle stagioni che preferisco e trovo più affini al mio carattere: esplosioni di colori, i profumi "caldi", lo strudel e la cannella, la copertina sul divano e le scintille delle caldearroste, che lasciano spazio ai toni malinconici che di tanto in tanto mi appartengono. Ma è anche la stagione del rinnovo e delle partenze. E così, da quando mi è partito il trip del rinnovamento mentale e casalingo, in questi giorni con il mio passato mi sono incontrata e scontrata parecchio. Non ultimo l'aver intercettato le foto del mio ex e dalla sua attuale metà su feisbuc, e scusate il commento ma, ragazzi miei "ho scansato un fosso".
Il dolore alla spalla ha rallentato molto i lavori, ma ieri sera, per far passare la malinconia post partenza del Maggiordomo, ho preso uno dei miei quaderni e ho fatto una sorta di piano delle modifiche da apportare in casa e non solo. So per certo che non diventerò mai minimal nel senso stretto del termine, ma questa volta sono assolutamente determinata a fare spazio al nuovo, (e non intendo necessariamente nuovi acquisti) e a eliminare tutto quanto non sia più parte di me. Lo so che da qualche giorno non scrivo di altro, ma credo di essere in una di quelle fasi di svolta. In cui un azione avvia una reazione a catena in cui tanti piccoli meccanismi si mettono in moto. 
E se è vero quello che dice la Sciamana, mi sa che questa infiammazione arriva proprio a dirmi che sono sulla strada giusta. 
E poi c è la questione jeans. 
Eh sì, perché se è vero che voglio separarmi da tanti abiti "vecchi" lì fermi per abitudine più che per necessità, è altresì vero che con pazienza dovrò riprenderne di nuovi perché a fronte di 7 kg persi in due mesi e mezzo sembro Cucciolo nei vestiti di Dotto. Sabato abbiamo visto in una vetrina un paio di pantaloni tipo jeans strappati. Amore a prima vista. Ma come sempre faccio in questi casi, la prima reazione è stata "sì vabbè ma dove vado..?" e tirare dritto. 
Poi ieri nel dormiveglia (momenti epici in cui partorisco pensieri sublimi e scrivo mentalmente pagine di letteratura che toccano picchi assolutamente meravigliosi che la mattina non ricordo nemmeno morta), ho pensato una cosa tipo "ho 38 anni e mezzo... se non ora, quando?" 
E non è mica una domanda da poco... (e infatti stavolta me la ricordo). 
Quindi credo che quei pantaloni saranno miei. Prima di azzardare l'acquisti intorno ai 45 anni e scatenare l ilarità collettiva. 
E poi che altro? 
Che altro bisognerebbe assolutamente fare prima dei 40 anni? 
Avete suggerimenti? 


mercoledì 17 settembre 2014

Decluttering

No, ma va bene.
No, ma io capisco tutto.
No, ma va bene tutto capisco tutto ma mi rifiuto. Ecco.
Io mi rifiuto. 
Mi rifiuto di pensare che in 4 persone si sia abitato in 55 mq di casa, e che io da sola in un appartamento di quasi 80 stia litigando con l'armadio per questioni di spazio. E dove lo metto il piumone? e dove la metto la trapunta da mezza stagione... ma che davvero i maglioni di lana non ci stanno più lì? ma se fino all'anno scorso... 
Oh basta. 
Ieri ho aperto l'armadio. Melli mi guarda con quell'espressione tipo "e mo so cazzi" e si defila andandosi ad acciambellare sopra il cuscino del Maggiordomo. 
Alla fine, gira che ti rigira amore bello, non sarà certo la cessione in uso gratuito di numero 2 (due) cassetti forniti ad OcchiAzzurri a crearmi scompensi emotivi. Qui sostanzialmente urge riorganizzazione fisica ma soprattutto mentale degli spazi. 
Il mio Fratellone Filosofo risolverebbe la cosa con il Mantra del Sacco Nero. Cioè aprire il suddetto e ficcarci dentro ogni cosa che risponda alla definizione di superfluo. Io non ho ancora la sua forza di carattere e quindi provvederò con una selezione accurata ma intransigente. Nel sacchetto del "fuori dalla mia vita" c è già entrato il mio "maglione di Linus"... quel maglione grigio, di 3 taglie più grande di me già al tempo del suo arrivo  nella mia vita (tipo 16 anni fa... ed era già usato) e adesso che ho persi per strada un numero considerevole di chili... non ho nemmeno voluto provarlo. Tanto non so nemmeno se gli intrecci di lana ancora reggessero al trauma. Via. Ad occhi chiusi cacciato lì in fondo al sacchetto. 
Scritto sms per dichiararlo a voce alta alla Genitrice che mi risponde "hai intenzione di far scatenare un uragano? No avvisami che tiro dentro i gerani... ma avrai mica la febbre?"

E poi alla fine il problema è che mentalmente costruiamo storie e pensieri intorno all'oggetto. Ci pinziamo un ricordo e una situazione. Non sempre facile, non sempre bella ma è la nostra l'abbiamo vissuta e ce la teniamo stretta. Anche solo per roderci di nuovo, nei momenti già cupi quando non ci si fa male abbastanza e allora dobbiamo proprio rigirare il coltello nella piaga. E quindi sparpagliamo oggetti inutili e pseudo ricordi in giro per casa. 
O sul ripiano dello stanzino... O in fondo all'armadio insieme alle magliette della terza media. Ecco. Nun l'accetto. No no, non va bene.
Decanto il mea culpa e oggi si riaffronta la situazione con rinnovato spirito e animo propositivo.
Io non sono gli oggetti che possiedo.
I ricordi mi accompagnano tra i pensieri e non nella conservazione dei tappi delle bottiglie bevute, nei biglietti dell'autostrada infilati nel cassetto, nei cumuli di borse che sono lì, non uso e che però ogni volta che passo da Desigual mi fanno dire "ma nooo... che di borse ne ho a casa".
Insomma, ogni inversione di tendenza deve avere la sua motivazione Alpha no? 

martedì 16 settembre 2014

Gira così...

Si chiama nostalgia, 
e serve a ricordarci che per fortuna, 
siamo anche fragili.


Cesare Pavese





Alle volte è un profumo, una musica passata per radio, una parola detta così quasi per gioco o per caso. Stamattina è stato vedere il postino armeggiare con la cassetta delle poste. E fu subito Nostalgia. 
Nostalgia per quel tempo che era scandito dalle lettere, che spedivi e che arrivavano dopo giorni di attesa. Ma se non ha tempo di mettersi lì a rispondermi allora non gli interesso. Ma sarà stato impegnato. E non si poteva telefonare, non così tanto, c erano gli orari quelli in cui costava meno ma tutta la famiglia era già a casa e il telefono proprio sul tavolino in sala da pranzo, a portata di orecchio di tutti. Allora aspettavi. Non potevi controllare l ultimo accesso di whatapp...  E poi il postino arrivava, con le buste bianche, quelle che annusavi e sapevano di tabacco, e quelle rosa che ti spedivano le amiche, e le cartoline di quella che poteva fare la gita fuori porta anche solo di un fine settimana - "ah io questo weeeekkk end vado a Baselgadipiné (proprio così tutto attaccato) con il mio papà" con quella voce da gné gné che l avresti presa a testate, ma Zidane non aveva ancora fatto scuola e così tirarvi un sospiro e cacciavi la cartolina e tanti saluti in fondo alla scatola. 
Nostalgia per i compiti finiti in fretta, che quando ti dicevano "eh vedrai quando andrai a lavorare come rimpiangerai questi momenti... pure il compito di matematica, vedrai" e tu che c hai quest idea che a te, una volta adulta, nessuno ti dirà cosa fare e quando farlo pensi che sia impossibile, che lavorare sia molto più semplice, che sarai padrona del tuo tempo. Tu che, ragazzetta, sai che il compito di matematica sia il nemico da abbattere, ma tanto è previsto per giovedì e oggi è solo martedì e allora ci penso domani, vado a prendere Nicoletta, andiamo ai giardini e ci infiliamo dietro quell albero dai rami bassi, così finalmente mi dice cosa le ha detto Luca a proposito di Mara che ha parlato con Valentina ma non siamo mica sicure che alla fine si sia messa con Marco. Chissà. 
Nostalgia per il diario che girava sotto il banco, per il biglietto che ci trovavi dentro e non te l aspettavi proprio, per domande tipo "scusa c hai un gettone"? e la coda al telefono dell'atrio. E lì che pensavo, mentre stavo in coda per chiamare mamma, e non mi ricordo perché,  "vorrei fare la fisioterapista" che avevo visto quel film che mi era piaciuto tantissimo, ma nell'esame di ammissione c erano matematica e fisica a cariolate, (che avevi controllato sul librone che ti avevano dato in auditorium e che presentava le facoltà, che mica c era google),  e io di matematica e fisica c ho mai capito una mazza... 
Eppure mi sembra di essere ancora giovane per pensieri tipo "uh ai miei tempi quando cercavo l'oro nel Klondike" o "noi si saltava i fossi per lungo" (e poi a chiedersi ma chi te l ha fatto fare?). Ho nostalgia delle cose più semplici. Ho voglia di quelle cose fatte bene, con il cuore. Magari senza troppi fronzoli, ma fatte perché hai quella predisposizione d animo che tu fai quella cosa e vedere il sorriso che ti sta davanti ti pare già di aver vinto la lotteria. Ho voglia di aspettare l'uscita di un nuovo libro, di farmi un giro per una libreria dove parli piano perché c hai timore di disturbare. Ho voglia calore, di bagni caldi con tanta schiuma, di una trapunta con i fiori e delle fusa della domenica mattina, da un po' di tempo equamente divise tra me e Lui. 
Ho voglia di invertire la rotta. 

Ho voglia di essere un po' anacronistica. 

giovedì 11 settembre 2014

non capisco...

Le parole. 
Hanno un peso, una dimensione. Le parole hanno una vita loro. Si muovono nel tempo e nello spazio, attraversano gli anni, non si curano dei giorni. Alle volte sono così leggere che vengono spazzate via in meno di un secondo da un aria sottile. Altre volte restano ancorate nella testa, nella pelle a vita. "Mio padre mi ha detto..." ad esempio. 28 anni di separazione forzata non hanno spostato una virgola delle sue parole. Alcune le ho perse. Le ho perse nei suoni. Nella voce che mi sembra di non ricordare  più. Nei concetti noi tre ce le tramandiamo, ce le raccontiamo come i Pellerossa raccontavano le loro storie perché non si perdessero nel tempo. 
Le parole. 
Il blog forse no, ma mi accordo di quanto i social abbiano preso, svuotato, stuprato le parole. Spesso masticate come una gomma solo per rinfrescarsi la bocca e poi sputate in un cestino. O sotto le scarpe del vicino. Le parole di branchi che si muovono a ondate. Oggi per quest argomento, domani per un altro che quello di oggi è già passato, andato. Masticato e sputato. E la violenza. Gratuita, sbattuta così, nero su bianco, senza ponderare, senza pesare il peso di una parola, di un affermazione, di un accusa o una maledizione. 
Oggi i giornali riportano la notizia che Daniza, l'orsa che nel Trentino aveva difeso i cuccioli ferendo un tizio che andava per boschi è morta. Complicazioni dovute all'anestetico usato. 

Che possa essere una morte annunciata, il dubbio può pure venire. La campagna mediatica improntata intorno a questi fatti è stata pesante e pressante (a me in questi casi sorge sempre il dubbio che si usino certe notizie per distrarre la gente). Sono indignata, e triste. Perché era una femmina, una madre che difendeva i suoi cuccioli e da madre s è comportata. Quello che mi ha fatto pensare oggi è stata la reazione su facciadalibro.
La sensazione è stata di un branco cieco di rabbia che si muovesse compatto, azzannando chiunque avesse l idea di smorzare il tono. Gente che augurava la morte, malattie inguaribili al Trentino (tutta la regione, così, nel dubbio per non lasciar fuori nessuno) gente che proponeva il boicottaggio della Regione e offendeva i Trentini. 

Ora, non ditemi che sono di parte perché l'altra metà del mio cielo è di Trento. Ma questo accanimento mi ha schifata. Gente che si proclama amante degli animali, animalista che auspica la morte tramite tumore fulminante ad un suo simile, per me è un fascista travestito da animalista. Gandhi da pacifista proclamava la pace universale, non la pace a macchia di leopardo e il resto del mondo morisse da un colpo. E' pura violenza. Lo scriveva pure Cinciamogia un paio di post fa, è come se, la facilità di poter esternare il proprio pensiero senza necessariamente metterci la faccia, abbia liberato quella parte meschina dei caratteri per cui, augurare la morte diventa facile come ordinare un espresso al bar. Una persona è arrivata a scrivere che oggi è: un nuovo 11 settembre per il pianeta. Ora, per quanto indignata e dispiaciuta non mi è proprio possibile paragonare la morte di questa Orsacchiotta a 2974 morti. 
Ma come si fa? 
E' uno di quei giorni in cui mi sembra che l'unico filo conduttore sia il delirio collettivo. 

lunedì 8 settembre 2014

sono stata nominata...

Lo si sa, e bene o male lo dico a tutti, a me le catene non mi sconfiferano più del dovuto. E sì lo ammetto, vado molto a "simpatia" di chi mi nomina. E io a Patty non resisto. 
Perché ci siamo conosciute fuori da queste pagine, ci siamo viste due volte ma è come se fossimo amiche da anni, perché dopo una giornata passata con lei ho mal di gola per due giorni, e anche lei (ma quanto ci piace chiacchierà!) perché le voglio un gran bene, che quel sorriso ne nasconde di storie, che lei ti racconta come se fossero state tutte facili.
E quindi, se lei mi nomina io rispondo! anche perché mi ha detto che sono fonte di ispirazione, niente meno. 
Quindi, le regole sono:
Mettere il link della persona che ti ha nominato: fatto
Elencare le regole: sto "fando"
Condividere 7 curiosità su di te: farò
Nominare 15 blog che ti sono di ispirazione e informare che li hai nominati: arduo!!!

1) vivo la realtà di blog da 10 anni. e devo dire che sono davvero tanti. con alti e bassi, con voglia di scrivere e voglia di non saperne una pezza. con scontri violenti che nemmeno nella vita "reale" (il confine è spesso labile) e momenti di risate alle lacrime. ho conosciuto tante persone. molte di queste sono "sparite" con la facilità con cui si spegne il pc. altre sono ancora parte della mia Vita e le ringrazio, perché mi hanno arricchita, mi hanno aiutata a crescere, mi hanno fatta ridere e anche quelle che mi hanno fatta piangere. alla fine, ciascuno di loro ha lasciato qualcosa che mi capita di ritrovare in una parola o in una battuta. e mi piace sia così. 

2) sono cinica ma per finta. quando me ne esco con "battute" ciniche o pessimiste in realtà sto solo rispondendo con il carico da novanta della razionalità. in realtà sono ottimista da far schifo, da quando (piccoletta) ho letto Pollyanna e ho imparato il giochino del cercare il lato positivo in tutto, provo sempre a vedere il buono delle cose, ad oggi non sono riuscita a trovare la cosa buona solo in un Fatto... e non credo ce lo troverò mai.  
credo nell'Amore (con la A maiuscola) nel gioco, nei fiorellini nei cuoricini e nel profumo del caffè fatto con amore da chi ti dice "lascia faccio io". credo nella normalità delle cose semplici, dei momenti condivisi come il lavarsi i denti insieme... e tutte quelle cose che vi risparmio o vi faccio venire il diabete. 

3) c ho la fissa per i numeri dispari, in particolare per il 5. 

4) non ho mai tradito. e non lo dico per pontificarmi ma perché è venuto fuori il discorso ieri. solo una volta, avevo tipo 19 o 20 ho baciato una persona che non era il mio ragazzo... (si può definire tradimento?) e me la sono data a gambe. ma con quel gesto ho capito che quella che pensavo fosse una crisi era proprio un punto di rottura. a parte quell episodio, come diceva mia madre ieri "non ha fatto cazzate nemmeno quando stava con quello che l ha menata". e magari se lo meritava pure... 

5)  do un peso smisurato alle parole, al loro significato e al modo in cui vengono usate. (anche se alle volte ho un intercalare da scaricatore di porto). 

6) ho tanta memoria per aforismi, testi di canzoni e battute dei film. e adoro citarle. mi piace associarle ad immagini o a momenti che ho vissuto. sono quelle frasi che penso "io non avrei saputo dirlo meglio". 

7) ho fatto pace. 
con me stessa, con le mie cicatrici, con il mio caratteraccio, con i miei difetti e con il mio essere lunatica. sto imparando a essermi  amica, e concedermi la stessa indulgenza che dedico alle persone a cui voglio bene.  e tutto sommato mi trovo pure simpatica. 

azz che fatica... 
e adesso le nomination: 
se la vorranno raccogliere io nomino Bruno: ispirante perché sa come dire le cose, spesso è riuscito a raggiungere proprio quella zona d ombra che mi spaventava e accenderci una candela. è una di quelle persone a cui non mi stanco di dire "grazie". oggi il mio sorriso è più sereno anche per merito suo. 
Morena: perché la leggo e mi viene voglia di scrivere a mia volta. perché è la mia Socia, e la cosa divertente è che abbiamo un modo così opposto di scrivere, che ogni volta che mi capita di scrivere a quattro mani con lei, mi ribalta ogni pensiero facendomi vedere una prospettiva che per me non c era proprio! 
Cinciamogia: per le sue foto, per la sua ironia attenta e perché entrambe ci facciamo ispirare da un macchinino piccolino che raccoglie parte del nostro mondo. 
Mezzamela: perché la leggo da anni, siamo "vicine di casa" e forse ci saremo pure sfiorate senza saperlo ma non ci siamo mai incontrate. e adoro il suo blog, le sue frasi breve che racchiudono mari di pensieri e riflessioni in cui mi rispecchio. 

non sono 15 lo so... sono pochi... ma sono più che BUONI. 


mercoledì 3 settembre 2014

L'amore è un tacco 10 grosso!

E così siamo tornati. 
Settembre ha già portato il suo carico di pioggia e grigio e freddo, la mia spalla s è già bloccata come fosse gennaio e il segno del costume (quel poco che si faceva intravedere contro luce) è già sepolto sotto due maglie. Ma innervosirsi per il brutto tempo è del tutto inutile e quindi pazienza. 
Settembre resta, nonostante tutto, il vero Capodanno, quello emotivo, quello della testa. Quello che, dopo giorni pigri passati a rilassarsi, ti fa scatenare la voglia di fare, quei piccoli grandi buoni propositi perché vuoi affrontare la nuova stagione al meglio. Si comincia a fare ordine, tutto quello che è rimasto accantonato dalla pigrizia estiva, a settembre ritrova una sua dimensione. E poi io non ho perso il vizio di entrare nelle librerie e guardarmi le nuove agende e sfogliare quei giorni che sono tutti pagine bianche ancora da scrivere. E poi li rimetto giù. Che c ho la mia bella agenda vintage in cuoio e mi basta. 
E poi tra un paio di giorni sono due mesi in cui ho archiviato il mio radicato zitellaggio. E mentre tornavo a casa ieri sera, in coda in tangenziale, la mia mente da menteGatta, ha partorito quest idea: il mio Amore è come un paio di scarpe con il tacco 10. Di quelli grossi. 
E qui si eleva il coro di maschi "scarpeeeee comprareeeee...". ma credete... è così. 
Certi amori sono da tacco 12, sottile: danno le vertigini solo a guardarli. Li metti e ti senti subito instabile e il passo trema. Sono bellissimi non puoi fare a meno di provarli, almeno una volta. E quando li vedi ti fermi a guardarli, e un po' invidi quelle che pare ci camminino dentro come se fossero scalze,  ma i 12 richiedono uno sforzo a tutti i tuoi muscoli per mantenere una parvenza di equilibrio e non camminare come una papera zoppa. 
Certo, tutti ti guardano e tu svetti perché poi quanto di abitui a quell'instabilità ci cammini da famme fatale e riesci in qualche modo ad andare avanti e ti convinci che sia meraviglioso attraversare la folla su quell'appoggio seppur precario.  Però è innegabile il sospiro che fai quando li togli, e, scalza, ti massaggi i piedi. Bello fare i funamboli, emozionante, ma ragazzi a lungo andare che strazio... 
Certi altri sono come le scarpe da ginnastica/pantofole. Comodosi. Stabili. Rassicuranti. come la copertina sul divano e la tazza di latte caldo. Ci puoi fare i chilometri ma poi, quando entri in un negozio non sono esattamente il primo modello che guardi. A lungo andare (e ve lo dico con cognizione di causa, visto che per oltre un anno ho dovuto/potuto usare solo scarpe da ginnastica) ti vengono a noia. Pensi che vuoi di più, che questa cosa non ti basta... ok la copertina e il divano e il latte caldo... ma pure un cinema o una bella cena fuori a lume di candela ogni tanto... no?
E poi c è il tacco 10 grosso. 
Il modello che adoro. 
Quello alto, quasi quanto il 12 ma non la vertigine ti spaventa meno. Il passo è più sicuro e sono comode. Perché ti senti stabile. Ti senti elegante e a tuo agio. Ti senti femminile senza strafare. Ti senti che puoi rilassare i muscoli della schiena e farti due risate senza pensare di perdere l equilibrio e finire a zampe all'aria. Ci puoi camminare per ore, e la caviglia non soffre. Il tacco 10 non ti tradisce. perché è largo, stabile, rassicurante. Perfetto con la gonna ma sta da Zeus anche con i jeans. E quando ti sfili le scarpe, le guardi sorridendo perché ti hanno accompagnato durante una giornata che sì, può essere stata faticosa, ma loro non hanno contribuito a complicarla, anzi. e sapere che domani la prossima sfida la affronterete insieme, è bello. Ti fanno sentire bene. E non le cambieresti per nessun altro paio di scarpe. 
Ecco. 
Io c ho un Amore da Tacco 10. 

lunedì 28 luglio 2014

meno tre e mezzo...

mi porto avanti, 
che mancano solo tre giorni e mezzo al mio chiudere l ufficio, spegnere il pc il telefono e improvvisare quest estate anomala. 
anomala perché un estate così non la si vedeva da novembre. 
anomala perché ho pensato che sia saggio ribaltare tutte le "abitudini" che mi hanno accompagnata nell ultimo decennio. 
ho deciso che, a parte i primi 5 gg in cui cercherò di estirpare da questa pelle il colorito marmoreo da cetriolo ammuffito, giacendo su un lettino della riviera romagnola, il resto sarà del tutto improvvisato. ho scoperto la bellezza del lasciarsi stupire. 
che come dicevo alle ex amiche amanti dei film francesi politicamente impegnati, non è importante tanto il ciò che fai. ma il come e con Chi.  
che non serve inventarsi la luna nel pozzo, ma anche il tuo film preferito sul divano di casa ha un sapore diverso se, chi sta seduto accanto a te, ride delle stesse battute che ami tu. 
ed è bellissimo emozionarsi guardando Il Maggiordomo (Occhiazzurri) coccolare Lady Melli, che pare l abbia accettato e fatto entrare nelle proprie grazie senza grandi problemi, anzi. che ho sempre pensato il pacchetto si prendesse completo. se non ami la mia gatta nella tua vita per me non c è posto.  Lui invece le cede anche parte del letto, mettendosi in un angolo per non darle troppo fastidio. E lei lo ripaga a suon di fusa. 
e così l unica cosa che ho preparato sono i due libri che mi faranno compagnia. uno di questi è proprio la mia amata Lucrezia arrivata come se fosse portata da Babbo Natale con un bel fiocchettone. 
e poi spazio libero. 
libero perché la valigia sarà leggera, che parto con me e per me e non mi serve altro,  leggeri saranno i pensieri e la voglia di stare bene. leggere saranno le carezze che mi stanno viziando e che arrivano quando meno me l aspetto. leggera la voglia di ridere, di scoprire, e di guardare avanti senza troppa paura di quel che sarà. 
buone vacanze a tutti. 


giovedì 24 luglio 2014

Gandhi sulla questione Palestinese

Ho ricevuto numerose lettere in cui mi si chiede di esprimere il 
mio parere sulla controversia tra arabi ed ebrei in Palestina e 
sulla persecuzione degli ebrei in Germania. Non e' senza 
esitazione che mi arrischio a dare un giudizio su problemi tanto 
spinosi." 



Le mie simpatie vanno tutte agli ebrei. In Sud Africa sono stato 
in stretti rapporti con molti ebrei. Alcuni di questi sono 
divenuti miei intimi amici. Attraverso questi amici ho appreso 
molte cose sulla multisecolare persecuzione di cui gli ebrei 
sono stati oggetto.[.......].
Ma la simpatia che nutro per gli ebrei non mi chiude gli occhi 
alla giustizia. La rivendicazione degli ebrei di un territorio 
nazionale non mi pare giusta. A sostegno di tale rivendicazione 
viene invocata la Bibbia e la tenacia con cui gli ebrei hanno 
sempre agognato il ritorno in Palestina. Perche', come gli altri 
popoli della terra, gli ebrei non dovrebbero fare la loro patria 
del Paese dove sono nati e dove si guadagnano da vivere?

La Palestina appartiene agli arabi come l'Inghilterra appartiene 
agli inglesi e la Francia appartiene ai francesi. È ingiusto e 
disumano imporre agli arabi la presenza degli ebrei. Cio' che 
sta avvenendo oggi in Palestina non puo' esser giustificato da 
nessun principio morale. I mandati non hanno alcun valore, 
tranne quello conferito loro dall'ultima guerra. Sarebbe 
chiaramente un crimine contro l'umanita' costringere gli 
orgogliosi arabi a restituire in parte o interamente la 
Palestina agli ebrei come loro territorio nazionale. La cosa 
corretta e' di pretendere un trattamento giusto per gli ebrei, 
dovunque siano nati o si trovino. Gli ebrei nati in Francia sono 
francesi esattamente come sono francesi i cristiani nati in 
Francia. Se gli ebrei sostengono di non avere altra patria che 
la Palestina, sono disposti ad essere cacciati dalle altre parti 
del mondo in cui risiedono? Oppure vogliono una doppia patria in 
cui stabilirsi a loro piacimento?

[...]

Sono convinto che gli ebrei stanno agendo ingiustamente. La 
Palestina biblica non e' un'entita' geografica. Essa deve 
trovarsi nei loro cuori. Ma messo anche che essi considerino la 
terra di Palestina come loro patria, e' ingiusto entrare in essa 
facendosi scudo dei fucili . Un'azione religiosa non puo' 
essere compiuta con l'aiuto delle baionette e delle bombe (oltre tutto 
altrui). Gli 
ebrei possono stabilirsi in Palestina soltanto col consenso 
degli arabi.

[...]

Non intendo difendere gli eccessi commessi dagli arabi. Vorrei 
che essi avessero scelto il metodo della nonviolenza per 
resistere contro quella che giustamente considerano 
un'aggressione del loro Paese. Ma in base ai 
canoni universalmente accettati del giusto e dell'ingiusto, non 
puo' essere detto niente contro la resistenza degli arabi di 
fronte alle preponderanti forze avversarie." 

(M. K. Gandhi, Harijan, 26 gennaio 1938)

lunedì 21 luglio 2014

Pensieri condivisi.


Il popolo ebraico ormai non merita più quella "simpatia" e quell'affetto solidale che dalla fine della guerra si era conquistato nell'opinione pubblica di tutto il mondo per le sofferenze e le tragedie che ha subìto. 
Gli israeliani stanno applicando ai Palestinesi gli stessi metodi, gli stessi abusi di cui sono stati vittime. Vivere oggi, ricordando l'Olocausto pretendendo che si perdoni tutto ciò che fanno nel nome di quello che soffrirono mi sembra in qualche modo un abuso. E' come se non avessero imparato nulla dalla sofferenza dei loro padri e dei loro nonni. 
Josè Saramago.



“Sappiamo troppo bene che la nostra libertà è incompleta senza quella dei palestinesi”
Nelson Mandela. 


martedì 15 luglio 2014

mercoledì 9 luglio 2014

di azzurro che riempie gli occhi, e di occhi azzurri...

ci fa compagnia un temporale al giorno. 
anche oggi, sono arrivata con un sole pazzesco e 30 gradi. ora invece a momenti il vento apre la porta dell ufficio e già più di mezzo orizzonte è coperto di nuvole che uno non si metterebbe mai a guardare steso su un tappeto di fragole. 
per dire. 
così non riesco ad andare a camminare come vorrei, anzi. non ci riesco proprio. l altra sera la mia via, nella terra degli hobbit era allagata. la pianta Mafalda ha pensato di suicidarsi cercando il salto giù dalla finestra della sala, la menta è stata sbattuta così violentemente che temo avrebbe preferito finire in un mojito. l'oleandro e il tronchetto della felicità si sono stretti in un lungo abbraccio e ho dovuto raccoglierli dal pavimento. cose che nessuna mamma vorrebbe mai vedere. 
lunedì il vento soffiava a più di 100 km/h. io non riuscivo nemmeno a chiudere la ribalta del bagno, mi ci è voluta una spinta con tutte e due le mani e la prontezza di girare la maniglia, mentre la Melli finiva sotto il letto tra un tripudio di porte che sbattevano. coda in salvo. 
il mio umore è ballerino quanto il meteo. passo dal sole radioso dei bei pensieri e di risate che non mi ricordavo che si potesse così con facilità, e le zone d'ombra di quel tipo di paura subdola, quella che ti si insinua mentre ancora fai pensieri alla vie en rose. quella che ti fa pensare "e se?" e se sbaglio di nuovo? ancora? se faccio un disastro, se faccio del male che c ho sto carattere ingombrante e giusto un filo complicato. e se vince, quella parte di me abituata all'arte di arrangiarsi, sempre comunque davanti a tutto, con il coltello tra i denti e sempre avanti. mentre l altra parte di me, quella che vorrebbe fidarsi e pensare che sì, magari c è pure qualcuno che alle volte ha voglia di prendersi cura di te e dei tuoi pensieri, (che il coltello lo puoi usare solo per affettare il melone, e poi rimetterlo lì nel ceppo) è partita per una vacanza anni e anni or sono e ancora non ha mandato nemmeno una cartolina. 

la solitudine è una gran brutta bestia. ti convince di essere completamente autonoma in tutto, di poter bastare a te stessa, di stare bene, anche quando i piedi sono freddi e non c è nessuno che si faccia più vicino per scaldarteli. è come uno di quei coach fissati con il fitness che se solo s accorge che guardi un sacchetto di marshmallow con la voglia di affondarci la mano, ti spedisce subito a fare 150 flessioni e almeno 30 giri di corsa del maracanà. 
eppure, anche ci sono momenti di cielo nitido di un azzurro da riempirsi gli occhi. 
eppure... c è qualcosa di speciale nel sentirsi prendere la mano in mezzo alla folla, che non ci perdiamo, dimenticarsi gli orari dei treni e avere quella faccia da "e adesso?" e sentirsi dire "alle sette e cinque, monella". 
la timidezza dei primi momenti, quelle che ti fanno arrossire, quelle che ti fanno sentire impacciata come una quindicenne, (o come una quasi quarantenne che si è dimenticata come funzionano certe cose). abbassare la testa e sfuggire allo sguardo, che poi magari t accorgi che tutta sta sicurezza ostentata è pressoché inesistente. 
giocare con i nomignoli, il peluche dagli occhi azzurri che è un peccato lasciarlo lì, e dirsi no: sul balcone di Giulietta non ci andiamo che se no poi ci domandano anche gli autografi. scoprire l ebbrezza di avere tempo. che sì fugge, e corre veloce ma non necessariamente si è tenuti a rincorrerlo che non c è fretta perché vorrei investirne un po'. e allora azzardi a pensare che forse, hai tutto il tempo che vuoi. 
poi il vento dei pensieri cambia, e riecco le nuvole pesanti e scure del e se cambia idea e se ne va? diventa difficile chiudere la porta quando il vento soffia contrario, e mentre ci provi, tutte le tue cose alle tue spalle prendono il volo...

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In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...