martedì 16 settembre 2014

Gira così...

Si chiama nostalgia, 
e serve a ricordarci che per fortuna, 
siamo anche fragili.


Cesare Pavese





Alle volte è un profumo, una musica passata per radio, una parola detta così quasi per gioco o per caso. Stamattina è stato vedere il postino armeggiare con la cassetta delle poste. E fu subito Nostalgia. 
Nostalgia per quel tempo che era scandito dalle lettere, che spedivi e che arrivavano dopo giorni di attesa. Ma se non ha tempo di mettersi lì a rispondermi allora non gli interesso. Ma sarà stato impegnato. E non si poteva telefonare, non così tanto, c erano gli orari quelli in cui costava meno ma tutta la famiglia era già a casa e il telefono proprio sul tavolino in sala da pranzo, a portata di orecchio di tutti. Allora aspettavi. Non potevi controllare l ultimo accesso di whatapp...  E poi il postino arrivava, con le buste bianche, quelle che annusavi e sapevano di tabacco, e quelle rosa che ti spedivano le amiche, e le cartoline di quella che poteva fare la gita fuori porta anche solo di un fine settimana - "ah io questo weeeekkk end vado a Baselgadipiné (proprio così tutto attaccato) con il mio papà" con quella voce da gné gné che l avresti presa a testate, ma Zidane non aveva ancora fatto scuola e così tirarvi un sospiro e cacciavi la cartolina e tanti saluti in fondo alla scatola. 
Nostalgia per i compiti finiti in fretta, che quando ti dicevano "eh vedrai quando andrai a lavorare come rimpiangerai questi momenti... pure il compito di matematica, vedrai" e tu che c hai quest idea che a te, una volta adulta, nessuno ti dirà cosa fare e quando farlo pensi che sia impossibile, che lavorare sia molto più semplice, che sarai padrona del tuo tempo. Tu che, ragazzetta, sai che il compito di matematica sia il nemico da abbattere, ma tanto è previsto per giovedì e oggi è solo martedì e allora ci penso domani, vado a prendere Nicoletta, andiamo ai giardini e ci infiliamo dietro quell albero dai rami bassi, così finalmente mi dice cosa le ha detto Luca a proposito di Mara che ha parlato con Valentina ma non siamo mica sicure che alla fine si sia messa con Marco. Chissà. 
Nostalgia per il diario che girava sotto il banco, per il biglietto che ci trovavi dentro e non te l aspettavi proprio, per domande tipo "scusa c hai un gettone"? e la coda al telefono dell'atrio. E lì che pensavo, mentre stavo in coda per chiamare mamma, e non mi ricordo perché,  "vorrei fare la fisioterapista" che avevo visto quel film che mi era piaciuto tantissimo, ma nell'esame di ammissione c erano matematica e fisica a cariolate, (che avevi controllato sul librone che ti avevano dato in auditorium e che presentava le facoltà, che mica c era google),  e io di matematica e fisica c ho mai capito una mazza... 
Eppure mi sembra di essere ancora giovane per pensieri tipo "uh ai miei tempi quando cercavo l'oro nel Klondike" o "noi si saltava i fossi per lungo" (e poi a chiedersi ma chi te l ha fatto fare?). Ho nostalgia delle cose più semplici. Ho voglia di quelle cose fatte bene, con il cuore. Magari senza troppi fronzoli, ma fatte perché hai quella predisposizione d animo che tu fai quella cosa e vedere il sorriso che ti sta davanti ti pare già di aver vinto la lotteria. Ho voglia di aspettare l'uscita di un nuovo libro, di farmi un giro per una libreria dove parli piano perché c hai timore di disturbare. Ho voglia calore, di bagni caldi con tanta schiuma, di una trapunta con i fiori e delle fusa della domenica mattina, da un po' di tempo equamente divise tra me e Lui. 
Ho voglia di invertire la rotta. 

Ho voglia di essere un po' anacronistica. 

4 commenti:

  1. Ogni tanto ripenso a quei tempi senza tanta tecnologia... Certo, molte cose erano più semplici, soprattutto più lente e un po' più ricercate. Però poi penso a quante persone con cui ho perso i contatti quando studiavo a Cambridge solo perchè mantenere contatti epistolari non è una cosa particolarmente comoda e pratica. Per quello rimpiango molto di non aver avuto già quella volta internet a disposizione...

    RispondiElimina
  2. Sai Giulio, alla fine penso che i contatti li mantieni se hai un vero interesse. non in virtù se la cosa è comoda o pratica.
    perdincibbacco, si scrivevano lettere anche dalle trincee in prima linea! cosa c era di comodo e pratico nello scrivere quelle lettere?
    c è meno tempo? e come lo impegniamo tutto questo tempo che riempiamo senza aver più tempo per altro? non siamo certo la prima generazione al mondo che lavora, che alleva figli, che "fa cose e vede gente"...
    siamo figli e nipoti di persone che hanno rimesso in piedi una nazione da due guerre? che abbiamo noi che non ci fa più avere tempo, comodità e praticità di prendere in mano una penna?
    cosa?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, se vogliamo proprio cavillare, è vero che se c'è la volontà si mantengono i contatti anche con carta e penna. Ma non è la stessa cosa. Te lo dico per esperienza personale visto che ho vissuto a cavallo dei due sistemi e che li ho utilizzati entrambi. L'immediatezza di internet (e soprattutto dei Social Network) soprattutto con la condivisione delle foto permette di mantenere un rapporto quasi visivo, una partecipazione alla vita di amici lontani che non è possibile in nessun altro modo. Io ho diversi amici sparsi fra Italia ed Europa ed è solo grazie ad Internet che quelle volte che ci troviamo di persona è come se ci fossimo lasciati la sera prima. Si continuano dal vivo discorsi iniziati in rete, non c'è mai quell'imbarazzo di non saper cosa dire, di non riconoscersi (non solo fisicamente)... Con solo carta e penna devi espressamente rivolgerti ad una persona e se hai anche solo 5 persone con cui vuoi mantenere i contatti devi scrivere ad ognuno di loro. E visto che non tutti sono uguali finirà che ad uno scriverai certe cose, ad un altro altre ma nessuno in realtà interagirà in maniera, se non estremamente superficiale, con la tua vita. Ed alla fine queste persone tenderanno a sbiadire, ad essere sempre più opache e distanti. Magari non sarà così per tutti, ma di sicuro lo è stato per me...

      Elimina
  3. Non era un cavillare il mio. era un cambiare prospettiva.
    perché pure io ho vissuto sia l una che l altra fase. dei "vecchi amici di penna" me he è rimasto uno, che conosco da 22 anni.
    hai usato la parola chiave "immediatezza" adesso tutto deve essere necessariamente immediato altrimenti sbiadisce, altrimenti c è quell imbarazzo del non riconoscersi, di non saper cosa dire...
    per lo meno adesso c hanno educati così.
    quando non c era internet, ma come scritto nel libro qui sopra, scrivevi un ti amo e la risposta ci metteva tre settimane ad arrivare, non è che diventasse per questo meno limpido. anzi.
    probabilmente proprio la mancanza di "immediatezza" rendeva i rapporti più profondi. ora, senza tornare all esempio estremo delle trincee (che comunque... chiediamoci se l aria di casa era sempre più opaca e distante per quelli che scrivevano lettere da lì) basti pensare ai nostri genitori.
    mia Madre conserva ancora tutte le lettere di mio Padre e sono per me un Patrimonio.
    Giulio, quello che voglio dire è che è una questione di INTENZIONE e di OBIETTIVI, non di mezzo. Se qualcosa ti frega davvero un modo lo trovi. Anche se non è il più facile. Ma se ti frega davvero lo fai.

    “Nessuna carovana ha mai raggiunto il suo miraggio, ma solo i miraggi hanno messo in moto le carovane” (proverbio africano)

    RispondiElimina

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...