martedì 28 ottobre 2014

uno di quei giorni che...

... uno di quei giorni che vorresti metterti lì e scrivere, scrivere ogni cosa, ogni singolo frammento di pensiero, senza chiederti se abbia un senso, se ne ha per chi ti legge, se chi dovesse un giorno leggerti penserebbe che tu, proprio in quel dato momento stavi vivendo un momento che... 
uno di quei giorni in cui ti vorresti vedere, come una di quelle attrici di una bellezza non da copertina, ma che la vedi la senti la noti, anche da sotto dei jeans troppo larghi e il maglione che infagotta te su di lei sta una meraviglia e parrebbe che, a contrario di te, lei sappia esattamente cosa fare, come muoversi, cosa dire, anche se (apparentemente, ovvio) velata di una dolce goffaggine che la fa guardare con quell'occhio tenero e accondiscendente. che i copioni non cazziano, che i copioni sono facili da imparare, e poi puoi sempre improvvisare qualora acquisissi quell'attimo di sicurezza che ti porta ad azzardare, a non pensare oddio sono troppo vecchia per questo o per quello, che un giorno pensavi farò la ballerina, e poi, diciamocelo, hai dovuto cambiare idea, che una ballerina con il seno generoso non s è mai vista, e hai pensato che volevi fare la giornalista, che le parole e le idee poco hanno a che fare con il seno, (forse), e allora, dicevamo? ah sì, volevi fare la giornalista, non la ginnasta, che in equilibrio sui tuoi pensieri non ci stai bene, mai troppo a lungo, e poi soffri di vertigini, hai bisogno di restare tranquilla con i piedi per terra, anche se poi ti metti a piroettare su un idea che sfugge ed è sempre più veloce di te. che si diventa più lenti con l'età ci si fa troppi  problemi sì, si pensa troppo, con l'agilità di un pachiderma zoppo, al più e allora volevi fare la giornalista e stai facendo la segretaria. la verità non la cerchi più nei fatti,  ma in fondo ad una fattura, e non è esattamente la stessa cosa.
oggi è uno di quei giorni che vorresti inciampare in un idea, una di quelle che ti regala un picco di adrenalina, una di quelle che ti lascia solo il tempo di vederla un attimo che già ci stai costruendo il progetto intorno, il sogno intorno, che sognare in modalità architetto è bello, ci puoi mettere un architrave di fantasia lì, dove il peso del sogno pare rendere l arco instabile, e lì scarichi il peso, quella della stanchezza, con un uno di quegli archi gotici, così non pensi alla giornata di lavoro che hai alle spalle e torni lì ad arricchirlo, il sogno dico, con lo scalpellino, anche se è notte, anche se ti sei appena addormentato ma l urgenza dell'idea ti ha fatto sbarrare gli occhi... 
oggi è uno di quei giorni in cui vorresti essere ancora lì, sospesa tra i tuoi sogni come una ginnasta, a decidere se nella vita vuoi fare la giornalista, o la ballerina... 

martedì 21 ottobre 2014

di abitudini, di rivoluzioni, di disquisizioni e di santa pazienza...

Non tutti i fine settimana vengono con il buco. Specie se ti devi imporre di passarli in casa per dare un senso a ciò che un senso più non ha: il disordine. Stratosferico e costante da almeno un paio di settimane vissute sull'onda del non c ho tempo per nulla, manco per una lavatrice. Che tanto con il tasso di umidità al 95% col cavolo che s asciuga.
Pensieri pari a quelli della sciura Cesira, per dire. Ci manca solo che prosegua questo post ponendomi domande introspettive tipo "potrà uno smacchiatore fare al felicità di una donna?". 
In questi giorni gran parte dei confronti tra me e Lui vertevano sulle abitudini. Più o meno radicate di entrambi. Perché quando cominci una storia dopo i trenta, non è semplice. Non è come quando hai 20 anni, un carattere plasmabile e tutto va bene, tutto è risolvibile. A vent'anni puoi passare una notte in sacco a pelo in stazione se perdi l'ultimo treno. Quando sei più vicino ai quaranta, dopo aver tirato giù tutta la schiera di angeli arcangeli e serafini, te ne vai a cercare un hotel pregando non ti costi un rene. 
Ci vuole una gran pazienza. Soprattutto quando hai a che fare con un carattere come il mio. Che diciamocelo, non sono proprio farina da fare ostie, direbbe Zia Ester.
Non ho molte abitudini radicate, ma ne ho una che fa per mille. Io sono abituata a stare da sola. E non lo dico in modo autocommiserante, lo dico con un certo orgoglio (anche se l amico Bruno mi farebbe quella faccia lì). Sono abituata a stare da sola, a gestirmi gli spazi, la giornata, le idee e i progetti per il futuro. Grazie a Dio ho una Famiglia meravigliosa con cui ha condiviso i momenti belli e quelli neri. E sì, ho anche Amici che sola non mi hanno mai fatta sentire, e continuano a essere un po' me anche ora. Ma in linea di massima, fuori dal campanello di casa c era solo il mio nome. (E a comandare ci pensava la Melli).
Oggi leggevo Patty che parlava della zona di comfort, quella dove  ci si rifugia, dove non stiamo bene né male ma semplicemente si sta.
Perché così funzioniamo perché così in qualche modo si va avanti, non devo nemmeno interrogarmi più del dovuto, tanto il sole domani sorge comunque, e mi alzerò alle sette per andare a lavoro. Perché così funziona, funziona così anche per le persone che conoscono. Ci si alza la mattina, si va al lavoro, la sera si cena, un bel film e domani si ricomincia. Magari ne frattempo si conosce qualcuno, si va a vivere insieme, ci si fa una famiglia ecc... ecc.. ecc...
Ecco. Io ho orrore degli ecc... ecc... ecc....
Ho orrore delle cose fatte perché si fa così.
Perché si è sempre fatto così. 
Mia madre mi racconta che da piccola ero una grandissima smeriglia testicoli. Perché la domanda più frequente che facevo era "e perché?" e se non mi davi una risposta decente, continuavo... "e perché?". Non sono cambiata più di tanto. O meglio, c è stato un periodo della mia vita in cui mi sono seduta, sul mio vivere e sul mio stare, mi sono fatta portare un po' dalla corrente, forse il tempo di prendere aria, di aspettare che certe cicatrici guarissero davvero.
Poi a darmi una scarica elettrica c è stato l'incidente, e senza farla più tragica di quello che è stata, parafrasando Zanardi (con tanto rispetto) forse è stata la miglior cosa che potesse capitarmi.
Perché?
Perché la sera stessa ho detto a mio Fratello che era il miglior Fratello che potesse capitarmi. Perché ho scoperto che ci sono gesti che diamo assolutamente per scontati e scontati non sono. Perché ho conosciuto due delle Persone più importanti della mia vita. Perché ho scoperto che sono meno fragile di quello che pensavo. Che la mia cocciutaggine mi ha fatto tornare a camminare su un tacco 12, anche se con moderazione...
La zona di confort delle nostre abitudini, del lasciarci vivere ci uccide. Uccide il tempo, il giorno che abbiamo a disposizione. 
Uccide la curiosità. Quella innata che abbiamo e che ci spinge verso l'esterno. Che ci fa venire voglia di dire "ma io sarò capace di fare...?" 
Troppo spesso si arriva a casa e ci si fa rapire dal potere oscuro del divano, dalla tv.
E invece c è un mondo lì fuori.
Ma c è un mondo anche qui dentro.
Se chiudiamo gli occhi e ci leggiamo dentro, abbiamo tomi e libri che il Signore degli Anelli ci sembra l antologia di Topolino.
E' che usare il telecomando è più semplice.
Più pratico. Massimo rendimento con il minimo sforzo.  Tanto si può sganciare sempre la scusa del "sono fatta così".
E lo stato in cui versa quello che doveva essere il mio "studio" ne è la prova. 
Ad oggi in mezzo alla stanza c è lo stendibiancheria carico, le scale usate per attaccare le plafoniere domenica... la cassettiera che va in armadio e sopra la sedia della scrivania la roba da stirare.
Il pc credo sia sotto la roba da stirare. Almeno spero. 
E mi dico che non va bene. Che il disordine fuori mi fa sentire disordinata dentro, e fatico a reggere il respiro quando entro in casa e vedo quel caos che mi rende nervosa. E io non sono fissata con l ordine, ma il mio è un disordine creativo.
Qui di creativo, in me, non vedo nulla.
Vedo solo la staticità.
Il fatto di non riuscire a ricrearmi l'occasione per... l'occasione per scrivere, l'occasione per fotografare, l'occasione per nutrire la mia curiosità. E non ho tempo mi dico. Ma se vuoi qualcosa veramente il tempo te lo crei. La strada la trovi. Patty ha preso aspettativa dal lavoro, sta cercando la sua strada e ha pianificato la cosa con tanto buon senso e coraggio. Dopo essermi chiesta se io avrei lo stesso coraggio, mi sono detta che a me il mio lavoro piace. Lo sento ogni domenica pensando che l idea di tornare in ufficio il lunedì non mi mette l'ansia. Allora il mio cammino è diverso per certi versi dal suo.
Ma significa anche che il mio tempo lo devo trovare al di fuori di quelle ore dovute e impegnate ad alzare il PIL. Lo Devo trovare e cazzo, lo troverò. 

Quello che cerco di trasmettere a chi ruota nelle mie orbite, e mi rendo conto che spesso lo faccio in modo brusco e ammettiamolo nei discorsi a voce alta non sono mai stata un gran ché, è che le abitudini possono diventare soffocanti. A lungo andare è come stare con le sabbie mobili fino all'inguine e trovarle in qualche modo anche comode.
Che la Meraviglia è il chiedersi il perché delle cose, il guardare al di là del proprio orto e scoprire che forse c è un modo diverso per fare la stessa cosa che si fa identica da anni. E che cambiare non significa semplicemente trovare il modo di farla con il minimo dispendio di energie. Sprechiamole queste energie! Risparmiarle per cosa? Dove la mettiamo e come la sfruttiamo l'energia risparmiata esponendoci poco. Cercando poco. Facendo poco. 
Azzardiamo, proviamo, sperimentiamo. Sbagliamo anche. Dio che sarà mai?
Ogni sette anni, si dice,  si cambiano i gusti, allora riproviamo le cose che sette anni fa non ci piacevano, magari non ci piaceranno nemmeno oggi, ma non potremmo mai saperlo se non proviamo. Se non tocchiamo con mano, se non ci sporchiamo le mani, la faccia. Se non facciamo un tentativo che può pure non andare a buon fine e ci costringe a ricominciare da capo. 
Nel ricominciare da capo non c è nulla di brutto anzi. Solo chi ricomincia può reinventarsi.
Cambiare marca dello shampoo, colore di capelli, provarne uno che non è il tuo colore ma solo per vedere che effetto fa, e scoprire che forse non ti sta così male. 
O ridere perché proprio non ti si può guardare. Ma che ci sarebbe di drammatico? Non è nulla di irreparabile. Nessuno ti giudicherà per questo. 
Spostare i mobili perché magari con il tempo ti accorgi che da qui a lì sta meglio. 
Leggere un libro che non hai mai letto, e scoprire che proprio non lo digerisci. O potrebbe pure essere che finirai per cercare anche tutti gli altri dello stesso autore. 
Si fa. Si disfa.
Paradossalmente chi purtroppo, sta male e ha i giorni contati, ha più slanci e desideri e si perdona gli errori molto più di noi. Perché, paradossalmente, hanno una visione della vita più sana. Le cose importanti, i capisaldi della Vita, non sono le abitudini e le certezze con cui cresciamo. 
Le certezze non esistono, nemmeno nelle abitudini rassicuranti.

Dovremmo renderci conto, che non c è nulla a questo mondo che sia definitivo. 
Nemmeno la morte. 

Quando mi hanno ricostruito il ginocchio mi hanno detto che, se non avessi fatto azzardi, fossi stata molto attenta e parsimoniosa negli sforzi, l intervento per sostituirlo con una protesi avrei potuto farlo intorno ai 65 anni... se sforzassi la gamba, camminando, andando in montagna e con altre attività, il rischio è quello di farlo intorno ai 60 o un paio di anni prima. 
Beh, a prescindere che non so nemmeno se per allora sarò ancora qui (magari mi trasferirò in un isola caraibica...) beh... se tanto il concetto è che comunque mi toccherà farlo, voglio farlo dopo aver consumato una quantità cospicua di scarpe da ginnastica.
E ne sarà valsa la pena. 

giovedì 2 ottobre 2014

Cambio di stagione...

Ottobre. La strada verso l'ultimo trimestre dell'anno è iniziata. Le avvisaglie c'erano tutte: la copertina da divano è bella che pronta che pulita, e in posizione. I ciclamini alla finestra della cucina, il sole che non mi arrostisce più le piante, anzi, fa effetto beauty farm e io lascio che si godano ancora quel che resta dei raggi tiepidi (intermittenti tra una pioggerella e l'altra).
Sabato sera ho preparato il primo sacchetto di pop corn, abbiamo sfogliato la pagina dei film al cinema e scoperto che la tessera della videoteca è smagnetizzata. Ebbene sì, ce l'ho ancora e la uso. Che a me le cose ondemand non mi intrigano quanto lo zen e l'arte del noleggiare il film.
I riti. Queste cose che ancora mi scaldano e mi fanno pensare che ci sia una strada diversa dal "mi rintano in casa, e non ho bisogno di nulla di tutto ciò che c'è fuori".
Ho due cassette di mele trentine, urge infornare torte di mele. Quelle con l'uvetta e la cannella, e la granella di zucchero sopra che fa la crosticina. Bello riaccendere il forno. I profumi mi portano sempre a quando ero piccola, a quando mia madre faceva le torte e io i compiti, e poi mi faceva assaggiare la crema rimasta nella terrina.
Ottobre con sé porta il calore delle maniche lunghe, dei tè aromatizzati, la trapunta e la maglia del pigiama. Il foulard che ancora non è sciarpa, il maglione di Papà usato come giacca, che scalda il cuore e non solo le spalle. I calzettoni antistupro e le candele accese, il profumo del muschio e di zucca. La voglia di fare, la voglia di cambiare. La voglia di migliorare e migliorarsi, di inventarsi qualcosa di nuovo. Di creare e di avventurarsi in un progetto che ti assorba e ti faccia parlare velocemente e riempiendo l'aria con le mani che le parole non bastano. Voglia di foto colorate e calde, di profumo di caldarroste e del "fatti più vicino che ho freddo". Di pizza fatta in casa, di quadri da scegliere e appendere, di silenzi leggeri.
Voglia di sorprese.
Tutte quelle che una nuova stagione racchiude e custodisce con il solo desiderio di condividerle... 




In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...