lunedì 16 novembre 2015

Tempo fa guardavo una commediola, una di quelle senza troppe pretese intellettualmente stimolanti, che fanno sorridere e un poco pensare, ma senza appesantire. 
Protagonista una suora, che parlava a Gesù come se fosse proprio lì, davanti a lei. E ci sbottava anche, con il suo carattere irruente. 
Poi le cose a fine puntata si aggiustavano, e fine serie l happy end è stato scontato, ma piacevole. E io pensavo che mi piacerebbe saper pregare così. Avere fede in un modo così. 
Ma non so pregare, non riesco a concentrarmi. La mia mente spazia e varia e vaneggia. Parto con l'idea e finisco a pensare alla lista della spesa. Eppure vorrei. vorrei fermarmi a raccogliere un pensiero ed accompagnarlo fino alle porte dell'Universo, e lì lasciarlo libero di andare e di raggiungere chi di dovere. Perché l'Universo parla se lo si sa ascoltare. Vorrei sapere di potermi affidare. Lasciare che le cose seguano il proprio verso, confidando in un esito positivo. Senza quest'ansia di controllo, di voler capire, di voler sapere. Avere fede. Ecco. Vorrei fidarmi. Fidarmi del mio istinto, non ricordo chi fosse il saggio che diceva "fidati di ciò che senti, non delle parole che ascolti". Eppure mi accorgo di avere bisogno di quelle parole. E di non riuscire a fidarmi completamente del mio sentire. Così sensibile al vento, alla mia melanconica tristezza di fondo, alla mia paura di sbagliare, di sbagliarmi. E' come se la mia speranza si lasciasse soffocare da un carico di zavorra contrassegnato da errori di valutazione, peccati di leggerezza, abbandoni. Il passato non esiste più. Le cicatrici che ti lascia sì. E sono quelle che ti condizionano la vita. 
Vorrei, come nelle commediole, confidare nel fatto che, nonostante le prove e le difficoltà tipiche di quel che un tempo studiavamo nel romanzo di formazione, alla fine, l'happy end ci fosse. 
Sì, mi piacerebbe davvero tanto. 

3 commenti:

  1. Risposte
    1. sarai mica un filo di parte?
      secondo me pensavi più a "carina"

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    2. "Carino" lo userò per il tuo primo romanzo, giuro.

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