Dovrei imparare a fare ordine.
Togliere il superfluo, o il presunto tale, e decidermi a lasciare spazio anche al vuoto. Perché evidentemente vuoto ha da restare.
Dovrei imparare a catalogare, piegare bene, trovare i giusti cassetti, le giuste gradazioni di colore e forma perché al primo colpo d'occhio l'essenza sia armonica.
Dovrei imparare ad essere metodica, a togliere la polvere, che si sa, quando si deposita lo fa uniformemente e nasconde le linee di confine tra un mobile e l'altro. E non va bene.
Dovrei imparare la filosofia che ogni cosa ha il suo posto e c'è un posto specifico per ogni cosa. Che è buona cosa restare seduti composti, la schiena andrebbe dritta e ci si muove con calma e gesti aggraziati.
A correre si suda, a saltare ci si fa male, a spogliarsi si resta al freddo.
Che i baci sono umidi, che gli abbracci sgualciscono e disarmano, i sogni invadono.
E non va bene.
Dovrei imparare i tempi del silenzio, della riflessione, delle parole calibrate e delle mezze misure, il famoso: "vedo non vedo, mistero austero". E tralascio in toto il capitolo sulle parolacce, va.
Dovrei imparare a comportarmi bene, come si confà e si addice ad una signora.
Lo so che dovrei, che sarebbe saggio e pure pragmatico. Che finalmente smetterei di cercare le cose che non trovo, distrarmi un poco, investire tutto, credere e disilludermi, sudare e raffreddarmi, cadere e ricucirmi, ridere e piangere a ripetizione, che non è vero che piangere fa gli occhi belli, a me si gonfiano le palpebre come quelle delle rane, e non è un bel vedere.
E lo so che ordine e rassegnazione non fanno nemmeno rima, ma proprio ora, mentre guardo fuori dalla finestra e mi accorgo che piove e non è rimasto nulla del cielo terso e limpido a cui sorridevo ieri, mai come ora quelle due parole le sento troppo vicine.
E non mi piace per nulla...
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