martedì 5 novembre 2013

Pane e Castagne

Era il tempo dei diari segreti, degli aforismi di Jim Morrison scritte con gli evidenziatori e sottolineati con le penne profumate. 
Era il tempo degli Amici di Penna, conosciuti con il classico annuncio su un giornale di fumetti. Era il tempo in cui ti prendevi una cotta per una poesia scritta da un poeta "maledetto" con i capelli ricci troppo lunghi e il carattere troppo introverso. Era il tempo in cui le foto si rovinavano a tenerle tra le mani, che ci scrivevi dietro "ovunque sarai, sarò" che aspettavi il postino come si aspetta il giorno di Natale, che tenevi la lettera con la busta azzurra per ultima, che quella la dovevi leggere piano, per farla durare di più. 

Era il tempo del primo esame all'università: storia dell'arte medioevale. 
La scrivania era il tavolino da campeggio di mio padre, sistemato nella camera piccola. Non sono mai riuscita a studiare nel silenzio. Mai. Il silenzio mi stanca, mi opprime, mi fa sentire troppo forte il rumore dei pensieri. Non posso studiare se ho pensieri che scalciano nella testa. 
Era il tempo di De Gregori nell'aria e Pavese sul comodino. Della canzone "Pane e Castagne" che girava in loop nel lettore cd. 
Delle mattine a lavorare in albergo, a spingere il carrello della biancheria pulita canticchiando nonostante le giornate di nebbia. Le pagine di "Tra Donne Sole" sfogliate in autobus, le pause con lo sguardo che scorreva fuori dal finestrino, a cercare la Mole come se solo a desiderarla potesse spuntare da dietro i palazzi di Corso Garibaldi. 
Era  il tempo in cui ti sembrava di avere tantissimo tempo, eppure non ti bastava mai. Era il tempo in cui fumavo e bevevo caffè americano per non addormentarmi sulla pittura di Giotto. Era il tempo di Venezia e la Basilica Marciana, di racconti scritti come parole non dette. Di lettere che portava ancora il postino, e profumavano di tabacco da pipa. Era il tempo in cui scoppiai in singhiozzi davanti alla Cupola del Guarini in fiamme e restai fredda davanti alla morte della madre di una conoscente. Era il tempo in cui non avevo ancora imparato a difendermi, in cui partivo e arrivavo a Porta Susa e non c avevo pensato granché. 

Era il tempo della crisi. 
Quella che ti cade addosso, e non è vero che non  hai nemmeno il tempo di rendertene conto, la sai la conosci, ne riconosci l odore da distante, ma è meglio non darle retta, non ancora. Fai finta di niente perché la normalità è rassicurante, e alla fine hai fatto una scelta e la devi portare avanti. Con orgoglio e convinzione. Anche quando tutto si sgretola, si spacca, si fonde. Resti lì. Mai abbandonare la nave. Non così facilmente. E chi percorre binari paralleli dall'altra parte della pianura e nella stessa situazione. Stessa ansia. Stesso dolore. Stesso sangue.
Era il tempo delle lettere nascoste nelle camicie stirate. Nell'aggrapparsi alla disperazione altrui per sentire meno la propria. Nel cercare conforto in quel tempo che era stato e si era condiviso e perso. Quel tempo in cui tutto ancora pareva possibile, contro tutto quello che ora sembrava lontano. Era il tempo della prima soap girata a Torino, a spiare le comparse come dovessi ritrovare lì, pezzi di te. Era il tempo della separazione. Del vuoto, dello xanax preso tre volte e poi buttato che fa schifo. Di ritrovarsi ancora. Stessa Torino, stesso profumo di tabacco, un tempo che non era lo stesso. 
 Del ricominciare ma no, non ora non adesso. Del non è tempo e forse non lo è mai stato. Era il tempo di un assenza che tornava. E poi di nuovo il silenzio. Quello che ti fa prendere decisioni forse sbagliate. 
Quello del forse è così che doveva andare, così sta scritto. 

Era il tempo del basta così. Che ne avevo abbastanza.
Quando il tempo si spacca a metà su due fronti, chi raccoglie i cocci, chi fa brillare la fede d'oro. Era il tempo del basta all'arroganza, alla saccenteria, al non avere più niente da dirsi, del no, io non smetto di scrivere solo perché me lo dici tu.
Era il tempo in cui avevo imparato a difendermi, e non partivo più in cerca di qualcuno. Partivo solo per me. 
E continuavo a scrivere, respirare Pavese, cantare De Gregori. Ritrovarmi al Valentino camminando sulle sponde di una città solo mia, ogni volta che cercavo equilibrio, anche se da sola. Torino che ancora mi abbraccia e non mi lascia e fa così parte del mio DNA da trovare la via per tenermi intrecciata a sé come i fili del tram, in Piazza Vittorio. 

Oggi è tempo di. 
Di un messaggio "sarò lì tra qualche giorno, ci sarai?". 
Parole che rimettono tra le mie mani frammenti di 22 anni di storia. 


On Air: Pane e Castagne - Francesco De Gregori.

8 commenti:

  1. Quando scrivi con questa forza e vitalità mi fai venire in mente che, se mai un giorno tornerai nella mia città per presentare il tuo libro, io nel frattempo l'avrò già comprato.
    E sarò lì, con la mia miglior stilografica in mano, per una dedica sulla seconda di copertina.

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  2. questo specie di spleen mi coglie all'improvviso, di tanto in tanto, quando mi sento solo. E vedo il mio passato come insieme di frammenti, insieme di cocci, quando non sono allegro. E i frammenti sono sparsi un po' qua e un po' là, nelle città in cui ho vissuto. La colla sono le persone che lasci e che ritrovi. Le persone sono la colla, non i ricordi. Sono certo che se tornassi lì, per esempio, in culo al mondo, e non ci fosse nessuno ad accogliermi e ad abbracciarmi, vedrei solo frammenti di una vita, cocci di storia, della mia storia.
    Ciao

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  3. mi avete lasciato due commenti così "belli" (e "bello" è quasi un concetto riduttivo), che fatico a trovare le parole giuste per rispondervi...
    ecco...

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  4. E' il tempo di seguire il cuore, se non va troppo lontano dal cervello, e se i cerotti che hai messo non si sono ancora staccati. E' il tempo di barcollare ancora un po' ma senza perdere l'equilibrio...

    p.s. la cartolina è stata un'odissea, ma sta per partire...per fortuna le collezioni non finiscono mai...
    p.p.s. Da me ti sta aspettando un premio. Se vuoi passa a ritirarlo...

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  5. E' il tempo di seguire il cuore, se non va troppo distante dal cervello...e se i cerotti che hai messo non si sono staccati. E' il tempo di barcollare ancora un po', ma senza perdere l'equilibrio...

    p.s. La cartolina è stata un'Odissea, ma sta per partire, per fortuna le collezioni non finiscono mai...
    p.p.s Da me ti aspetta un premio, vuoi passare a ritirarlo?

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  6. Piacere di conoscerti.

    Abito a Torino e l'adoro.

    Mi piace molto come scrivi.

    A presto.

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