Oggi in radio facevano un sondaggio: "qual è il posto dove dovete assolutamente tornare, perché vi sentite a casa?".
Ci pensavo anche mentre Cat Stevens cantava "Wild Word" e mi è scesa addosso un po' di malinconia.
Ci sono due posti dove mi sento a casa, e manco da entrambi da troppo tempo. Il primo è la mia Torino. Quella della Piazzetta Maria Teresa, delle vie percorse in moto, di Piazza Vittorio e del perdermi prendendo il tram n. 10 dalla parte sbagliata. La mia Torino, quella del mocaccino e del "ma davanti a te hai il fiume o la collina?", delle palle di cannone che nessuno vede, del Borgo Medioevale con la bottega del maestro Corradin da Padova, perché quando l Universo parla, non te le manda a dire. Quella della coda chilometrica per salire sull'ascensore della Mole, ma ne vale sempre la pena. La Torino che se la guardi da Superga, che sia di giorno o di notte nulla cambia. Ti toglie il fiato.
La seconda è Parigi.
Quella che quando l'ho incontrata la prima volta non l ho mica capita. Fredda, coperta di neve, con la
superficialità tipica della gita scolastica. Con la sua torre vista sempre da distante che "non c è tempo". Quella di tre anni fa, il giorno di maggio che ho detto "ma se potessi esprimere un desiderio e decidere di andare... dove... dove andrei?" e ho pensato Parigi, e ho pensato "perché no?" e ho visto, che alle volte i desideri si avverano. La Parigi di agosto, a camminare lungo la Senna con quella frase del film Sabrina "ho ritrovato me stessa a Parigi", che tornava alla testa come un mantra. La Parigi da fotografare in ogni angolo, la Parigi delle foto perse nell'hard disk bruciato. Parigi che la giornata finiva sempre troppo presto, Parigi che il capolinea della metropolitana n. 1 è grande come un centro commerciale. Parigi in quel giorno vissuto completamente da sola e che da solo valeva tutta la vacanza. Parigi che già non fai in tempo a scendere dall'aereo e già ti manca. Parigi che vorresti tornarci e condividerla, perché troppa bellezza non può stare in due occhi soltanto.
Manco da entrambe da troppo tempo. L'astinenza si fa sentire, che guardi le foto con quel silenzio dentro che si arrotola intorno allo stomaco. E le veneziane davanti alla vetrina dell'ufficio sembrano quasi una gabbia.
Ho voglia di tornare in movimento.
Ho voglia di rimettere in circolo emozioni.
E che aspetti? Parti e vai, te che puoi.
RispondiEliminama magari Rouge...
RispondiEliminaIo a Torino ci sto (anche se ultimamente le mie ore lavorative trascorrono all'interno di un ospedale di un'altra provincia - mi han collocato vicino all'obitorio, tanto per cominciare ad abituarmi all'idea), e pensa che non ho mai preso l'ascensore della Mole, della serie quando le cose le hai lì a portata di mano.
RispondiEliminaCi sono angoli di questa città così miei che ti devo dar quasi ragione. Ma Parigi è un'altra cosa. E Torino, mi dispiace, ma non ce la fa proprio a reggere il confronto.
E' l'atmosfera, è il rumore dei fogli che girano i pittori a Montmartre, sono le foglie che si inseguono ai Marais, l'eleganza di Place Vendome, l'incedere lento della Senna la sera, i lampioni sul ponte Alexandre III.
Non c'è storia. Ed ha ragione Rouge: parti e vai, te che puoi.
Io nel frattempo cerco di non farmi spostare nell'ufficio di fianco ^_^
ma chi l ha detto che io posso?
Eliminache c ho l aria di una che cazzeggia? oh... raga... io lavoro eh... produco...
sono "responsabile della segreteria"... mica pizza e fichi...
(anche perché qui da sola sto...se non sono responsabile io, chi?)
comunque... intanto il salvadanaio l ho creato... le monetine ce le metto... quando sarà pieno magari riuscirò pure a partire...
Parigi.
RispondiEliminaLa morbida croccantezza di uno sfilatino appena sfornato, sulle note di un organetto, e in sottofondo lo sciabordio del fiume....
quanti ricordi!
...la croccantezza è morbida per via dell'umidità ascellare nè! Friabilità naturelle
Comunque Torino e Parigi hanno due cose centrali in comune. La erre e la i.
Torino è bellissima ma troppi meridionali!
Parigi l'ho vista da bambino. Ai tempi di Lady Oscar. Ci volli andare e mi portarono al museo delle cere. Cazzo. Con tante cose da vedere una giornata al museo delle cere. Andammo a mangiare di fronte, alla rue des italiens, al ristorante Sorrento mia. Pasta al pomodoro scotta e salata.
Un ricordo tenero è il bagno dell'hotel. Uno pensa che il bidet l'hanno inventato gli amici di Robespierre e, dunque, sarà un sanitario immancabile lì. Ecco, è stata la prima volta nella mia vita che ho fatto il bidè con un soffione getto pioggia.
...troppi meridionali...
EliminaIride, Bruno è un Siciliano DOC! ;)
Eliminail modo in cui sai essere così poetico e decadente insieme, mio caro Bruno, lo sai solo tu...
Eliminaè la natura contrastata di noi meridionali. il sublime e l'osceno. inscindibile.
Elimina:)
Evvai, se le rimetti in moto le emozioni, vedrai che movimento. :-)
RispondiEliminaTra l'altro ho perso Sonia, sai dove posso trovarla? :-)
ehm... non mi riferivo ad un corso di booghy eh... :D
Eliminase la vedo le dico di farti un cenno!
Io sono ancora in cerca di una casa. I posti in cui ho vissuto sono stati e sono più una prigione.
RispondiEliminaLa libertà non è avere un luogo in cui andare, ma un posto al quale tornare, disse qualcuno... a me servono il primo per trovare il secondo.
c è anche chi dice che la propria vera casa è la propria pelle..
Eliminati auguro di trovare presto il tuo posto.
Io il Duomo di Cremona di sera, che è incassato in mezzo al centro storico, giri l'angolo e ti dici "Com'è che non riuscivo a vederlo così immenso fino a due passi fa?". Per il resto, di città straniere mi è rimasta Losanna. Ma devo ancora trovare quella giusta, lo so. E un po' ho paura di trovarla, se devo essere sincera.
RispondiEliminaSorrisetto.
paura?
Eliminail duomo di Cremona devo averlo visto ... una vita fa... o caspita...
credo siano passati tipo... 10 anni... niente meno!
come passa in fretta il tempo quando ci si diverte...