martedì 4 febbraio 2014

pensieri sparsi...

Dalla finestra della mia camera da letto si vede una casa disabitata.
Una di quelle molto vecchie, sarà lì da prima del primo conflitto, in alcune parti è puntellata e tra un muro e un ampliamento evidentemente successivo, c è un albero di fico, pure piuttosto grosso. Mi immagino come deve essere vedere un tronco d albero tipo proprio in mezzo al salotto. C è chi paga un architetto per farselo fare e qui la natura ha fatto tutto da sé.
Oltre al fico, è ricoperta per gran parte di passiflora. Fiore che adoro, tra le altre cose, ma è una delle poche piante che a tenersi in vaso soffre e quindi c ho provato ma è morta. Averla libera e rigogliosa lì, mi permette di godere del piacere di vederla senza dovermi ricordare assiduamente di darle acqua. C è qualche gatto che ci gira, non so se abbiano trovato un accesso alle stanze, ma credo sarebbero gli unici a poterlo fare senza rischiare che il tetto cada loro sulla testa. Mi piacciono le case disabitate, pare siano lì ad aspettare che qualcuno si fermi per poterne ascoltare la storia. Gli urli di bambini che correvano giocando e la madre che li rimproverava, che non si corre per le scale, prima di ricominciare a mescolare la polenta sul fuoco. Gli scuri di legno che si aprivano allargando le braccia come a prepararsi ad abbracciare il giorno, il comignolo da cui usciva il fumo di legno e di qualche pigna che si sa, nel fuoco fa profumo.
Pensando al blog stamattina m è venuta in mente l immagine di quella casa. Il blog è un luogo, dove si sono incrociate vite. Dove è come ci si sia seduti intorno ad un tavolo ancora apparecchiato dopo un pranzo, dove qualche amico arriva giusto in tempo per il caffè mentre l altro se n è appena andato che doveva passare a fare visita a qualcun altro. Si sgranocchiano confidenze e bagigi  spostandone la scorza dalla tovaglia con due dita, mentre si rincorre un pensiero o un ragionamento così. Da questa pioggia che non smette di farci annaspare a quel tizio che c ha fatto credere chissà che e poi non valeva nemmeno la pena uscirci. Chi porta una fetta di torta, e chi lancia frecciate. Chi ancora corre per le scale ridendo e qualcuno dice di fare i bravi... dai su...
Poi le cose cambiano, si trasloca. I tempi scorrono e i blog restano così. Come i muri di una casa che avrebbero delle cose da raccontare, se ancora ci fosse il tempo di fermarsi...



12 commenti:

  1. Ogni blog racconta del suo autore. Alcuni blog assomigliano a una camera da letto, altri a un club privè, altri ancora a uno studio dello psicologo, altri ancora a un ristorante e così via... Siamo noi che diamo al nostro spazio l'immagine che crediamo ci assomigli e scegliamo il target di lettori, forse inconsapevolmente.
    Quando trasloco, chiudo la vecchia casa e cedo le chiavi al nuovo proprietario. Non ha più senso che quella casa resti aperta ai miei visitatori. Io non ci sono più. Sono da un'altra parte.
    Poi, se il trasloco diventa un trasloco dell'anima, il tenere aperta la porta di una casa che non corrisponde più al tuo essere, è superfluo.
    E il lettore che è abituato a fermarsi perchè in sintonia col tuo essere e non lo trova più, non si ferma più.
    In un certo senso il rapporto blogger/lettore è come quello tra due partner. Finita l'intesa, finisce la relazione.
    Alcune volte non ci rendiamo nemmeno conto di come cambia il nostro modo di scrivere, ma il lettore se ne accorge e può decidere che no, non gli piace più quel posto, non è quello che aveva conosciuto dell'autore e cambia aria. S'aspettava il bicchierino di liquore e invece gli arriva la pizza ai quattro formaggi, credeva di trovarci Rembrandt e s'imbatte nell'ultimo libro di Barbara D'Urso.
    Solo chi ci ama accetta i nostri cambiamenti e si rimodula al nostro rimodularci.
    Ma i nostri lettori, perchè dovrebbero amarci?
    Ci sono anche blog/obiettivo. Se raggiungi l'obiettivo che ti eri prefissato aprendo il blog, lo puoi chiudere tranquillamente.
    Ci sono anche i blog paravento, nati per raggiungere un obiettivo nascosto ai lettori che, ingenuamente, vi scrivono, senza incidere nella vita dell'autore, che pensa ad altro.
    Ci sono i blog commerciali nati per fare affari, di qualunque tipo, e puoi chiamarli anche "i dolori della mia anima" oppure "Cerco amici". Poi, venduto l'aspirapolvere, tali blog li puoi anche chiudere.
    Un blog nasce per un bisogno, per soddisfare un bisogno. Soddisfatto il bisogno puoi rimuoverli.
    Se il bisogno rimane insoddisfatto e lo chiudi, è una rinuncia dolorosa.
    I blog siamo noi, sì, siamo le nostre case che profumano di noi.
    Se non profumano più di noi, o delle nostre speranze, dei nostri sogni, credo che dovremmo chiuderli.
    Scusa se mi sono lasciato andare a considerazioni che forse non c'entrano nulla col tuo post ma credo che, ancora, in questa casa ci siano un divano, una tazza di the, una padrona di casa affabile e ospitale, in vena di fare quattro chiacchiere, o no?
    Ciao :)

    RispondiElimina
  2. Ma ciao Carissimo Bruno,
    ho letto ieri il tuo commento pure più di una volta, ma non riuscivo a ritagliarmi il tempo di risponderti con calma e non volevo essere frettolosa.
    qui, soprattutto per te, il divano ci sarà sempre. anche la tazza di tè (o caffè... fatto con un alicia a cui tengo davvero tanto e che fa un caffè buonisssimo).
    condivido tutto quello che hai scritto, e lo trovo pertinente con quanto pensavo e probabilmente non riuscivo a scrivere in modo così diretto. è un periodo che mi sto mettendo in discussione su tante cose. anche sul mio rapporto con lo scrivere. che a modo suo è conflittuale.
    ho aperto un blog 10 anni fa per eccesso di solitudine. oggi a distanza di tempo non è che sono circondata di persone. ma sono sicuramente più tranquilla, meno sola o comunque vivo bene anche i momenti (che spesso sono giorni) di solitudine. anzi, ti dirò di più... riesco in qualche modo a preferire lo stare da sola quando lo stare in compagnia potrebbe farmi correre il rischio di avere più ferite che altro.
    quindi sì sono cambiata io, è cambiata la mia prospettiva, è cambiato il mio "bisogno". sto scoprendo che scegliere "me" rispetto a qualcun altro è per certi versi doloroso, ma mi fa tenere uno sguardo più alto. sto rendendomi conto che non ho la necessità assoluta di aggrapparmi a qualcuno per reggermi in piedi, ma le mie gambe per quanto acciaccate reggono, e reggono bene. e forse in questo senso è cambiato anche il mio modo di raccontarmi. non mi sento nemmeno più la mezza sciroccata di un anno fa.
    però ancora mi piace, arrivare qui, sedermi sul legno che pavimenta queste stanze e guardarmi intorno. respirare l aria e il profumo dei dolcetti allo zucchero che di tanto in tanto porta chi viene a lasciare un saluto.
    forse non è ancora tempo di traslocare, forse è solo tempo di ristrutturare e cambiare qualche mobile, magari il colore delle tende... che dici?
    mi sa che pure io ho divagato... o no?

    ti abbraccio Brù!

    RispondiElimina
  3. io toglierei le tende, mai sopportate le tende, anche se ci sono vicini impiccioni.
    :)
    ciao!!

    RispondiElimina
  4. Anche a me piacciono i luoghi abbandonati, soprattutto quando la vegetazione tende a riprendersi lo spazio che le è stato tolto. Guardare questi posti mi fa sempre pensare a come dovevano essere stati nel passato e mi piacerebbe avere una macchina del tempo che mi facesse ripercorrere la storia di quegli edifici come in un time-lapse: vedere il momento che sono stati costruiti, com'erano quando erano abitati, cosa è successo che li ha fatti abbandonare e come pian piano sono andati in rovina...

    RispondiElimina
  5. Non riesco ad essere così chiaro come è stato Bruno, ma probabilmente tutto sta nella mia personalissima e molto confusa idea del perché si tenga un blog. Recentemente notavo che, all'inizio, scrivevo un post ogni due o tre giorni, oggi invece ogni due o tre mesi. Commentavo spesso, oggi raramente.
    So perché ho iniziato a scrivere da me, e se dovessi pensare alle esigenze che mi hanno portato a quella felicissima (almeno per il sottoscritto) scelta sento che sono rimaste intatte e vive, nonostante il tempo trascorso. Ma qualcosa però è cambiato, si è aggiunto, ha modificato le regole del gioco. Ho perso molta della serenità che avevo e tanti orizzonti da cui aspettarsi chissà cosa.
    Il tempo fa la sua parte, ovviamente, e non può bastare per riuscire a far tutto. Ho poco tempo per carpire un'emozione e metterla giù battendo sui tasti. Me lo risparmio per tentare l'impresa sempre più disperata di salvare il mio studio, raggranellare il necessario per pagare il mutuo, tenere insieme i cocci di una vita che ha preso pieghe inaspettate. Cose così.
    E quando un'alba risveglia pensieri che fino a qualche tempo fa ti avrebbero portato a battere furiosamente i tasti sulla tastiera prima di perderli, sorridi e ti godi il momento, lasciando che escano silenziosi dal finestrino.
    Comunque, gran bel post.
    Scrivi bene, dovresti deciderti a crederci in maniera diretta, senza se e senza ma.
    E, visto lo stato dei jeans, taglia le unghie al micio.

    RispondiElimina
  6. Cosa escono silenziosi fuori dal finestrino DR?
    permettimi di consigliarti un link, con l'affetto di un nipote.
    http://www.rodiola.it/skart.php3?art_cod=PAFLMC

    RispondiElimina
    Risposte
    1. i pensieri, caro nipotino. Il soggetto erano i pensieri.
      E' che non si possono riprendere i commenti appena scritti aggiungendo "questi ultimi", come avrei voluto fare, subito dopo aver cliccato su "pubblica".

      Elimina
    2. E poi sono andato sul link.
      Direi che come nipote, sei decisamente dissacrante.
      Ti banno.

      Elimina
    3. comunque, da novella editor quale sono, il fatto che non ci fossero punti bensì virgole, faceva sottointendere che il soggetto fossero "i pensieri". la ripetizione di quest ultimi sarebbe stata inappropriato... ;)

      Elimina
  7. bambiniiiiii merendaaaaaaaaaa :) dai su.. .che se fate i bravi vi regalo una girella motta a tutti e due...
    o preferite il tegolino?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. bannato, redarguito, rimproverato. Senso di colpa.
      Nè girella, nè tegolino. Olio di ricino. Questo mi merito.
      Addio

      Elimina
    2. ma noooo dai... via... il senso di colpa no... :)

      Elimina

In un mare senza blu - Francesco Paolo Oreste

  Già lo scrissi, una volta, che Francesco Paolo Oreste scrive con lo stesso gioco di luci e di ombre con cui Caravaggio dipingeva le sue te...