domenica 28 gennaio 2018

Sottotraccia - Massimo Cassani


Doverosa premessa: questa non è una recensione, non nel senso più tecnico della definizione. Per un motivo molto semplice: non sono un critico letterario. Sono solo una persona che legge, non quanto vorrebbe, a cui piace discorrere di libri, sopratutto quelli che le sono piaciuti. Se leggo libri che non mi conquistano glisso, per due motivi altrettanto semplici: la bellezza sta negli occhi di chi legge. Banale forse, ma tant'è. Non detengo certo la verità universale. Inoltre,  un libro porta con sé una storia sotterranea di energie investite, tempo rubato alla famiglia, agli hobby o al cazzeggio. Quindi merita rispetto, a prescindere. 

Quello che vi apprestate a leggere sono impressioni, sensazioni, che il libro mi suscita. Per le recensioni più tecniche vi rimando agli esperti del ramo. 


Che penso di "Sottotraccia"? Bello. Bello. Bello. 
Ma partiamo dall'inizio, le cose sono andate all'incirca così: Chiara la Saggia viene a cena a casa mia. E invece di portare la classica bottiglia di vino, arriva con un pacchetto contenente questo libro, e mi dice "Massimo è un mio amico, e tu LO DEVI LEGGERE". Chiara è così. Il maiuscolo le esce non solo in certi punti di certe chattate, ma anche quando parla, significa che in questa cosa ci crede davvero. 
E io, "Un tuo amico? carino! Single?" "No, sposatissimo" "Ecco, sempre i migliori che se ne vanno". Pure io sono così. Bischera fino alla fine. 
Scorro alla quarta copertina. "Romanzo giallo alla milanese". E io penso, ahia. Io non ho un buon rapporto con Milano, ho provato a fare amicizia, andarle incontro, capirla. Ma non ci amiamo. È ufficiale. Ogni volta che cammino per le sue vie mi sento fuori posto come fossi dentro un negozio di Gucci. Basta questo pensiero a farmi desistere? No, perché se Chiara ha detto così, 'sta cosa sà da fare.
Ed è così, che in un venerdì notte, dopo una bella cena con una grande amica, faccio la conoscenza del commissario Sandro Micuzzi, e scopro che in comune abbiamo l'età, i capelli arruffati, lo scazzo semi-cronico. Che non è poco, perché di pagina in pagina se lui sbuffa tu sbuffi, se lui si incazza ti viene da dargli una pacca sulle spalle e dirgli "come ti capisco". Specie quando riceve le telefonate dell'ex moglie, Margherita, una che te la consiglio. Ma al di là del gossip, il commissario mi ha mostrato una Milano dalle tinte poco glamour e molto noir, facendomi sentire quasi a casa. La trama è di quelle che ti si intreccia addosso, come la pianticella nata dal fagiolo magico, che ti prende dalla caviglia, ti avvolge e solleva verso una dimensione diversa accendendo luci su angoli e punti di vista di versi di tante storie che sono diramazioni della stessa storia. 
Abbastanza complessa da tenerti sempre un passo indietro e farti capire che senza il commissario non vai da nessuna parte. Il che significa stupirti ad ogni nuovo indizio, ma senza mai farti distrarre o arrendere. L'equilibrio perfetto dei chiaro scuri, e del ritmo narrativo. Una vita che non mi divertivo così, leggendo. 
E poi ad un certo punto incontri lei: Rosaria Della Vedova, una poliziotta che ha un carattere e sa molto bene come usarlo. Poche righe ed eravamo già amiche. Insomma. La penna di Cassani dipinge diversi personaggi, dettagli nitidi e precisi come in quadro di Rubens. Ti coinvolge nella trama al punto di non riuscire a farti mettere giù il libro, finisce che te lo porti ovunque, anche nella sala d'attesa dell'ospedale, pur di vedere come va a finire.  
E quando lo finisci? 
Appena arrivi a casa, ordini Pioggia Battente, che non puoi mica fermarti qui. 

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