domenica 22 maggio 2011

Scale

Si sale, si scende. A volte ci si ferma a prendere fiato.
Si chiude la porta, si lasciano dentro le chiavi.
Si resta chiusi fuori.
Di casa.
Dalla propria vita.
Si sale di corsa, con i polmoni che bruciano, il fiato corto.
Le gambe che pesano ad ogni gradino di più.
Si sbattono i pugni contro una porta che non si vuole aprire.
Si scende scosolati con le mani arrossate affondate nelle tasche guardandosi alle spalle, sperando
in un ripensamento.

Si sale, con le borse piene tra coriandoli e patatine fritte. Le chiavi che tintinnano e una cartolina tra i denti.
Si scende a comprare un litro di latte dimenticato, scivolando in fretta. una mano sullo scorrimano e il piede giusto al limite dello scalino.
Ci si affaccia a guardare giù chiedendo "chi è?" chi suona, chi bussa, chi cerca, chi aspetta.
"arrivo scendo subito". O forse tra un po' forse non scenderò mai e mi capiterà di precipitare.
Si guarda su "allora scendi?" mi vedi - ci sono sono - arrivato - eccomi.
Prendo fiato adesso salgo vengo a prenderti.
Vengo a prendere le mie cose, a farle scendere. Svuotarti la casa e lasciare quel segno nero sul muro dove stava la nostra foto, quella fatta al mare, con te che mi cingevi le spalle.
Ti porto i miei libri che se li lascio da te vuol dire che mi fido. Che i miei libri non li lascerei mai in giro e ti lascio anche lo spazzolino che poi se mi fermo da te a dormire. a vegliare su quei libri, mi serve.
Salire, fino all ultimo piano che a me di avere gente sopra la testa non mi è mai piaciuto e poi guardo dalla finestra e mi pare che il mondo sia steso ai miei piedi.
Scendo fino dalla moretta del terzo piano, che ha quegli occhi che mi fanno morire e magari un po' di zucchero me lo regala lei, ci condisco il sorriso.
Salgo. Fino al tetto, con quella porta di vetro opaco e la chiave che sa di rugine marrone e graffia sempre quando la giri. Stendo le lenzuola al vento e il tuo odore ora sa di detersivo.
Bandiera bianca. Ma non mi arrendo ti respirerò di nuovo.
Scendo.
Fino in cantina dove mi chiedi di nascondere i pezzi di te. E lo faccio sì tra il vino e la polvere. Eppure la scatola la metto lì vicino a quella finestrella che un po' di luce te la regala.
E torno a leggerti quando mi sento più sola. E va bene così.
E non no va bene così. Riprendo la scatola, la porto su, ad ogni gradino l'accarezzo. Sul comodino sì. Tra le candele di mare e quel libro da finire. Ancora tu.. ma non dovevamo vederci più?
Tu scendi io resto "chiama quando arrivi" eccomi resto qui, mi sporgo abbastanza, mi tengo stretta che soffro di vertigini. Tornerai vero?
Non farmi stare in pensiero sii prudente.
Ti vedo ancora lì sotto che mi fai ciao con la mano e già mi manchi... lo sai che mi manchi vero?
"sì, ti chiamo appena arrivo" e ti guardo lì, con i capelli sul viso e già vorrei darti un altro bacio ancora.
Risalire, correre su, riprenderti il viso tra le mani e dirti che sì, mi sto innamorando un po' di te e no, tu ancora non lo sai.
Invece resto qui a fare ciao con la mano.
Esiste l'ascensore.
Ma è tutta un'altra cosa.

1 commento:

  1. E poi ci sono tante altre scale ancora

    Thunder

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