domenica 11 marzo 2018

La casa della mano bianca - Tallone & Carillo

La doverosa premessa la conoscete già. Se vi fosse sfuggita la potete trovare qui e qui. In più, sento il dovere di aggiungere che sono molto affezionata agli autori, in particolare al Maestro Tallone a cui voglio un gran bene. Quindi, se vi capitasse di muovermi l'accusa di essere di parte, vi risponderei che... ebbene sì. 
Sono di parte. 
E, francamente, me ne infischio. 

Cosa abbiamo in comune io e Lola? 
I capelli, corti neri e spettinati ad arte. E poi forse il modo di far pipì. Per il resto Lola è l'amica a cui vuoi bene, ma è così bella, in forma e di carattere forte, decisa e risoluta, che se non fosse amica tua la uccideresti. Il movente: l'invidia, ovviamente. 

Non ci sono molte cose da dire sulla scrittura di Tallone & Carillo, che non siano già state dette. In questo libro la trama svela e ribalta tesi e antitesi a ritmo costante. Non hai il tempo di sviluppare una tua idea che tac, i fatti ti smentiscono, con il risultato di incollarti di più ad ogni pagina in un crescendo di tensione. Dall'inizio, quando i NAS chiedono a Lola di collaborare all'indagine per la morte in diretta di un famoso chef, e tutto sembra chiaro e lineare. Ma dopo poche pagine è chiaro che di chiaro e lineare non ci sia nulla.  Anzi. Più Lola si addentra nella storia, maggiori sono i dubbi e  rischi che corre. Anche che ne esca viva, non è da darsi per scontato.  

Le cose che amo del modo di scrivere degli autori. Bé, siamo a Torino (e che ve lo dico a fare?); i dettagli geografici e precisi che vengono inseriti nella storia. La città non è solo la scenografia di un fatto, ma diventa coprotagonista della storia, al punto che anche i cambiamenti climatici, di luci e di ombre, sono imprescindibili dalla trama. 

La capacità di descrivere le scene cinematograficamente, che per una come me che ragiona per immagini, significa essere catapultata in un altro spazio, in un altro luogo. Ti  senti talmente  dentro alla storia,  che alle volte ho l'idea di camminare accanto a Guiscardo. Ed è solo la paura che Lola possa spezzarmi l'altra tibia, a farmi desistere da dargli una palpata al sedere.

La costruzione della trama e il ritmo narrativo sono, a mio modestissimo parere, semplicemente perfetti. Dosati alla perfezione come in un piatto di nouvelle cousine, per restare in tema.

L'attualità dell'argomento. In un periodo in cui non puoi guardare la tv senza trovarti davanti qualcuno che spadelli, ecco che ti schiatta uno chef in diretta! Come si fa a non amarli? 

I personaggi che sembrano usciti dalle canzoni di De André. Vivono a cavallo di quel filo sottile tra bene e male, dove la distinzione non è così facilmente identificabile. Se non sono gigli sono pur sempre figli vittime di questo mondo direbbe Faber. 

Il patto di credibilità con gli autori non viene mai a mancare. Se non si è pratici di procedure investigative è facile cadere nei tranelli assorbiti delle famose serie televisive crime. Ma l'indiscussa competenza del tenente colonnello Carillo (saggista e criminologo investigativo) c'è, e si sente forte e chiara. 

E poi, vi svelo un mio vezzo: scovare le metafore di Tallone è diventato un rito imprescindibile dalla lettura dei suoi romanzi. Un esempio? 
Può un telefono essere abbandonato su un cuscino del divano? Certo ma il Maestro ve lo mostrerà dicendovi: "...il telefono, che galleggiava come una zattera sul cuscino del divano..." oppure " il cielo  mostrava globi grigi, sfrangiati e orlati di strisce meno scure, come il dorso di una iena". Inutile facciate quella faccia. Sfido chiunque a dire di aver pensato al dorso di una iena guardando un cielo nuvoloso. 
Dietro una frase di questo tipo c'è una ricerca linguistica che varrebbe, da sola, il prezzo di copertina del libro. Insomma, sto già facendo spazio nella libreria per il prossimo. 



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