lunedì 12 giugno 2017

tempo...

Il tempo cura tutte le ferite, dice un vecchio adagio. Peccato che ormai si viva in perenne lotta contro il tempo. Specie quello delle sensazioni negative, del dolore, del vuoto. Facciamo di tutto per riempire il silenzio o il vuoto con il rumore, l impegno. Anche l impegno del niente è meglio del fermarsi e permettersi di soffrire. Accettare una sconfitta, una battuta d'arresto. Un dolore, appunto.
Ci insegnano che chi si ferma è perduto, e quindi è tutto un correre e un rincorrere. Qualsiasi cosa pur di concentrarsi subito su un altro desiderio.
In realtà, il dolore come la gioia, va assaporato. Non dico sguazzarci dentro o intingersi nell'autocommiserazione. Parlo del metabolizzare. Come la gioia o il momento di felicità che lo vivi e vorresti trattenerlo per sempre. Ma non puoi e allora vivi la sensazione perché sai che sarà quella a cui potrai aggrapparti nei momenti bui.
Ma, anche il dolore è così. Anche il dolore per quanto sgradevole è lì per lasciarci qualcosa a cui aggrapparci.
La prima cosa che mi hanno detto, quando Melli se n era andata solo da poche ore è stata "prendine subito un'altra". Passiamo oltre alla mentalità del "era solo un gatto". Facciamo questo sforzo. Nel dolore della perdita l idea del rimpiazzo era quanto più lontana dalla mia testa, ma ancora da più dal mio cuore. E' passato meno di un mese da quel giovedì sera, ho dato il tempo al mio cuore di tramutare il dolore in malinconia. Quella che mi prende la sera quando rientro in casa e non la vedo alla porta ad aspettarmi, non sento le proteste, e non ho nessuno a cui fare domande sceme con una voce altrettanto scema.
Ieri mattina sono stata in un gattile. C erano una ventina di gatti, uno più bello dell'altro, ognuno con una storia ed un passato. Alcuni diffidenti, altri socievoli e coccoloni, nonostante tutto.
Ho provato a visualizzarmi accanto a qualcuno di loro. E anche se l'idea di aiutarli mi entusiasmava, non sono riuscita a vedere nessuno di loro sul mio letto, a dormire accanto a me. M. del resto mi ha detto "dopo vent'anni di letto condiviso, come fai in effetti a farci rientrare chicchessia".
Il letto simbolo di intimità. Anche quando, ma forse soprattutto, quando lo condividi con un amore incondizionato. Non voglio paragonare la perdita del micio con una vedovanza, per carità. Ma tra "umani" siamo in grado di tradirci, cambiare letto e lenzuola con maggiore facilità. Quando l'amore è spezzato dalla perdita, quel vuoto in qualche modo ci fa compagnia. E' dura pensare ad un "rimpiazzo". Ma per focalizzare una nuova storia, un nuovo amore che ti faccia battere il cuore senza sovrapporsi al primo, torniamo sempre lì: c è bisogno di tempo. Che la ferita faccia la crosticina, che inizi a prudere, che la pelle nascosta lì sotto diventi più forte e capace di resistere agli agenti esterni. E quando è pronta la crosticina cade da sola. Resta il segno, che rappresenta un ricordo. Ma che non fa più male. Questo è.
Dovremmo ricordarci la lezione di tutte le volte che siamo caduti dalla bici, dai pattini o dallo scooter. Ci vuole tempo. Per riassorbire il trauma, farsene una ragione. E riprendere coraggio.
Non importa che forma abbia l'amore. Dovremmo imparare nuovamente a concederci il tempo di soffrire, curarci e innamorarci di nuovo.
Che non tutto, si cura con il tempo di un clic.

2 commenti:

  1. E' proprio come la crosticina, che se cerchi di levarla prima sanguina di nuovo.
    Bello, tutto, appena velato da una spolverata di malinconia che lo fa apprezzare ancora di più.

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