venerdì 18 marzo 2016

In vino veritas

Gli oggetti non sono ricordi.
Gli oggetti aiutano a ricordare. Ma sono oggetti. L'essenza di ciò che ci ricordano è altrove. E', teoricamente, dentro di noi. Il problema è che siamo smemorati, alle volte intasati, da una marea di informazioni che finiamo per mettere tutto in un calderone. Un po' come fai con le bollette e i volantini che si recuperano dalla cassetta delle poste. Che le porti in casa, le appoggi su quella mensola e dici "poi metto via" e passano i giorni, non sai più quanti ma te lo ricordano i solleciti di pagamento.
Gli oggetti non sono ricordi, ma ci parlano di ciò che è stato. Ci aiutano a ricordare. Ho una scatola in armadio, con i gattini in foto buffe. E dentro c'è l'anno più difficile, intenso e bello che forse abbia mai vissuto, 5 anni fa. Dentro ci sono quelli che furono i nostri sorrisi, le nostre carezze e i nostri pensieri, e anche piccoli scherzi. Quelli che ti fai e ridi un po' come con il solletico sotto le lenzuola. E' in armadio, vicino ai maglioni delicati. Quelli che usi nelle occasioni importanti e rare perché non vuoi rovinarli.
Qualche giorno fa, invece, nello stanzino, invece, ho messo tre bottiglie di vino vuote. Prima erano in cucina. Facevano da sfondo ai bicchieri a coppa, finché non mi decidevo a metterli in lavastoviglie e dire a me stessa che IL giorno, quello tanto atteso era passato. E le guardavo, con quella faccia più o meno da ebete, aspettando l’incontro successivo, e la prossima bottiglia.
Ora sono tutte e tre nello stanzino. Per la precisione vicino alla lettiera di Melli. Che non è proprio il posto migliore dove conservare dei ricordi, a ben vedere.
Ma è una sorta di limbo. La rappresentazione visiva di quel che si chiama "pausa di riflessione". Che lo sai come sarà, sai già che vuole dire fine. Ma è un concedersi del tempo di assestamento dopo la scossa, o lo scossone. La pausa di riflessione è in realtà la pausa che ti serve a metabolizzare ciò che già sai. E la lettiera della Melli si apre a cento più una metafore. Volendo.
E quindi le bottiglie. Ieri guidavo nel traffico, senza la mia consueta telefonata e sentivo nelle orecchie rumore di vetro che si rompeva. Immaginavo cocci. Un pensiero che mi raggiunge prima sotto forma di suono: tre suoni distinti di bottiglie di vino che finivano in pezzi, e solo poi, in seguito, l’ immagine. Cocci che si mescolavano ad altro vetro, a ciò che restava di un barattolo di sugo e un vasetto di vongole veraci.
Gli oggetti non sono ricordi ma in qualche modo ne catturano l'essenza. Alle volte puoi riciclarli e regalar loro una nuova vita. Altre volte è meglio eliminarli, fare spazio. Cacciarli con forza dentro al bidone del riciclaggio e godersi lo schianto, magari con un sorriso altrettanto ebete, ma un filo più consapevole.
Credo che questa volta opterò per questa seconda opzione. 

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