lunedì 18 settembre 2017

pensieri a vanvera... ma non troppo.

Leggo sempre più spesso di persone che mollano tutto e partono. In un paio di occasioni mi è anche stato detto: "perché non molli tutto anche tu e parti? se non lo fai tu che sei da sola... poi magari ti sposi, fai figli..." e un'altra manciata di luoghi comuni.
Già... se non parto io che sono sola. Ma lo sono davvero?
Ha forza di scontrarmi con queste idee, ho iniziato a pensare che a partire sono capaci tutti, è a restare che ci vuole coraggio. Ma detta così non mi piace. Mi sa tanto di quelle generalizzazioni di cui sopra, e comunque mi sembra comunque di alzare una barricata tra due filosofie di vita diverse. Invece vorrei aggiungerne una terza, quelli che sì, potrebbero volendo partire, ma restano. E non certo perché sia la strada più semplice, o uno sguazzare nella "confort zone".
E' vero che sono single. Non è vero che sono sola. A prescindere dalle recenti news entry pelose, non lo ero nemmeno prima. Perché ho una famiglia d'origine piuttosto presente. E non lo dico nel senso di "invadente" ma nel senso di "presente". Ci siamo, facciamo comunella l'uno con l'altro. Quindi ho una madre e un fratello maggiore. Essere la figlia di una madre vedova, non è semplicissimo. Perché gli anni passano per tutti, e le esigenze e il bisogno di aiuto aumentano proporzionalmente all'età. Essere figlia di una madre con un problema di salute, o una disabilità, crea responsabilità, che si somma alle esigenze di cui sopra. E se il non prendersi queste responsabilità significa scaricarle su qualcun altro che deve fare anche la tua parte. Mia madre per quanto possibile resta molto autonoma. Mio fratello un gran collaboratore, ma si sa che tra donne l empatia e la confidenza restano maggiori. Se io decidessi di partire per sei mesi, un anno, verrei sicuramente capita. Ma creerei non pochi problemi e non solo logistici o organizzativi. Ma anche e soprattutto emotivi. Scaricherei tutte le responsabilità, anche mie, su chi resta. A questo punto mi sento dire "ma loro la loro vita se la sono scelta". Anch'io. Ho scelto di esserci. Ho scelto di essere il Jolly della famiglia, quella che non avendo dei bambini o orari domestici più rigidi da rispettare, posso giocarmela meglio, ed essere di maggiore aiuto per chi ne ha bisogno. E non significa che non vorrei mollare tutto e finire in un mare caldo. O viaggiare in lungo e in largo, lavorare delle ore di meno e facendo un lavoro più mio che mi dia maggiori soddisfazioni, o più creativo. Ma resto. Che non significa nemmeno che chi si accontenta gode, (chi l avrà mai pensata sta minchiata), penso solo che posso provare (e spesso riuscirci) a tirare fuori il meglio che posso dalla situazione in cui sto, che questa capacità di andare oltre al "mollo tutto" può darmi grandi sorprese (e tante me ne ha già date), che non sempre le ciambelle riescono graziose e con il buco. Ma non per questo non possono essere buonissime. Io credo che la differenza non la faccia il dove si è, ma il come si sta nel posto dove si è. Potresti essere in paradiso, ma se qualcosa dentro di te stona, non sarà il coro degli angeli a raddrizzare quella nota.



2 commenti:

  1. Che poi io questi che campano felici con un chiringuito a Bahia li vorrei conoscere, guarda.
    Secondo me sono animali immaginari creati dall'Huffington Post.

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  2. Mah, non so che dirti. Almeno un paio di persone le ho seguite e le seguo, e non appare certo tutto semplice come vedi, appunto in alcuni articoli dell HP. credo che ogni cosa (purtroppo) abbia il suo lato oscuro della medaglia.

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